Area G

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Servizi di salute mentale

Milano, MI 507 follower

La dimensione psicologica del giovane

Chi siamo

AREA G si occupa del disagio psichico adolescenziale e postadolescenziale. Svolge attività clinica, di prevenzione, di formazione e ricerca. Il Centro è costituito da: Area G Associazione Onlus, attiva dal 1991, con una Sede a Milano e una Sede a Torino. Area G Scuola di Psicoterapia a orientamento Psicoanalitico per Adolescenti e Adulti riconosciuta dal MIUR (ai sensi della legge 56/1989). La Scuola, attiva dal 2001, ha Sede a Milano. Area G Cooperativa Sociale, attiva dal 2013, con Sede a Milano. Area G Volontari, Organizzazione di Volontariato, attiva dal 2012, con Sede a Torino. I quattro Enti e le attività che essi svolgono sono in stretta e continua interazione con lo scopo primario di individuare percorsi operativi differenziati, che possano essere realmente efficaci nei vari ambiti di intervento: la prevenzione, la cura, la formazione. L’orientamento scientifico si fonda su un modello multidisciplinare che sottolinea la plurideterminazione del funzionamento umano e che prende in considerazione i molteplici fattori che concorrono a costituire la specificità di ogni singolo individuo: fattori biologici, familiari e socioculturali (punto di vista biopsicosociale); fattori intrapsichici (punto di vista psicodinamico); fattori connessi ai differenti periodi del ciclo di vita (punto di vista evolutivo).

Settore
Servizi di salute mentale
Dimensioni dell’azienda
51-200 dipendenti
Sede principale
Milano, MI
Tipo
Non profit
Data di fondazione
1991
Settori di competenza
Psicologia, Psicoterapia, Formazione, Prevenzione e Ricerca

Località

Dipendenti presso Area G

Aggiornamenti

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    ⭕ Le letture del mercoledì ⭕ La dott.ssa Beneggi ci racconta come è nato il suo interesse clinico per i gruppi e le loro dinamiche attraverso alcuni incontri preziosi. Una volta al mese condivideremo spunti di riflessione suggeriti dalla dottoressa. Dove? Sui social di Area G!

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    ⭕ Letture fondanti per terapeuti curiosi ⭕ A cura di Gaia Orsenigo, Alberti Milesi e Tea Mareschi Quando affrontiamo un viaggio in un paese lontano e sconosciuto pensiamo a dove alloggeremo, a quali città dovremo visitare, quali musei, quali paesaggi scopriremo e a tutto ciò che ci sarà di nuovo e ignoto in quella terra lontana e certamente, per prima cosa, ci ritroveremo a pensare a come arrivare fin laggiù e a quale mezzo di trasporto dovremo affidarci per arrivare a destinazione. Questa è un po’ la domanda che si pone Antonino Ferro nell’articolo “Navette per l’inconscio: rêverie, trasformazioni in sogno, sogni”: quali sono gli shuttels in grado di trasportarmi fino a quell’oscuro territorio che è l’Inconscio del paziente? Interesse dell’autore infatti non è tanto descrivere concettualmente l’Inconscio, quanto individuare i mezzi di trasporto che possono condurci là, quelle navette che consentono di andare e venire e che permettono all’Inconscio stesso di costruirsi all’interno della cornice analitica, ideata per creare le condizioni in cui l’analizzando, insieme all’analista, può sognare esperienze emotive fino a quel momento non sognabili. In questo articolo Ferro, facendo riferimento alla Teoria del Campo analitico, ci dice che l’obiettivo dell’analisi deve essere quello di rendere pensabili/sognabili le esperienze che fino a quel momento non lo erano mai state facendo uso di tutti quegli strumenti in grado di espandere l’oniricità della seduta e quindi di generare un arricchimento trasformativo dell’Inconscio. L’analista deve utilizzare strumenti come la rêverie, le trasformazioni in sogno, il talking as a dreaming e lo sviluppo del contenitore come mezzi per rendere sognabile l’insognabile e quindi attivare il dreaming ensamble, secondo Ferro vero fattore di guarigione in analisi. Se, in quanto terapeuti curiosi, vi state chiedendo quali mezzi dover prendere per conoscere e sognare l’Inconscio insieme a vostri pazienti, potete proseguire la lettura dell’articolo consigliato dalla Dott.ssa Orsenigo: - Sulla Rivista di Psicoanalisi (2010), (56)(3): 615-634

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    ⭕ Interviste ⭕ Condividiamo l'intervista condotta dal dott. Davide Rotondi con il dott. Di Chiara, autore del libro "Il dono dell'altro. Verso il narratore psicoanalitico (scritti 1975-2024). Uno sguardo interessante sulla nascita di questo testo e spunti di approfondimento. L'intervista si trova sul sito di Area G 👉 https://lnkd.in/d9ZX4sxd

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    ⭕ Seminari 2025 ⭕ Condividiamo il programma dei seminari Area G 2025. - 24 MAGGIO 2025 Angelo Moroni e Giorgio Salati "Possibili strade dell'espressività giovanile nell'incontro terapeutico - 27 settembre 2025 Anna Ferruta "L'esperienza dell'interpretazione: contatto, penetrazione, evitamento". - 15 NOVEMBRE 2025 Francesca Codignola "Ferite e rammendi in terapia: se a sbagliare è lo psicoterapeuta" Online e in presenza. Sono previsti crediti ECM. Iscrizioni 👉 info.amministrazione@areag.net/02-8375834

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    ⭕ Letture fondanti per terapeuti curiosi ⭕ A cura di Tea Mareschi, Alberto Milesi e Gaia Orsenigo Sperimentare nel presente un avvenimento passato permette di ricordare e generare sollievo? Come scriveva Keats, l’essere “innamorato della quieta morte” indicava forse la ricerca di un sollievo che solo il ricordo di essere già morto gli avrebbe portato? Può sembrarci un quesito lontano dal mondo della psicoterapia, ma Winnicott nel suo celebre testo “La paura del crollo” del 1963 si lascia ispirare da quella che definisce “comprensione istintiva” dei poeti per introdurre un tema secondo lui portante per chi lavora nel nostro campo. A volte con i nostri pazienti può circolare la sensazione che, in un gioco di collusione involontaria, si stia mettendo da parte il tema principale, che non si facciano passi avanti. L’autore, con tono volutamente non scientifico, prova a dare un senso a tale collusione sostenendo che non ci sia fine all’analisi a meno che la “cosa temuta non venga sperimentata”. Questa cosa temuta consiste in quella che Winnicott definisce “paura del crollo” e sceglie questo termine proprio perché abbastanza vago da significare più cose, come ad esempio l’angoscia di castrazione nelle psiconevrosi, il crollo dell’unità del Sé nella psicosi o la stessa angoscia di morte. Secondo l’autore il terrore di molti pazienti sta proprio nell’angoscia che tale crollo possa avvenire in un futuro imprecisato, come un destino a cui non si può sfuggire, e che li condurrebbe a una sofferenza impensabile. L’idea innovativa contenuta nello scritto che la Dott.ssa Gaia Orsenigo consiglia è che tale crollo tanto temuto sia già in realtà avvenuto e che debba essere ricordato e sperimentato in analisi, così da poter portare il sollievo tanto ricercato dai pazienti perseguitati da tale angoscia. Se queste poche righe hanno attirato la vostra attenzione, potete proseguire la lettura dell’articolo su “Esplorazioni psicoanalitiche”1963, pag.157-176.

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    ⭕ Seminari ⭕ A cura di Davide Rotondi E QUALCOSA RIMANE… Citazioni dal seminario del 28 settembre 2024: “Il ragazzo dei lupi e altre storie. Ritiri e crolli in adolescenza alla luce della prospettiva evolutiva in psicoanalisi” di Massimo Vigna Taglianti. "L’incontro terapeutico necessita di un assetto emozionale che tenga meno in conto l’esigenza di essere acuti, di conoscere in anticipo le risposte o “di essere l’esperto che capisce, decifra e spiega ai pazienti i loro comportamenti”. Al contrario, il porsi in contatto con i bisogni immediati e profondi del paziente e con le emozioni presenti nel campo diviene il compito dell’analista". Le altre citazioni si trovano sul sito di Area G 👉 https://lnkd.in/dEJn7gDk

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    ⭕️ I nostri consigli ⭕️ A cura di Mariagiulia Chichi Dubuffet e l'Art Brut «È meglio guardare le cose più volte, ogni volta cambiando angolo, mai due volte dallo stesso angolo. Affrontarle una volta dall'alto, una volta dal basso, una volta di sbieco - soprattutto di sbieco.» [Jean Dubuffet] Al Museo delle Culture di Milano, fino al 16 febbraio 2025, la mostra "Dubuffet e l'Art Brut. L'arte degli outsider". Più di 70 opere di artisti provenienti dai cinque continenti, lontani ma tristemente uniti dal comune dramma a cui la vita può esporre, danno voce a ciò che, nonostante tutto, vive, in un incessante tentativo d'essere: corpo e sensorialità, credenze e spiritualità, legami recisi e legami possibili. Una mostra sul brutto, sullo storto, sullo storpio, potente testimonianza della forza vitale che nasce e si mantiene attiva anche nelle brutture e nell'orrore delle umane vicende.

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    ⭕ Consiglio di lettura ⭕ A cura di Giuditta Seassaro I confidenti (Iperborea, 2024), romanzo d’esordio della scrittrice tedesca Charlotte Gneuss, cattura il lettore dalla prima pagina e non lo lascia più, perché anche dopo averne terminato la lettura, rimane impresso, appiccicato, si vorrebbe restare con i personaggi, sapere di più su ciascuno di loro, sul futuro delle loro storie. Dov’è finito Paul? Cosa ne sarà di Marie? E Karin, resterà, partirà, farà il salto? Per saperne di più 👉 https://lnkd.in/dEjZZ2ba

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    ⭕ Letture fondanti per terapeuti curiosi ⭕ A cura di Tea Mareschi, Alberto Milesi e Gaia Orsenigo Quante volte ci siamo chiesti come stare in stanza con gli adolescenti? La letteratura psicoanalitica se lo domanda da decenni ormai, e (fortunatamente) di risposte ce ne sono di svariate e preziose. La dott.ssa Tea Mareschi ci suggerisce di cercare le nostre risposte all’interno de “Il bar nel deserto. Simmetria e asimmetria nel trattamento di adolescenti difficili.”. In questo scritto fondamentale per la formazione di psicoterapeuti dell’adolescenza, l’autore Stefano Bolognini ci propone un’interessante modalità da utilizzare nell’approccio con i giovani pazienti attraverso la sognante immagine di un barista nel bel mezzo del deserto. Pensando all’atmosfera di certi film americani on the road degli anni ’70, Bolognini ci suggerisce di immaginare di trovare proprio in mezzo al deserto una baracca di legno, che è un bar, al cui interno troviamo immancabilmente il barista. La caratteristica che lo contraddistingue è il fatto che costui sembra non meravigliarsi di niente: è uno che sta lì, qualsiasi cosa accada, qualsiasi personaggio o situazione gli capitino davanti, la sua porta è sempre aperta, pronto a svolgere il suo mestiere con riservatezza e disponibilità. Il barista è una figura di passaggio, uno sconosciuto attento e partecipe ma discreto, capace di tollerare il proprio ruolo precario nella vita dei visitatori, accettando di non essere mai protagonista. Se queste poche righe hanno attirato la vostra attenzione, potete proseguire la lettura dell’articolo: - Sulla Rivista di Psicoanalisi, 2005, LI, 1

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