🌍✊ RACCOGLIAMO 1 MILIONE DI FIRME PER UN ABORTO SICURO E ACCESSIBILE IN EUROPA! Ieri sera, al dibattito e banchetto raccolta firme di My Voice, My Choice a Roma, c'eravamo anche noi con Cate Levy e Lucrezia Fortunata. In tutta Europa, più di 20 milioni di donne non hanno accesso all'aborto. Aderiamo anche noi a questa iniziativa dei cittadini europei (ovvero una petizione ufficiale alla Commissione UE) perché è tempo di cambiare questa situazione! Con oltre 1000 volontari attivi in più di 200 città, abbiamo deciso di partecipare anche noi, portando avanti la lotta per garantire i diritti riproduttivi di tutte e tutti. 📣 FIRMA ANCHE TU! Finora sono state raccolte il 58.45% delle firme. Ogni firma conta e ci avvicina al nostro obiettivo di un milione di firme. Unisciti a noi e sostieni il diritto a un aborto sicuro e accessibile. 🫰🏼❤Per firmare, partecipare, organizzare o supportare la raccolta firme nella tua città: visita il sito 🔗 https://lnkd.in/eUMWRJps #MyVoiceMyChoice #AbortoSicuro #DirittiRiproduttivi #EquALL
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In Europa: oltre 20 milioni di donne in Europa non hanno accesso a cure per aborti sicuri. Le donne in Polonia muoiono negli ospedali perché i medici si rifiutano di praticare aborti anche se le loro vite sono in pericolo. Le donne a Malta possono andare in prigione se abortiscono. Le donne italiane e croate viaggiano per centinaia di chilometri per trovare un medico o una struttura che esegua interruzioni di gravidanza. Non sono libere di decidere sui propri corpi e sulle proprie vite. Possiamo fermare tutto questo solo insieme e mostrando solidarietà verso le donne di tutta Europa. 𝐈𝐧𝐬𝐢𝐞𝐦𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐟𝐚𝐫𝐞 𝐥𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐢 𝐝𝐨𝐧𝐧𝐞! I soci e le socie di RENA hanno deciso di aderire alla campagna 𝐌𝐘 𝐕𝐎𝐈𝐂𝐄 𝐌𝐘 𝐂𝐇𝐎𝐈𝐂𝐄. Ci teniamo a condividerla con la nostra rete perché riteniamo che sia molto importante firmare per far sì che milioni di donne in UE che hanno un accesso limitato a quello che dovrebbe essere un loro diritto non si sentano più sole. Firma anche tu qui 🖊 https://lnkd.in/d-yXt6jc
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Abbiamo recuperato il pdf della Legge Regionale Puglia contro L'omo-transfobia. Ecco le parti di interesse sanitario. Valuteremo se saranno efficacemente in grado di evitare le Terapie Riparative, le Mutilazioni Genitali ai Neonati Intersex e l'omo-transfobia sanitaria, molto diffusa nel personale sanitario italiano che non ha mai ricevuto formazione nel merito. "Formazione sul riconoscimento e prevenzione delle discriminazioni di orientamento e genere (art 6) Informazione, consulenza e supporto alle persone lgbtiaq+ in ambito sanitario e socio-sanitario (art 11) Informazione e formazione al personale per evitare le discriminazioni di sesso, genere e orientamento anche in ambito sanitario (art 12) La Regione garantisce fin dalla nascita il diritto alla integrità fisica delle persone che presentano variazioni nelle caratteristiche di sesso (art 13) La Regione promuove campagne informative e di sensibilizzazione finalizzate alla prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale, promuovendo specifiche azioni rivolte alle persone LGBTI (art 14) La Regione promuove programmazione e pianificazione in ambito di medicina di genere (art 15) La regione garantisce protezione alle vittime di discriminazione e violenza alle persone lgbtiaq+ (art 16) La Regione promuove collaborazioni con associazioni di categoria. (Art18) Nel tavolo tecnico è contemplato un* professionista sanitario con curriculum inerente la legge (art 22)" #Puglia #omofobia #legge #sanità #Amigay
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Da quando la destra è al governo, “Difendiamo la legge 194” è diventato uno degli slogan più ripetuti da gruppi femministi e associazioni di donne, spesso in occasione di mobilitazioni di piazza. E ora pure in occasione del G7, dove è toccato a Emmanuel Macron rimarcare la nostra (presunta) arretratezza in materia di aborto. L’accusa al governo – mille volte ripetuta nelle piazze – è di voler smantellare la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza, in vigore dal 1978. Alcuni si spingono a sostenere che il governo l’avrebbe già modificata, quella sacrosanta legge 194, e di averlo fatto con un emendamento alla legge stessa che aprirebbe i consultori alle associazioni pro-vita. La tesi della modificazione della legge è chiaramente campata per aria, perché la legge 194 non è stata toccata di una virgola. Quel che è vero, però, è che il governo ha fatto approvare un emendamento al decreto Pnrr che – di fatto – apre le porte dei consultori alle organizzazioni pro-vita. La cosa curiosa è che questa apertura non fa che dare attuazione all’articolo 2 della legge 194: «I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita». Dunque il governo non ha affatto attaccato la legge 194, semmai si è mosso per darle attuazione. E qui veniamo al punto cruciale. A giudicare da come ne parlano, si direbbe che le paladine della legge 194 non l’abbiamo mai letta. Se lo avessero fatto, si sarebbero accorte che tutta l’impostazione della legge è marcatamente pro-vita e anti-aborto. Nell’impianto della 194 la scelta di abortire è una extrema ratio che i consultori dovrebbero scoraggiare in tutti i modi, analizzando le cause alla radice della volontà della donna di interrompere la gravidanza ed eventualmente prospettando alternative. Articolo completo a cura di Luca Ricolfi https://lnkd.in/d2XJGfGh #legge194
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Si è svolta oggi a Palazzo Grazioli - Roma, sede della Stampa Estera, la conferenza stampa di presentazione della Iniziativa dei Cittadini/e Europei (ICE) “My Voice, My Choice”. Come Period eravamo presenti in quanto facciamo parte delle organizzazioni promotrici in Italia. “My Voice, My Choice” è un movimento di organizzazioni da tutta Europa, di cui fanno parte anche 21 organizzazioni italiane impegnate per i diritti civili tra cui noi di Period. Abbiamo lanciato una petizione con l’obiettivo di chiedere all’Unione Europea di istituire un meccanismo finanziario che garantisca un accesso libero e sicuro all’interruzione di gravidanza per ogni donna che vive in Europa. Infatti, oggi, a Malta e in Polonia l'aborto è praticamente illegale, moltissime donne rischiano di non poter accedervi in Austria e in Germania a causa dei costi, e in alcune regioni dell’Italia e della Croazia l'accesso è fortemente ostacolato a causa dell'obiezione di coscienza. Oggi è stata l’occasione per presentare anche in Italia l’iniziativa, che in meno di un mese, è già arrivata a 300mila firme. Invitiamo inoltre i partiti e i politici e le politiche coinvolti/e nelle Elezioni Europee a venire a firmare e impegnarsi concretamente a supporto di un’IVG gratuita, libera e accessibile in Europa. 🔴 Firma la petizione al link in bio: https://lnkd.in/d-yXt6jc @myvoicemychoiceorg #Datipercontare #gendergap #genderstudies #impattodigenere #datidigenere #paritàdigenere #equitàdigenere #dirittiumani #femminismointersezionale #divaridigenere #discriminazioni #aborto #ivg #myvoicemychoice
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In occasione della #GiorantaInternazionaleperlAbortoSicuroeLibero, vorrei condividere una mia riflessione: mentre in #Italia si dibatte sull'importanza di preservare il #diritto dall’attacco di movimenti pro-life e del governo, l’accesso effettivo all’#aborto è già fortemente limitato, specialmente per le donne meno privilegiate. Recentemente si è discusso dell’infiltrazione delle #associazioniprovita nei #consultori familiari, spazi nati per fornire supporto neutrale. Queste organizzazioni esercitano una pressione morale che dissuade le donne dall'abortire, aggiungendo un ulteriore ostacolo in un momento già delicato. Sebbene sia necessario denunciare questo attacco esplicito del governo, bisogna anche precisare che la presenza di queste associazioni non è una novità; erano già attive in molti consultori prima dell'intervento del governo #Meloni. Nonostante la #legge194 del 1978 garantisca formalmente l'interruzione volontaria di gravidanza (#IVG), molti ostacoli rendono questo diritto difficile da esercitare. Uno dei principali problemi è l'altissimo numero di #obiettoridicoscienza. In alcune regioni, più dell’80% dei #ginecologi rifiuta di praticare aborti per motivi etici o religiosi. Questo sovraccarica il lavoro dei pochi medici non obiettori, creando lunghi tempi di attesa che spesso costringono le donne a recarsi in altre regioni o addirittura all'estero per abortire entro i limiti di tempo stabiliti dalla legge. La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che, in molte aree, l'accesso al farmaco abortivo #RU486 è limitato solo agli ospedali e non disponibile nei consultori, aumentando le difficoltà per chi cerca un'opzione più rapida e meno invasiva. Il problema dell'accesso all'aborto, dunque, non colpisce tutte allo stesso modo. Le difficoltà si acuiscono per le donne più vulnerabili, come quelle a basso reddito, le migranti o quelle appartenenti a minoranze. Le donne con risorse economiche o una rete di supporto riescono a superare gli ostacoli burocratici, mentre chi versa in condizioni di svantaggio si trova spesso senza opzioni. Questo crea una disparità inaccettabile: l'aborto è teoricamente garantito a tutte, ma in pratica accessibile solo a poche. In Italia, quindi, la difesa del diritto all'aborto non deve limitarsi a proteggere la legge 194 dagli attacchi esterni, ma deve anche concentrarsi su come garantire che questo diritto sia accessibile a tutte, indipendentemente dal background economico o sociale. L'#intersezionalità è cruciale: l’accesso a un aborto sicuro e legale non è solo una questione di diritti individuali, ma anche di #giustiziasociale.
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A metà maggio il ministro della Salute e la ministra della Famiglia, natalità e pari opportunità hanno firmato un decreto che istituisce un tavolo congiunto sulla #disforia di #genere i cui 29 membri dovranno effettuare «una ricognizione delle modalità di trattamento». Un paio di giorni dopo la ministra ha esplicitato che per lei l’#identità #sessuale deve rimanere binaria, come vuole la biologia, dimostrando di ignorare quello che la biologia riconosce da tempo: un ampio spettro di identità di genere. Abbastanza per temere che l’approccio di lavoro di questo tavolo possa essere guidato più dall’ideologia che dalla ricerca scientifica. Il lavoro congiunto riunisce una schiera di rappresentanti dei due ministeri ed esperti espressi da varie società e ambiti scientifici. Tra i quali, però, non si può fare a meno di notare alcune assenze: escluse quasi tutte le società scientifiche che hanno espresso posizioni opposte a quelle della Società Psicoanalitica Italiana (che l’anno scorso ha scritto una lettera indirizzata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni in cui esprime «grande preoccupazione» per il ricorso a farmaci che bloccano lo sviluppo puberale su minori con diagnosi di disforia di genere), e ancor meno rappresentato il mondo della #medicina di #genere, le parti che più potrebbero contribuire. Nel tavolo tecnico non compare neanche AIFA Agenzia Italiana del farmaco, la cui Determina n. 21756/2019 regola la prescrizione di triptorelina in Italia. Capire come si sia arrivati fin qui richiede di ricostruire una storia iniziata da ormai un anno e mezzo: lo fanno Eva Benelli e Maurizio Bonati nel loro articolo. https://lnkd.in/dBEk9xCP
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Negli ultimi anni, le proteste anti-aborto nei pressi delle cliniche hanno generato dibattiti e preoccupazioni in tutto il mondo. Per arginare queste pressioni, dal 31 ottobre il Regno Unito ha introdotto nuove zone di accesso sicuro attorno ai centri medici per garantire un ambiente protetto per le donne che scelgono di ricorrere all’interruzione di gravidanza. Dallo scorso 31 ottobre, in Inghilterra e Galles, è diventato illegale per gli attivisti anti-aborto manifestare a meno di 150 metri da ospedali o cliniche che praticano interruzioni di gravidanza. Questo provvedimento, approvato all’inizio del 2023, ha l’obiettivo di proteggere le donne che cercano assistenza per l’aborto, evitando pressioni esterne che potrebbero influenzare la loro decisione. Si tratta di un passo significativo nel contesto di una battaglia che si svolge in molte parti del mondo, dove il diritto all’aborto è messo in discussione e le donne spesso si trovano ad affrontare ostacoli nel loro percorso verso l’assistenza sanitaria. Zone di accesso sicuro All’interno delle “zone di accesso sicuro”, ogni azione che causi «allarme o angoscia» è considerata reato. Ciò include non solo il blocco dell’ingresso alle cliniche, ma anche qualsiasi forma di protesta che possa mettere a disagio le donne in cerca di assistenza. Esporre cartelli, distribuire volantini, e persino pregare in silenzio sono tutte attività vietate. L’intento è chiaro: creare un ambiente in cui le donne possano accedere alle cliniche senza timori o pressioni. Questa iniziativa risponde a una richiesta crescente di proteggere la privacy e il benessere delle donne durante un momento particolarmente vulnerabile. Un fenomeno globale La pratica di posizionarsi vicino alle cliniche per ostacolare l’accesso delle donne esiste da decenni. Ha le sue origini negli Stati Uniti, in particolare dopo la sentenza Roe v. Wade del 1973, che ha garantito il diritto all’aborto a livello federale. Anche se questo diritto è stato revocato nel 2022, le manifestazioni anti-aborto continuano a essere una realtà in molte giurisdizioni, compresa l’Italia, dove i gruppi di attivisti si mobilitano per impedire l’accesso delle donne ai servizi di aborto. In molti paesi, gli attivisti anti-aborto usano metodi intimidatori per cercare di convincere le donne a non abortire. Queste pratiche possono variare dall’uso di linguaggio aggressivo a dimostrazioni più sottili come la distribuzione di volantini con messaggi dissuasivi. Tali strategie possono influenzare le decisioni delle donne e rendere l’esperienza di recarsi in una clinica per l’aborto ancora più stressante e traumatica. Legislazione e diritti Negli Stati Uniti, l’uso della forza o la minaccia di violenza per impedire l’ingresso nelle cliniche è illegale dal 1994. Tuttavia, alcuni stati hanno implementato leggi per creare “zone cuscinetto” attorno alle cliniche, proteggendo così le donne. Simili leggi sono state
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Associazioni antiabortiste nei consultori? Una strategia che viene da lontano, ispirata dal Movimento per la vita, incubata in Lombardia e poi in altre regioni, raccomandata nel documento “restaurare l’ordine naturale”, un manuale-manifesto ad uso di estremisti religiosi per minare alla base non solo il diritto all’aborto legale e sicuro, ma tutti i diritti umani in Europa. Qual è l’azione reale dei cosiddetti Centri di aiuto alla vita, al di là della propaganda? Un’etnografia di Claudia Mattalucci, che ha fatto ricerca di campo tra il 2010 e il 2014, la descrive in dettaglio in un articolo firmato con Silvia De Zordo e pubblicato su Medical Anthropology nel 2022. La maggioranza dei fondi destinati a disincentivare le donne ad abortire vanno a donne in difficoltà economica, non incinte e/o che non stanno abortendo. Poche briciole, che non risolvono i problemi strutturali delle disuguaglianze economiche e che allo Stato costano milioni di euro che potrebbero essere destinati ad altro (la contraccezione gratuita, per esempio?). Su @domanieditoriale di oggi la mia analisi 👉 https://lnkd.in/dhETsAHi #aborto #movimentoperlavita #centroaiutoallavita #provitaefamiglia
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🗣️ 🌿 Ancora qualche giorno alla scadenza della call per la partecipazione al ventennale del convegno di AREE FRAGILI (31 dicembre 2024) 🔖 ♀️ "Conoscenza, riconoscenza, gratitudine. Le DONNE nelle aree rurali fragili", questi i tre assi tematici in cui si articolerà il dibattito di quest'anno. 10 sessioni, ognuna curata da una donna. 👉 Position paper, termini di partecipazione e contenuti delle subcall a questo link https://lnkd.in/dVF6rht4
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