I partiti di opposizione hanno chiesto di indire una seduta straordinaria alla Camera dei Deputati per discutere della situazione delle carceri. Una richiesta che accogliamo favorevolmente. Ormai da mesi ricordiamo come sia assolutamente necessario che si discuta ai più alti livelli e in Parlamento di quanto sta accadendo nelle carceri e si prendano decisioni che portino il sistema nella legalità. Siamo ad un punto critico da cui è necessario uscire attraverso una serie di provvedimenti urgenti che non possono più essere rimandati senza mettere a rischio la dignità di chi in carcere è recluso, ma anche di chi in carcere lavora. Dopo il record negativo dello scorso anno di 89 suicidi, sono già 16 quelli avvenuti nel 2025. Le persone detenute in carcere a fine febbraio erano 62.165 per una capienza regolamentare di 51.323 unità, ma reale di 46.836 posti. Questo significa che, alla fine del mese scorso, in carcere c'erano 15.329 persone senza un posto, per un tasso di affollamento del 132,7%. Molte strutture detentive versano poi in condizioni totalmente degradate a livello igienico-sanitario. Carceri con muffe e infiltrazioni diffuse, fredde per l'assenza di riscaldamenti e acqua calda in inverno, con un caldo soffocante in estate, in alcuni casi con mancanza di luce nelle sezioni. Carceri dove si sta in celle così malmesse fino a 20 ore al giorno di fila. Carceri dove non si può telefonare ai propri cari se non 10 minuti a settimana. Un contesto che produce tensione, che mette a dura prova tanto le persone detenute che gli operatori che si ritrovano a dover vivere quotidianamente questo stato di profondo abbandono e di assenza di dignità, con un impatto anche sulla recidiva, che in Italia continua ad essere attorno al 70%. Del resto, come può una persona affidata a questo contesto uscire dal carcere avendo costruito un percorso alternativo e diverso rispetto a quello criminale? Qui il nostro comunicato con alcune proposte urgenti: https://lnkd.in/dhHp3JH3
Associazione Antigone
Organizzazioni senza scopo di lucro
Dal 1991 ci occupiamo di carceri, giustizia, diritti umani e prevenzione della tortura
Chi siamo
Ci occupiamo di diritti e garanzie nel sistema penale e penitenziario. Lo facciamo attraverso un'attività di studio, ricerca, monitoraggio, advocacy e supporto legale. Dal 1998 monitoriamo tutte le carceri italiane con il nostro osservatorio sulle condizioni di detenzione. Ogni anno pubblichiamo un rapporto indipendente sulla sistema penitenziario. Dal 2008 monitoriamo anche tutti gli istituti penali per minorenni e, ogni due anni, pubblichiamo un apposito rapporto. Sempre dal 2008, con il nostro difensore civico, offriamo supporto legale gratuito ai detenuti. Lo stesso facciamo attraverso numerosi sportelli legali presenti nelle stesse carceri. Nel tempo ci siamo fatti promotori di leggi, come quella per l'istituzione del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, quella per introdurre nel codice penale il reato di tortura.
- Sito Web
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www.antigone.it
Link esterno per Associazione Antigone
- Settore
- Organizzazioni senza scopo di lucro
- Dimensioni dell’azienda
- 2-10 dipendenti
- Sede principale
- Roma
- Tipo
- Non profit
- Data di fondazione
- 1991
Località
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Principale
Via Monti di Pietralata 16
Roma, 00157, IT
Dipendenti presso Associazione Antigone
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Daniela Carboni
Relazioni pubbliche e istituzionali, comunicazione, sviluppo rurale, economia e coesione sociali, diritti umani
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Alessio Scandurra
Researcher
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Andrea Oleandri
Comms, Advocacy, Management
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Miravalle Michele
Professore associato in Filosofia e Sociologia del diritto, Dipartimento di Giurisprudenza, Università di Torino. Coordinatore nazionale Osservatorio…
Aggiornamenti
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Con il nostro osservatorio visitiamo dal 1998 tutte le carceri italiane. A volte quello che ci capita di documentare sono condizioni di detenzione indegne e indecorse. Come quelle del carcere fiorentino di Sollicciano. Dopo la visita di dicembre, in cui avevamo trovato una condizione drammatica, venerdì scorso siamo tornati nell'istituto sperando di poter registrare qualche miglioramento, ma la situazione da allora ad oggi se possibile è ulteriormente peggiorata. Erano 534 le persone presenti a fronte di una capienza regolamentare di 497 posti, di cui però solo 361 sono realmente disponibili, per una mancanza di spazi evidente e esasperante. Le celle ospitano fino a tre persone in un letto a castello a tre piani che arriva quasi al soffitto e, per fare un esempio, abbiamo trovato una persona ospitata da due mesi nel reparto di isolamento, che ormai è usato prevalentemente come reparto di primo ingresso, perché non c’è spazio altrove. Ma come è noto il problema di Sollicciano non è solo la mancanza di spazio, ma anche le condizioni fatiscenti in cui versa. Abbiamo visto infiltrazioni e muffa ovunque, anche in spazi ristrutturati da poco, anche nelle postazioni del personale di polizia penitenziaria. E le condizioni in cui versano molte celle sono indegne. La muffa nera è quasi ovunque e in alcune celle il nero è il colore dominante delle pareti, più che celle le camere sembrano grotte. In molte manca il mobilio e dove c’è è fatiscente. Molte celle sono senza luce, o è senza luce il bagno, mentre resta ancora senza luce il corridoio della seconda sezione, dove dopo il tramonto ci si muove con le torce. Come l'ASL ed il Comune di Firenze possano considerare quel luogo come idoneo al suo scopo resta un mistero. E servirebbe un intervento immediato in tal senso da parte di tutti gli organi preposti. Evidenti gli sforzi del personale per contenere tensioni ed incidenti, cercando quantomeno di spiegare ai detenuti che protestano quali sono le condizioni oggettive dell’istituto e le misure in programma per farvi fronte. Resta inoltre, nonostante le difficoltà, il regime a custodia aperta in gran parte dell’istituto ed è consentito a quasi tutti i presenti di telefonare tutti i giorni. Una cosa non comune, ma che non cambia il quadro di fondo. Le condizioni dell’istituto sono indegne, per chi vi è detenuto, per chi ci lavora, e per l’Amministrazione penitenziaria italiana, che è chiamata ad “ospitare” qui persone che hanno violato la legge, in una condizione di sostanziale e strutturale illegalità.
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Vivere in un carcere è difficile per chiunque. Spesso tuttavia, per una serie di motivi, è più difficile per una donna che per un uomo. In Italia le donne attualmente detenute sono poco più di 2.700. Su una popolazione reclusa che ha superato le 62.000 unità, si tratta del 4,4%. Una piccola percentuale, una minoranza nella minoranza, una categoria ancor più trascurata di quella delle persone detenute nel loro complesso. È paradossale che la maggior parte dei problemi che vivono le donne in carcere dipenda dalla loro scarsa vocazione criminale, dal fatto che sono poche e che commettono reati generalmente meno gravi di quelli commessi dagli uomini. Susanna Marietti ne ha scritto nel suo blog su Il Fatto Quotidiano
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Per l'8 marzo il governo ci regala un nuovo reato, quello di femminicidio. Ma il diritto penale non è mai servito a formare coscienze. Non sono i reati a costituire un deterrente rispetto al comportamento criminale, ormai ce lo dicono decenni di studi, analisi, esempi. Cosa particolarmente vera nel caso dei femminicidi, laddove la causa va ricercata in quelle dinamiche di potere patriarcale insito nelle nostre società. Il reato di femminicidio è in tal senso espressione di una deteriore cultura punitivista. Alle donne non servirà a nulla. Quello che serve è lavorare sull'educazione degli uomini. Un lavoro forse più lungo, ma l'unico che può dare quei risultati che il populismo penale non è capace invece di ottenere.
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Mentre gli standard internazionali riconoscono l'impatto devastante dell'isolamento per la salute delle persone e ne limitano l'uso, la reclusione in isolamento continua a essere ampiamente utilizzata nelle carceri di tutto il mondo, anche per la popolazione vulnerabile. Per questo già da qualche tempo abbiamo lanciato una campagna internazionale per il superamento dell'isolamento, offrendo anche delle alternative allo stesso. Un lavoro che ci ha portato alle Nazioni Unite, poi al Consiglio d'Europa e che ha visto la pubblicazione di uno specifico documento che, in collaborazione con Physicians for Human Rights Israel, ha coinvolto esperti internazionali del tema. Tutto questo lavoro è stato ora ripreso nell'ultimo numero della nostra rivista. Puoi scaricarlo gratuitamente e leggerlo a questo link: https://lnkd.in/dEeVZikw
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Grazie al successo del crowdfunding, abbiamo avviato le prime attività all'interno del carcere minorile di Casal Del Marmo e nelle comunità che partecipano all'iniziativa. Il progetto "Squadra Dentro: sport e carcere" è ormai una realtà e i giovani che vengono da un percorso civile e penale hanno già iniziato a scendere in campo! L’obiettivo è chiaro: usare lo sport come strumento di inclusione e reinserimento sociale. I primi allenamenti sono stati emozionanti e il calcio si sta rivelando un potente mezzo per costruire fiducia e spirito di squadra. È partito anche il corso per allenatori e i ragazzi selezionati hanno iniziato a seguire le lezioni. Infine, con i nostri volontari, abbiamo già incontrato 14 ragazzi dell'IPM di Casal del Marmo che si sono rivolti al nostro sportello di informazione legale. Continueremo ad aggiornarvi sulle nostre iniziative e attività. Il progetto è sostenuto da Intesa Sanpaolo attraverso il Programma Formula in collaborazione con CESVI. Se vuoi scoprire il Programma Formula, visita forfunding.it #Formula
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"Boom di omicidi tra i minori". In molti avranno visto o letto questa notizia, in tv o sulla stampa. Ma in realtà non è vero. L'Italia è uno dei paesi più sicuri al mondo. Tra il 2023 e il 2024 gli omicidi volontari in Italia sono passati da 340 a 319 (e molti di questi sono femminicidi). All’interno di questa cifra sono aumentati di 21 unità gli omicidi commessi da minorenni. Qualcosa su cui senz’altro tutti noi come società dobbiamo interrogarci. Ma nel farlo dovremmo anche ricordare che, ad esempio nel 2017, gli omicidi commessi da minorenni furono superiori a quelli avvenuti lo scorso anno. Dunque non c'è alcun allarme criminale, ma si è in presenza di un andamento oscillante, come sempre accade a ogni fenomeno sociale, ma comunque contenuto. Dovremmo perciò fare attenzione a come raccontiamo i fenomeni, perché quel racconto spesso è lo strumento con il quale le persone formano la propria opinione su quanto avviene nella società. E anche sulle risposte che la politica dovrebbe dare. Risposte che, in questo momento, consistono in più pene, più dure e più carcere. Anche se i dati ci dicono che non c'è alcuna emergenza e che, semmai, le risposte da dare sono di natura sociale, economica ed educativa. Susanna Marietti ne scrive nel suo blog su Il Fatto Quotidiano
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Al 28 febbraio 2025 erano 62.165 i detenuti presenti nelle nostre carceri. Le donne erano 2.729, il 4,4% delle presenze, e gli stranieri 19.643, il 31,6% dei presenti. Dato quello delle donne ormai stabile da diversi anni, mentre quello degli stranieri, dopo il calo registrato da qualche tempo a questa parte, si è infine stabilizzato. Le oltre 62.000 persone sono ospitate in un sistema che registra una capienza regolamentare di 51.323 posti, ma a questa capienza teorica mancano all’appello 4.487 posti non in uso perché inagibili. La capienza effettiva è dunque di 46.836, e questo significa che oggi ci sono 15.329 persone che non hanno un posto regolamentare. Il tasso di affollamento reale è del 132,7%. Da tempo ormai le regioni più affollate sono la Lombardia, la Puglia ed il Veneto, e non a caso lì si trovano gli istituti più affollati del paese. A partire da Milano San Vittore (213%), e poi a seguire Foggia (209%), Lucca (205%), Brescia Canton Monbello (203%), Lodi (200%), Taranto (199%), Varese (192%), Como (191%), Busto Arsizio (186%), Verona (186%) e Roma Regina Coeli (185%). Sono ormai 146 su 189 gli istituti in cui i presenti sono più dei posti effettivamente disponibili. Come ricordiamo sempre, il sovraffollamento non rende solo le condizioni di detenzione inumane e degradanti, incidendo sul percorso di reinserimento sociale delle persone detenute, ma rende anche più faticoso il lavoro degli operatori penitenziari, sia per i numeri che si trovano a gestire, sia per la tensione che questa situazione può creare tra tutti coloro che vivono il carcere.
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L'impossibilità per chi si trova in carcere di coltivare relazioni affettive con i propri partner è "una pena accessoria anacronistica". Così la ha infatti definita un giudice di sorveglianza, accogliendo il reclamo presentato da una persona detenuta che si è visto negare la possibilità di avere un momento di intimità con la propria compagna. Nel gennaio del 2024 la Corte costituzionale aveva stabilito che affettività e sessualità sono diritti che non si perdono con la detenzione. Una sessualità sana – lo ha ricordato anche l’Organizzazione mondiale della sanità – contribuisce al benessere fisico, mentale e sociale degli individui, promuovendo relazioni affettive equilibrate e una migliore qualità della vita. Che hanno un’importanza enorme anche per quanto riguarda la vita in carcere, dove benessere fisico, mentale e sociale sono messi a dura prova, nonché nella fase successiva del ritorno in libertà, dove sono proprio le relazioni affettive a giocare un ruolo fondamentale nel percorso di reinserimento sociale. Dopo un anno di immobilismo da parte di governo e parlamento, che avrebbero dovuto dare seguito alla sentenza della Consulta, nelle ultime settimane già tre tribunali di sorveglianza hanno accolto i ricorsi di altrettante persone detenute, richiamando anche chi di dovere a non porre più ostacoli nel godimento di un diritto inalienabile. Ne scrive Andrea Oleandri su lavialibera
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Più che una lotta contro il crimine quella a cui assistiamo sembra una guerra contro i giovani. Nei giorni scorsi un rappresentante del governo si è vantato del fatto che oggi negli Istituti Penali per Minorenni sia arrivato il sovraffollamento, frutto di una lettura della pena che è innanzitutto punizione. Ma la punizione da sola non aiuta certo a costruire reinserimento sociale, soprattutto quando si parla di ragazzi di 16-17 anni, che hanno una vita ancora davanti e che avrebbero bisogno di un sostegno forte per ricostruirla. Il sistema della giustizia minorile negli ultimi 30 anni lo aveva fatto. Ora ha smesso. Tanto che la buona riuscita politica si misura nel numero delle persone sbattute in carcere. Susanna Marietti ne scrive nel suo blog su Il Fatto Quotidiano
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