Un carcere al posto dei centri per migranti Albania? Questa è l'ipotesi riportata da alcuni media, su cui il governo starebbe ragionando. Un piano di delocalizzazione penitenziaria problematico perché profondamente contrario al principio di non discriminazione e potenzialmente lesivo dei diritti delle persone detenute (in particolare diritto alla rieducazione, alla salute, alle relazioni affettive, all’istruzione e al lavoro). Un piano che determinerebbe una inaccettabile incertezza giuridica nell’esercizio della funzione penitenziaria, soprattutto in riferimento ai diritti fondamentali delle persone detenute e alla supervisione giurisdizionale. Piuttosto che spendere decine di milioni di euro per aprire un carcere italiano in Albania, tali cifre potrebbero essere utilizzate per migliorare la qualità della vita nelle carceri italiane, sia degli operatori penitenziari che delle persone ristrette. Un nostro documento che evidenzia tutte le problematiche di questa idea.
Post di Associazione Antigone
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Mi addentro in un tema molto delicato e complesso per il quale è necessaria una doverosa premessa, ovvero quello di sospendere pregiudizi e riflessioni "di pancia" ma di provare a fare ragionamenti logici. Alcune settimane fa è circolata la notizia relativa all'accordo tra Danimarca e Kosovo per inviare 300 detenuti stranieri nelle carceri kosovare in cambio di 21M di euro all'anno (accordo decennale). https://lnkd.in/eFX6tm4R Questo significa che, ogni anno, la Danimarca spenderà 70.000 Euro per ogni detenuto di cui vuole "disfarsi". Restano esclusi da questo accordo i detenuti per pene particolarmente gravi, quindi si tratta, mi immagino, di persone che si sono macchiate di reati di entità media o leggera (se si può fare una scala della gravità). Una notizia simile riguarda l'accordo che l'Italia ha trovato con l'Albania per la costruzione degli hotspot per i migranti. https://lnkd.in/eg2JiXy6 - 650 milioni (cifra che si dice ottimistica) per gestire "fino a" 3.000 richiedenti asilo, fanno quasi 45.000 euro a persona all'anno (che potrebbero facilmente avvicinarsi a 60.000 nel momento in cui non si arriverà a pieno carico velocemente e forse i costi da sostenere saranno maggiori di quelli ipotizzati, non sarebbe la prima volta). Ora, considerato che: Nella maggior parte dei casi le persone che delinquono (caso Danimarca) e quelle che cercano asilo (caso Italia) partono da condizioni di gravi difficoltà economiche che, spesso, li portano a commettere reati e a cercare di venire in Italia per trovare una soluzione a tali situazioni (non è una giustificazione ai reati, sia ben chiaro, ma una constatazione che spesso si parte da situazioni economiche davvero molto difficili) Difficilmente le persone che entrano in quelle strutture di detenzione ne escono migliori di prima. Ce ne siamo semplicemente "sbarazzati" e quando usciranno, probabilmente, si troveranno nelle stesse condizioni in cui si trovavano prima, se non peggio (se qualcuno ha voglia di guardarsi questi dati sono molto interessanti: https://lnkd.in/evzFqHdV) Siamo in una situazione di calo demografico per cui già oggi, in molti ambiti, non si trovano lavoratori regolari Ecco, tutto ciò considerato, mi chiedo se davvero non siamo capaci di usare quei soldi in maniera più saggia, aiutando in parte queste persone a uscire dalla situazione di povertà che ha contribuito a portarli su quella strada, e in parte a educarli perché possano portare un contributo positivo alla comunità. Ho avuto la fortuna di conoscere il lavoro che è stato fatto in alcune carceri come quello di Bollate, e mi chiedo se davvero, al di là delle ideologie (perché i soldi tanto li stiamo spendendo lo stesso) non siamo capaci di pensare a qualcosa di meglio.
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E così in sordina il Governo ha portato in Albania le prime 16 persone migranti a bordo della nave Libra della Marina Militare che viaggiava con un equipaggio di 70+ persone. Matteo Villa ha dimostrato come questa operazione ci costerà 9 volte quello che costa l’accoglienza in Italia per una copertura massima di 12.000 persone all’anno ovvero il 16% degli arrivi in Italia negli ultimi 12 mesi (la capienza massima dei centri arriverebbe a 36.000 all’anno, ma non cambia il fatto che si tratta di un’operazione di dissuasione poco efficace e molto costosa). Giusto per darci una misura, la missione di ricerca e soccorso Mare Nostrum che ha salvato ben 150.000 vite in un solo anno è costata 114milioni di euro a fronte dei 130milioni all’anno che ci costano questi centri dove i diritti saranno più facilmente compressi che tutelati. Inoltre, sono moltissime le perplessità e i punti di incongruità col diritto internazionale, al di là del giudizio morale e politico. Questa forzatura del diritto e soprattutto la compressione di diritti umani fondamentali rendono il tutto estremamente pericoloso, oltre che economicamente dispendioso, numericamente inefficace e umanamente discutibile. Tra l’altro è di oggi la notizia che 4 delle 16 persone portate in Albania torneranno già in Italia perché 2 sono minorenni e 2 vulnerabili, a immediata riprova che il meccanismo di valutazione sommaria delle vulnerabilità non solo è discriminatorio ma non funziona, creando un danno a persone già vulnerabili in quanto naufraghi. Se vi state chiedendo qual è lo scopo ultimo di queste politiche, la risposta è sempre la stessa: farci propaganda politica per dividere l’opinione pubblica e raccogliere consensi facili. Tutto sempre sulla pelle delle persone. #CambiaPuntoDiVista #ItaliaAlbania
Da lunedì è diventato operativo il Protocollo Italia-Albania, sono infatti arrivati nei CPR di giurisdizione italiana in territorio albanese extra-UE le prime 16 persone migranti. Si tratta di un ulteriore tassello delle politiche ingiuste e discriminatorie che regolano i flussi migratori in Italia e nell’Unione Europea. SOS MEDITERRANEE Italia è estremamente preoccupata per le conseguenze che queste nuove norme avranno sulla vita dei naufraghi e per le potenziali gravi violazioni dei diritti umani che ciò potrebbe causare. Leggi la nostra dichiarazione qui: https://lnkd.in/e3utVdcD
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Parte settima... Nei confronti degli stranieri, inoltre, soprattutto per quelli provenienti dai paesi poveri, l'istituzione giudicante mostra, in genere, un livello di attenzione minore; a parità di imputazione o di condanna, la permanenza in carcere degli stranieri risulta essere mediamente più lunga di quella degli italiani, sia in fase di custodia cautelare che dopo l'eventuale sentenza. Questa differenza, trova una certa ragion d’essere nel fatto che, spesso gli stranieri non hanno un domicilio certificato per poter usufruire degli arresti domiciliari o delle misure alternative alla detenzione, ma spesso si constata che anche quando la società civile è in grado di offrire soluzioni provvisorie per rimediare a questo problema (come nel caso delle molte associazioni di volontariato che, su tutto il territorio nazionale, si stanno attrezzando per offrire un alloggio temporaneo agli stranieri che possono accedere alla detenzione domiciliare o alle misure alternative, oltre che per coloro che possono usufruire di permessi premio), da parte della Magistratura di Sorveglianza si riscontra spesso un atteggiamento di maggiore chiusura nei confronti degli stranieri che rende loro ancor più infrequente che per gli italiani il ricorso a percorsi penali alternativi al carcere. Nel corso degli ultimi anni la popolazione straniera detenuta, oltre che aumentare, è notevolmente cambiata dal punto di vista della provenienza geografica. In aumento è la presenza di marocchini che si confermano il gruppo nazionale più presente nelle carceri italiane e di algerini mentre risulta essere in calo quella dei tunisini. Rilevante è anche, l’aumento della presenza albanese: gli albanesi in carcere sono infatti il secondo gruppo nazionale presente nelle carceri italiane. Si registra poi, un marcato incremento nella presenza di cittadini romeni e croati mentre sono in lieve calo i detenuti provenienti dall'attuale Jugoslavia. Discreta è la presenza di sudamericani, mentre minore è la presenza di da altri paesi dell'Africa e dall'Asia. Da questo sommario quadro, si può apprezzare come dal punto di vista della provenienza geografica degli stranieri detenuti, si è di fronte ad una situazione in forte evoluzione che porta all'istituzione carcerari enormi difficoltà nel predisporre strumenti adeguati per fare fronte al radicale cambiamento nella composizione della popolazione detenuta. Emergono con frequenza segnalazioni di situazioni critiche a causa di un'elevata conflittualità tra detenuti italiani e detenuti stranieri o tra gruppi di detenuti stranieri di differenti etnie. La soluzione di tenere il più possibile separati i vari gruppi, adottata all'interno di alcuni istituti, non è risultata efficace, poiché con tali disposizioni, si rischia alla lunga di alimentare i problemi anziché risolverli. segue...
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Il progetto dei Centri per il Rimpatrio (CPR) in Albania, annunciato come una soluzione innovativa per gestire i migranti al di fuori dei confini italiani, sembra essere giunto a un punto critico. L’iniziale entusiasmo del governo per questa strategia è ora offuscato da difficoltà operative, critiche politiche e ostacoli legali che ne hanno minato l’efficacia e stanno decretando il fallimento del Modello Albania. Con i centri praticamente vuoti e il personale rimpatriato, il futuro del modello Albania appare incerto, sollevando domande sulla gestione dei fondi pubblici e sul rispetto dei diritti umani. Si attende il prossimo 4 dicembre, quando la Corte di Cassazione si pronuncerà sul decreto “Paesi Sicuri” e sui ricorsi che il Viminale ha presentato negli ultimi mesi. Un progetto in stallo I Centri per il Rimpatrio (CPR) in Albania, presentati come soluzione innovativa per la gestione dei migranti, sembrano destinati a una battuta d’arresto. Gli operatori di Medihospes, l’ente gestore delle strutture di Schengjin e Gjader, stanno rientrando in Italia, lasciando i centri vuoti e decretando così il fallimento del Modello Albania e la costruzione di ulteriori lager di Stato. Secondo fonti del Viminale, i CPR rimarranno attivi, ma senza ospiti e con un personale ridotto al minimo necessario per la vigilanza. Questa smobilitazione segue il fallimento delle operazioni di trattenimento, con il ritorno in Italia dei richiedenti asilo a causa di decisioni giudiziarie che non hanno convalidato il trattenimento. Già dalla scorsa settimana gli agenti sarebbero dovuti essere più del doppio di quelli che effettivamente si sono poi recati sul posto: da 295 a 170. In queste ore, sono presenti le persone sufficienti per una basica amministrazione che si aggirano attorno alla decina. Una gestione complessa e costosa Finora, il progetto ha coinvolto risorse significative senza raggiungere risultati concreti. Delle 295 unità di polizia previste inizialmente, solo 170 sono attualmente in servizio nei CPR. A decretare il fallimento del Modello Albania sono stati anche gli alti costi dell’operazione, uniti a problematiche logistiche e giudiziarie, che hanno sollevato interrogativi sulla sostenibilità del modello. Intanto, i tribunali italiani continuano a sollevare dubbi sulla legittimità dei trattenimenti, rimettendo questioni cruciali alla Corte di Giustizia Europea. Critiche dall’opposizione Le opposizioni politiche hanno criticato duramente il progetto. Alleanza Verdi Sinistra lo definisce “una pagina ignobile per la nostra Patria”, accusando il governo Meloni di aver speso inutilmente denaro pubblico per una strategia inefficace. Riccardo Magi, segretario di +Europa, parla di “un fallimento epocale”, sottolineando lo spreco di risorse pubbliche e il limitato impatto sui flussi migratori. Con la prova del fallimento del modello Albania, entrambi chiedono un cambio di rotta e maggiore rispetto per le leggi e i diritti umani.
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#Anla #PensarePoliticamente #migranti #albania Per una settimana abbiamo letto critiche, commenti e rivendicazioni sulla vicenda del trasferimento di 16 (poi ridotti a 12) migranti in Albania e della decisione del Tribunale di Roma di rimpatriarli. Questo clima politico contrapposto e avvelenato non aiuta la riflessione sulle questioni più complicate che via via il Paese deve affrontare. Attenuata la polemica e abbassati i toni del confronto, proviamo insieme a fare il punto, per quanto possibile oggettivo, su cosa è accaduto e stiamo parlando. La vicenda è tutta concentrata sulla definizione di Paese sicuro. Vicenda complicata e intrecciata tra decisioni nazionali, diritto internazionale, normative UE e i pronunciamenti della Corte di Giustizia Europea. Vediamo di fare un po di chiarezza. Il diritto internazionale e il diritto dell'Unione Europea, a proposito di procedure per la richiesta di asilo, considerano sicuro un Paese se possiede un solido sistema democratico che rispetta i diritti fondamentali e nel quale non vi è alcuna forma di persecuzione, tortura, pene o trattamenti degradanti, e nessun conflitto armato in corso. 👇 https://lnkd.in/g9Jd7x7h
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Ho sempre nutrito ed espresso fiducia nella giustizia e rispetto per la magistratura, ma è stato evidente a tutti che alcuni magistrati abbiano pubblicamente e anche preventivamente espresso contrarietà a questa come ad altre iniziative del Governo per contrastare l’immigrazione irregolare. A ogni modo abbiamo deciso di ribattere scegliendo la via del ricorso alle giurisdizioni superiori contro le loro decisioni e adeguando la normativa. Ricordo che stiamo parlando di attività - quelle delle procedure accelerate di frontiera - che consentiranno di rimpatriare in tempi brevi e in Paesi sicuri quei migranti irregolari che non hanno diritto a rimanere e che pesano inutilmente sul sistema dell’accoglienza senza possibilità di integrazione. Il tutto in linea con gli orientamenti normativi europei.
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Sono felice di condividere la recente pubblicazione nella Rivista di diritto internazionale del mio studio dedicato al Protocollo Italia-Albania sui migranti. Ringrazio i tanti amici e colleghi di varie discipline con cui ci siamo confrontati in questi mesi e che hanno stimolato alcune mie riflessioni sull'inquadramento di questo inedito regime di dislocazione extraterritoriale delle procedure di frontiera, asilo e rimpatrio e sulle problematiche derivanti dalla sua attuazione dal punto di vista del diritto internazionale.
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📢 Migranti e sicurezza: decisione del Tribunale di Catania scuote il dibattito 📢 Sentenza sull'Egitto: Il Tribunale di Catania non convalida il trattenimento di cinque migranti egiziani, dichiarando il Paese "non sicuro" per le violazioni dei diritti umani, in contrasto con la lista governativa. Scontro politico: Matteo Salvini critica duramente la magistratura e difende il “modello Albania” per il contenimento dei flussi migratori, puntando su nuove partnership estere. Lista Paesi Sicuri in discussione: Crescono i dubbi su alcuni Paesi inclusi nel decreto, come Egitto e Bangladesh, per questioni di diritti e instabilità. La questione rimane centrale nel dibattito politico italiano. #Migranti #Sicurezza #Egitto #DirittiUmani #PoliticheMigratorie https://lnkd.in/dv6aF5ug
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*Politiche dell'immigrazione e realtà* Supponiamo per un attimo che uno stato riesca ad espellere tutti gli immigrati irregolari o sgraditi. Ammettiamo anche che i paesi di origine siano identificabili con certezza nonostante la comprensibile reticenza degli interessati e la mancanza di documenti. Immaginiamo che lo stato abbia abbastanza mezzi per rimpatriare gli immigrati. Come di potrebbero obbligare i paesi di origine a riprendere i propri cittadini? Pagando? Con le armi? Con la diplomazia? E se, nonostante tutto, il rimpatrio fosse rifiutato, cosa si potrebbe fare? Lasciare gli espulsi sulla frontiera? Portarli verso un'altra destinazione? Riportarli indietro?
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🔴 Como: Emesso provvedimento di trattenimento per pericolosità sociale di un 24enne richiedente asilo. La Polizia di Stato di Como ha rintracciato presso un centro di accoglienza della città e portato in Questura, un 24enne egiziano, con precedenti di polizia per reati contro la persona, richiedente asilo politico, in capo al quale è stato emesso un provvedimento di trattenimento per pericolosità sociale. #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda ➡️ Leggi articolo completo su La Milano
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