Continuiamo la serie di incontri con esperte ed esperti intervenuti a Teste Calde, la scuola di politica di EquALL tenutasi a Torino lo scorso settembre. Oggi è la volta di Benedetta Scuderi, eletta al Parlamento Europeo nelle liste di Alleanza Verdi Sinistra. Durante il suo intervento, Benedetta ci ha parlato degli stereotipi sociali nel mondo della politica, mostrando come l’aspetto delle donne, ovvero l’abito che indossano o il comportamento che assumono spesso influiscono sul rispetto che ricevono. Scuderi sottolinea come “l’aspetto cambi la credibilità e l’approccio che le persone hanno nei tuoi confronti”. A Benedetta abbiamo chiesto quale sia stata la sua esperienza di donna in politica. Guardate il video con la sua risposta. 👉Per sapere di più su Teste Calde e su EquALL, visitate il sito: https://lnkd.in/d6MVmDpR #gendergap #donneinpolitica #TesteCalde
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Prosegue il viaggio delle interviste alle Giornaliste italiane. Qui un estratto di quella a Hoara Borselli, firma di punta del quotidiano “Il Giornale”
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…. Ne ho parlato brevemente con il professor Massimo Cacciari, notoriamente convinto della fine ormai bi-centenaria del patriarcato, dunque non sospettabile di pregiudizi «woke», supposto atteggiamento intollerante verso forme di linguaggio politicamente scorrette. La sua posizione è semplice. Chiara ma non rassicurante. Sintetizzo male. L’ordine patriarcale si è definitivamente rotto, da questo punto di vista non torneremo più indietro. Ma la lotta per affermare pari diritti è faticosa e non ancora compiuta. Serve un salto culturale, di educazione, che la politica si rifiuta di fare. «Purtroppo dobbiamo ancora fare i conti con le conseguenze tragiche che i grandi salti culturali provocano nelle coscienze più deboli. Anche questa è una regolarità della storia. L’idea di risolvere questo problema con la bulimia punitiva e non con la cultura, è una fesseria megagalattica. Il problema è che la formazione è del tutto saltata. Ad eccezione di quella dei social». Sicuro che non stiamo tornando indietro? «Indietro non si va mai. Ma si può andare in un avanti che è peggio dell’indietro». E qui si torna al trumpismo, ma soprattutto alla «violenza amplificata dai migranti» e alla panchina rossa col fregio tricolore. In Italia non mancano le leggi. Manca, ha ragione Cacciari, la sensibilità. Quattromila compatrioti – la maggior parte italianissimi – vanno in giro con il braccialetto elettronico. A testimonianza del fatto che esiste una larga tribù di barbari che lo Stato, grazie al cielo, ha ben presente. Se non è patriarcato è comunque una forma di maschilismo velenoso apparentemente invincibile. Nei commissariati troppo spesso le donne non vengono credute o, peggio, liquidate con paternalistici «torni a casa e vedrà che tutto si risolverà». Difficile però non rimanere colpiti da due statistiche. La prima: le denunce delle donne sono due volte più credibili di quelle degli uomini. Lo si evince dal fatto che portano al doppio di condanne. La seconda la fornisce Gianpiero Dalla Zuanna, professore di Statistica all’Università di Padova, partendo da una domanda che scatena le destre: è vero che il tasso di violenza sessuale è maggiore fra gli stranieri che fra gli italiani? Difficile da sostenere, perché – e qui i dati sono dell’Istat - la propensione delle donne italiane a denunciare uno stupro è sei volte più elevata se l’autore è uno straniero. E otto volte superiore per i tentativi di violenza. Più complicato accusare i propri «cari». Ma, per una parte della politica, è conveniente annacquare il tema, spostare l’attenzione e dare la colpa a loro, agli «altri» venuti da fuori. Perché se te la prendi con mariti e fidanzati che fine fa la triade Dio, patria e famiglia? Andrea Malaguti
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Il racconto segue una persona transgender che, attraverso misteriosi salti temporali, rivive la persecuzione subita dalle persone identificate con il triangolo rosa durante il regime nazista. Le sofferenze del passato si intrecciano con la discriminazione contemporanea, offrendo una riflessione sulla continuità dell'odio e la necessità di resistere. Attraverso queste esperienze, la protagonista riscopre la forza di combattere per la propria libertà e identità
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Diciamoci la verità, nei palazzi della politica nessuno prende davvero sul serio Roberto Vannacci. A torto o a ragione, la convinzione comune a politici e addetti ai lavori è che il generale non abbia lo standing, ovvero la struttura, le conoscenze e le competenze, per essere un fattore nel medio e lungo periodo. Dietro l’attenzione mediatica e la centralità nel dibattito pubblico di questi mesi, in effetti, c’è sempre stata pochissima sostanza: un’accozzaglia di idee banalotte e piuttosto abusate, riversate un po’ alla rinfusa in un pamphlet sgrammaticato e pieno di contraddizioni, ma diventato ugualmente il caso letterario degli ultimi anni. Non c’è moltissimo da dire sul punto, perché il generale incarna la maschera del conservatorismo spicciolo, dello zio attempato al pranzo di Natale che rimpiange “i bei tempi andati”, di chi usa l’ombrello del buonsenso per dire bestialità di ogni tipo. Nemmeno la costruzione del personaggio Vannacci sembra essere stata memorabile, dopo alcuni passaggi a vuoto nelle decine e decine di interviste rilasciate ai principali media italiani e il secondo libro, un’autobiografia che si dipana tra il ridicolo e la mitomania. E allora, come si spiega il fenomeno Vannacci? Perché ne stiamo parlando da mesi e, soprattutto, perché la sua candidatura alle Elezioni Europee con la Lega sta facendo così tanto discutere? Ha senso parlarne come fosse solo una creazione dei media o c’è qualcosa di più profondo che ci sfugge? Vannacci non è un game changer, probabilmente. Ciò che dice non ha la carica dirompente che pretende di avere, non fosse altro perché si muove in continuità con la deriva del dibattito pubblico degli ultimi anni. Non c’è idea, ragionamento o concetto che non sia stato lentamente sdoganato dalla destra italiana, che non sia stato già digerito e metabolizzato dagli italiani. Le posizioni di Vannacci su aborto, immigrazione, sessualità, per quanto retrive e antistoriche, non sono che la versione scarna e diretta di un pensiero che ha invaso e saturato ogni spazio di confronto su media. Quello che dice il generale lo abbiamo letto sui giornali della destra, lo abbiamo sentito nei talk show televisivi, ne abbiamo avuto piccoli assaggi in Parlamento o nei consigli regionali. Niente di nuovo, niente di rivoluzionario da segnalare. Mancava forse un volto unico e riconoscibile, che non dovesse in qualche modo giustificarsi delle proprie posizioni con partiti, militanti o elettori. Ne ho scritto qui: https://lnkd.in/dT4iHzfy
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Oggi, deviando dal solito tenore tecnico dei miei post su LinkedIn, vorrei toccare un tema che, pur emergendo nel contesto lavorativo, trascende significativamente il puro ambito professionale. Da appassionato di storia antica, in particolare greca e romana, rifletto spesso sulle dinamiche sociali e culturali delle civiltà passate e su come queste possano illuminare i nostri giorni. Recentemente, durante una discussione d'affari, ho notato con frustrazione come il discorso tenda ancora a polarizzarsi intorno a distinzioni di genere. Sebbene in questo caso specifico la distinzione non fosse a svantaggio delle donne, il semplice fatto che il ragionamento si concentrasse su questa dualità mi ha disturbato. E cosi mi e venuta in mente Sparta, uno degli Stati-città più emblematici dell'antica Grecia, noto non solo per il suo rigore militare e la severità delle sue leggi, ma anche per essere stato sorprendentemente progressista per quanto riguarda il ruolo delle donne. A differenza delle altre città-stato greche, Sparta offriva alle donne libertà e rispetto notevoli ( avevano il diritto di voto). Erano educate fisicamente, incoraggiate a esercitarsi in sport e a sviluppare la loro forza fisica, un elemento vitale per la società spartana che valorizzava l'eccellenza personale come parte del bene comune. Queste donne non solo erano addestrate per l'agoghé, simile agli uomini, ma venivano cresciute per fornire un supporto significativo alla comunità. Il rispetto profondo per le donne non era relegato a mere formalità o comportamenti obsoleti di "galanteria", ma era un riconoscimento del loro ruolo cruciale nella società. Le donne spartane erano viste come custodi della stirpe, responsabili della crescita e del mantenimento dei futuri cittadini di Sparta. Questo avanzato riconoscimento del loro contributo potrebbe essere visto come un primo passo verso un concetto più moderno di uguaglianza di genere, dove valore e capacità non sono misurati sulla base del sesso. Penso a figure storiche come Margaret Thatcher, Golda Meir e Marie Curie, che hanno dimostrato come l'intelligenza e la forza morale non siano qualità confinate a un singolo genere. E in tempi più recenti, molte donne nei vari settori continuano a dimostrare queste qualità eccezionali. La società moderna stenta ancora in certi casi ha sicuramente una visione sui sui diritti e sulle parità di genere, ma affronta ancora sfide significative. La confusione tra i ruoli di genere e l'orgoglio di essere semplicemente "persone" evidenzia un dibattito in corso sul valore dell'identità individuale rispetto alle aspettative sociali. Cedo il passo alle donne non per "galanteria", ma per un rispetto consapevole che riconosce e onora le loro capacità e contributi. Siamo tutti figli di donne, e le loro influenze e insegnamenti continuano a modellare le società in cui viviamo. Solo con un contributo individuale, indipendentemente dal genere, possiamo costruire una società più equa e progressista.
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Dopo i primi due appuntamenti, che hanno affrontato il tema lessicale e quello degli spazi e dei modi della violenza e discriminazione di genere, siamo arrivati alla terza tappa di questo lungo percorso, dedicata al tema del controllo formale e informale della donna nella nostra società. L'approfondimento a cura di Federica Panizzo. #violenzasessuale #pornografia #controlloformale
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Le affermazioni attribuite a Vittorio Feltri, se confermate, si pongono in conflitto con i valori fondamentali della #Costituzione italiana, in particolare con l’art. 3, che sancisce il principio di eguaglianza e il rispetto della dignità umana. Dal punto di vista giuridico, potrebbero configurare reati come la propaganda e istigazione all’odio razziale o religioso (art. 604-bis c.p.) o l’istigazione a delinquere (art. 414 c.p.), perseguibili d’ufficio. Spetta alla #magistratura valutare se tali dichiarazioni abbiano superato i limiti della #LibertàDiEspressione, tutelata dall’art. 21 della Costituzione, che non può legittimare incitamenti all’odio o alla violenza. Sul piano deontologico, queste dichiarazioni si scontrano con il Testo unico dei doveri del giornalista e la Carta di Roma, che impongono il rispetto della #DignitàUmana e il divieto di utilizzare un linguaggio discriminatorio o incitante all’odio. Sebbene Vittorio Feltri non sia più iscritto all’#OrdineDeiGiornalisti, il suo ruolo pubblico e mediatico impone comunque uno standard etico elevato, soprattutto per evitare di alimentare tensioni sociali. Sul piano politico, alcuni colleghi di partito hanno preso le distanze dalle affermazioni. I consiglieri regionali lombardi, Maira Cacucci e Matteo Forte, hanno dichiarato: “Ha espresso affermazioni ritenute inaccettabili, che hanno suscitato sconcerto. Le condanniamo fermamente.” Questa netta presa di posizione interna a Fratelli d’Italia sottolinea l’incompatibilità di dichiarazioni simili con i valori democratici e con il rispetto delle istituzioni, oltre alla necessità di tutelare l’immagine del partito e delle istituzioni stesse. Questa vicenda evidenzia anche il ruolo centrale dei media e della società civile nel contrastare i #DiscorsiDOdio e nel promuovere un linguaggio inclusivo e rispettoso. La democrazia si fonda sulla #LibertàDiEspressione, ma questa libertà non può mai trasformarsi in una licenza di minare i diritti e la dignità altrui. #CostituzioneItaliana #Eguaglianza #DirittoPenale #ResponsabilitàPolitica #Pluralismo #HateSpeech #Integrazione
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Cercare #spettacoli su T Guide non è solo questione di titoli o teatri: puoi esplorare anche per tematiche. E, sì, potresti scegliere spettacoli che parlano di violenza di genere. Ma noi? Noi scegliamo di suggerire qualcos’altro: ascoltare le donne. Registe, autrici, interpreti. Perché? Perché valorizzare e ascoltare il punto di vista femminile è fondamentale, non solo per combattere la violenza di genere, ma anche per arricchire la nostra visione della vita e del mondo. Le donne non portano solo storie che illuminano, ma un contributo creativo capace di trasformare la cultura e farci riflettere in modi nuovi. E non si tratta solo di affrontare la violenza. Scegliere una prospettiva femminile significa scoprire visioni che aggiungono profondità, emozione e complessità alle nostre esperienze teatrali (e di vita). In scena e fuori, le donne ci insegnano a vedere con occhi diversi, costruendo una cultura di rispetto e inclusione. Quindi, quando cerchi ispirazione teatrale, non fermarti al tema. Fermati alle voci. Alle storie. Alle donne che trasformano il palco in uno specchio per la società. Non è solo un atto di giustizia, è una scelta artistica che rende tutti noi migliori. 🎭✨ Consulta nei commenti il link alla nostra agenda di donne registe / autrici in scena a Milano. #Teatro #ParitàDiGenere #ViolenzaDiGenere #TGuide #VociFemminili
Per essere finito, giuridicamente parlando, nel 1975, sono tante le normative che in questi 50 anni sono state eliminate o cambiate in contrasto al patriarcato. E se questi passi avanti sono stati fatti, è merito proprio di quelle femministe che oggi vengono accusate di essere poco concrete. Nonostante i traguardi, la parità è ancora lontana e il patriarcato, per essere un cadavere da 50 anni, sta benissimo. Carosello realizzato per ROBA DA DONNE
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🎯 La #Resistenza dal punto di vista di #genere: interessanti come negli altri casi i #dati. Alley Oop - Il Sole 24 Ore 🤷♀️ “Non sono venuta per rammendare, ma per combattere”. La partigiana Olga Prati, quando raggiunge la brigata d’azione del suo territorio, risponde così al comandante che le chiede di ricucirgli i pantaloni. 👉 "Una lotta “doppia” che riguardava sia l’opposizione all’autoritarismo nazifascista che la conquista di nuovi spazi di libertà" e che ha visto una grande partecipazione femminile. ⚖️ I dati forniti dall’ANPI: "furono 35.000 le partigiane inquadrate nelle formazioni combattenti; 20.000 le patriote con funzioni di supporto; 70.000 in tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa; 512 le commissarie di guerra; 683 le donne fucilate o cadute in combattimento; 1750 le donne ferite; 4633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti; 1890 le deportate in Germania." ❌ Questa significativa partecipazione femminile non ha avuto il riconoscimento che le sarebbe stato dovuto: “le donne che hanno ricevuto medaglie d’oro al valore per le loro azioni sono state solo diciannove”. 📌 Recuperare numeri e storie può consentire "alle donne di diventare soggetti storici finalmente visibili.” #gendergap #gender #equality Donne 4.0 Torino Città per le Donne Telefono Rosa Piemonte di Torino FIDAPA - BPW Italy Toponomastica Femminile Rete per la Parità ASviS - Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile
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Esattamente. Chi ci governa dovrebbe studiare di più sia i dati statistici( anche del Viminale) e le leggi . E aggiornarsi. In aziende private si richiedono cv e competenze ai manager e alle manager. E non esiste” non intendevo dire questo” ma ci si prende la responsabilità delle proprie affermazioni. Le aziende italiane che funzionano ( piccole o grandi che siano) assumono persone con competenze e che sanno quello che dicono altrimenti vengono messe fuori. Non somari/e urlanti o sproloquianti.
Per essere finito, giuridicamente parlando, nel 1975, sono tante le normative che in questi 50 anni sono state eliminate o cambiate in contrasto al patriarcato. E se questi passi avanti sono stati fatti, è merito proprio di quelle femministe che oggi vengono accusate di essere poco concrete. Nonostante i traguardi, la parità è ancora lontana e il patriarcato, per essere un cadavere da 50 anni, sta benissimo. Carosello realizzato per ROBA DA DONNE
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