Rischio di crisi del settore dell’allevamento bovino suino e ovicaprino dopo i casi di AFTA EPIZOOTICA in Brandeburgo (Germania) 🐖🐂🐑 L’afta epizootica è causata da un virus che colpisce gli animali a doppio unghione, tra cui bovini, ovini e suini. Sebbene i tassi di mortalità siano generalmente bassi, la malattia provoca febbre, diminuzione dell'appetito, eccessiva salivazione e la formazione di vesciche dolorose su lingua, zoccoli e mammelle Il virus si diffonde rapidamente per contatto diretto o tramite l’aria, rendendo necessarie misure drastiche in caso di focolaio Le persone possono contribuire alla diffusione del virus attraverso attrezzature agricole, indumenti e pneumatici contaminati Questa elevata trasmissibilità rappresenta una minaccia seria per l’intera industria zootecnica e dopo la pessima esperienza della peste suina sottovalutata in Italia per anni e’ necessario agire velocemente prima per non subire rischi esponenziali di diffusione del virus a breve termine Il focolaio e’ localizzato in Germania per adesso ma non possiamo permetterci un secondo virus da gestire soprattutto per il comparto suino #aftaepizootica #allevamento #sicurezza #veterinaria #mercato #zootecnico
Post di Davide Manfrin
Altri post rilevanti
-
L’influenza aviaria non è un ricordo. Poche settimane fa negli Stati Uniti si è verificata un’epidemia bovina che ha coinvolto anche casi umani. La zootecnia è una questione importante, che coinvolge la salute degli animali e dei cittadini. Le epidemie nel bestiame possono causare danni enormi, non solo economici. Per questo, agricoltura e allevamento non sono attività da sottovalutare: è sempre necessario un approccio professionale. Il Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti ha pubblicato un rapporto secondo cui il 60% delle aziende lattiero-casearie ha continuato a trasportare animali anche dopo la manifestazione dei sintomi dell’influenza aviaria. Il Dipartimento dell’Agricoltura del Michigan ha offerto fino a 28.000 dollari a fattoria per compensare le perdite causate dall’epidemia. Tuttavia, non tutti stanno collaborando per garantire allevamenti sicuri e privi di agenti patogeni. Qualcuno di voi ha già pensato a come arginare eventuali episodi? A misure di sicurezza che possano preservare gli animali, e nel contesto di un campo con impianti agrivoltaici? In che modo si potrebbe gestire la situazione? #Agricoltura #Zootecnia #Biosicurezza #InfluenzaAviaria #SaluteAnimale #ConsulenzaAgricola #SicurezzaAlimentare #Sostenibilità #agrivoltaico #agripv
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
-
L’allevamento “zero” si trova a Vernate (Mi). È lì che si è verificato il primo focolaio di #Pestesuina africana in Lombardia ed è da lì che è probabilmente partito il contagio di altre otto strutture in provincia di Milano, Pavia e Lodi. Lo ha dichiarato il direttore generale welfare della Regione e sub commissario alla Peste suina Mario Chiari in un convegno tenutosi a fine di agosto a Orzinuovi (Bs). L’omessa denuncia della presenza del virus in questo allevamento e le carenze di biosicurezza negli altri hanno causato una parte dei 18 focolai lombardi. In questa regione, però, ci sono oltre 4 milioni di maiali ed è facile rendersi conto di cosa potrebbe succedere se non si controlla ogni focolaio, anche il più piccolo. Pubblichiamo un’intervista ad Alberto Laddomada (ex dirigente della Commissione Europea e già direttore generale dell’IZS della Sardegna), che riprende e aggiorna due recenti interventi apparsi sul sito Veterinari uniti per la salute. Cosa si può dire di fronte al proliferare dei casi negli allevamenti? Avevamo previsto questo mezzo disastro sulla base del peggioramento della situazione Peste suina africana (PSA) nei cinghiali verificatosi nell’autunno 2023 e delle conoscenze sul “picco estivo” nei suini domestici, verificatosi l’anno scorso anche in Lombardia. Probabilmente l’attuale situazione si poteva evitare con una migliore prevenzione. Dal luglio scorso a oggi ci sono stati 24 focolai in Pianura Padana (18 in Lombardia, 5 in Piemonte e 1 in Emilia-Romagna). Sono stati abbattuti o sono in corso di abbattimento oltre 80 mila capi. Una situazione molto grave. Le dichiarazioni fatte al convegno di Orzinuovi sono utili, perché evidenziano il danno che può causare un singolo allevatore che (come riferito) si comporti in modo irresponsabile, nascondendo la malattia e contravvenendo alla normativa che impone la notifica immediata di mortalità anomale. Come conseguenza di questo comportamento, un terzo dei focolaio di quest’estate sono stati probabilmente originati da questo allevamento “zero”. La carenza di biosicurezza ha fatto il resto. Qualcosa di simile era successo l’anno scorso in provincia di Pavia. Si arrivò perfino a inviare al macello partite di suini infetti, le cui carni finirono in Sardegna e causarono un focolaio per fortuna rapidamente eradicato. I focolai negli allevamenti di Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna hanno avuto un enorme impatto sia sugli allevatori i cui animali sono stati abbattuti, sia su tutti gli altri delle zone interessate. Un’ampia area geografica della Pianura Padana, dalla provincia di Vercelli a quella di Piacenza, passando per Novara, Milano, Pavia, Lodi, fino ai confini con Cremona, è ora sottoposta a pesanti restrizioni ai movimenti e ai commerci. Misure purtroppo necessarie, visto che la situazione continua a peggiorare. Leggi l'articolo integrale su #ilfattoalimentare https://lnkd.in/du_PrzCS
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
Il 29 agosto il Commissario Straordinario alla #PesteSuina Africana Giovanni Filippini ha emanato l’Ordinanza n.3/2024, sulle misure da adottare negli allevamenti di Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna per arginare l’epidemia che dal gennaio 2022 si è diffusa a macchia d’olio in otto regioni ed è chiaramente fuori controllo. I numeri sono da brivido: rinvenute oltre 2.400 carcasse di cinghiali, 26 allevamenti di suini contagiati negli ultimi mesi (45 in totale), 60 mila maiali abbattuti. I due commissari straordinari nominati prima di Filippini si sono distinti per l’adozione di provvedimenti del tutto inefficaci che hanno contribuito ad ampliare a dismisura l’area di interesse. Il risultato è sin troppo evidente: un’epidemia inarrestabile che se tutto va bene sarà risolta nell’arco di qualche anno. Il provvedimento di Filippini segna una svolta. Già operativo e in vigore sino al 30 settembre, inasprisce il divieto di movimentazione degli animali negli allevamenti situati nella zona rossa, che ormai occupa un vasto territorio nel Nord Italia. In quest’area i maiali possono essere spostati solo per andare al macello, solo dopo accurati controlli. Per quanto riguarda gli automezzi, si possono usare solo quelli destinati a trasportare mangimi, carcasse e liquami, e comunque bisogna procedere alle disinfezione regolare. L’ordinanza dispone il divieto di ingresso negli allevamenti di tutte le persone che non si occupano della gestione degli animali. Il divieto è esteso anche a cani e altri animali da compagnia o da reddito. Negli allevamenti è inoltre vietata qualsiasi manutenzione o lavoro non strettamente connesso ad interventi a garanzia del benessere animale. Gli operatori degli allevamenti devono indossare tute e calzari monouso e garantire di non aver visitato altre strutture nelle 48 ore precedenti e di non essere stati in boschi o luoghi in cui sia stata segnalata la presenza di cinghiali. Nella zona rossa sono vietate mostre, mercati, fiere, esposizioni e ogni altra manifestazione o aggregazione di carattere agricolo/zootecnico che coinvolga il settore suinicolo. L’ordinanza prevede che i servizi veterinari debbano verificare le effettive condizioni di biosicurezza. Nel caso di carenze strutturali non sanabili entro 15 giorni il veterinario dispone l’avvio degli animali al macello o l’abbattimento. Quando negli allevamenti delle zone rosse si individua un qualsiasi contatto con un focolaio, il servizio veterinario può disporre l’abbattimento preventivo degli animali. Si tratta di provvedimenti necessari ma tardivi. A Pavia, un anno fa, un allevatore ha mandato gli animali al macello pur sapendo che erano malati di peste suina. Poche settimane fa a Vernate un allevatore ha seppellito 20 maiali morti nel retro dell’azienda, causando poi il contagio di altri otto allevamenti. L'articolo di Roberto La Pira su #ilfattoalimentare https://lnkd.in/dBHE4tdT
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
Migliaia di animali abbattuti in tutta Italia. 💔 🐖 Negli allevamenti italiani aumentano i casi di peste suina africana (PSA). Per contenere il virus, il governo ha scelto di puntare sulla caccia ai cinghiali, ma si è rivelata una strategia fallimentare. Per diminuire il rischio di contagio tra i suini allevati dobbiamo cambiare il modello degli allevamenti intensivi alla radice. Leggi perché e come possiamo farlo con la nostra proposta di legge 👇
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
Come avevamo indicato due settimane fa, i maiali abbattuti negli allevamenti dall’inizio dell’epidemia di #pestasuina dal mese di gennaio 2022 sono 117.879. Ma l’aspetto interessante è che i maiali abbattuti erano praticamente zero, fino a un anno fa. Poi c’è stato il caso di alcuni allevamenti a Pavia, che avevano mandato al macello suini malati ed è stato necessario abbattere 20 mila capi. La criticità si è ripetuta nell’estate 2024, con l’arrivo massiccio della peste suina in Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna, dove il numero di maiali abbattuti è a quota 89.458 capi in 60 giorni. Il dato, contenuto in un documento del governo italiano presentato a Bruxelles, è aggiornato al 20 settembre 2024 e spiega molto bene il disastro di questi due mesi, che non è ancora finito, visto che altri abbattimenti sono in corso. Secondo Assosuini, “Numerosi Paesi extra UE hanno chiuso l’import dei prodotti italiani a base di carne suina, con ripercussioni devastanti sulle esportazioni e sul mercato globale. Per evitare il disastro diventa quindi prioritario intensificare nelle aree con allevamenti gli abbattimenti dei cinghiali, vettori e bacino di riserva del virus. Infatti, quando uno di questi animali muore, e capita fino al 95% degli animali infettati, la carcassa continua a contaminare il terreno per minimo sei mesi, e se la morte avviene entro 500 metri da un allevamento, il rischio contagio è quasi certo”. “Per combattere efficacemente la PSA – spiega Assosuini – ci si aspetta che il governo italiano potenzi le misure di biosicurezza, con il controllo degli accessi negli allevamenti, la disinfezione dei mezzi di trasporto e il monitoraggio rigoroso del movimento degli animali”. Attraverso opportune campagne informative e di sensibilizzazione, il governo dovrebbe educare allevatori, cacciatori e tutta la cittadinanza sull’importanza della prevenzione e del controllo della malattia, e spingere gli amministratori comunali a prendere misure attive contro la PSA. L’attuazione dei protocolli di biosicurezza rinforzati e delle strategie di eradicazione però richiede grosse risorse finanziarie e il coordinamento tra governo e aziende. Come indica l’UE, si devono interrompere gli abbattimenti di cinghiali fatti fino ad ora nelle zone colpite dalla PSA. La nota finale di Assosuini riporta una considerazione che fino ad ora nessun ministro, e nemmeno le lobby come Coldiretti e il Consorzio del Prosciutto di Parma hanno voluto capire. “La lotta alla Peste Suina Africana richiede la collaborazione di tutti: del governo, ovviamente, ma anche gli allevatori, i cacciatori e la società. Senza un intervento efficace, la PSA potrebbe continuare a diffondersi e diventare endemica, aggravando i problemi economici, ambientali e di sicurezza alimentare, fino a causare la fine dell’intera filiera suinicola italiana”. L'articolo integrale di Roberto La Pira su #ilfattoalimentare https://lnkd.in/dPcWmvGn
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
Piano Psa: le mappe del rischio per comune per cinghiali e allevamenti suini. La Regione Umbria con determina dirigenziale ha approvato, per il proprio territorio di competenza, il “Piano nazionale di sorveglianza ed eradicazione 2024 per la Peste Suina Africana". Un documento nel quale sono indicate le azioni di controllo attivo e passivo. Il monitoraggio degli allevamenti di suini e cinghiali (oltre 4600) E, sulla base della presenza di questi animali nei singoli comuni, sono state individuate le zone a maggior rischio di diffusione della Psa. In base alla presenza degli allevamenti di suini, i comuni classificati come ad alto rischio sono quelli di... http://ow.ly/iam6105pnH3
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
-
Il 2 novembre 2024 si è registrato l’ennesimo focolaio di Peste suina africana in un allevamento suinicolo di Frassineto Po, in Provincia di Alessandria. È il primo focolaio in questa provincia dopo che nei mesi scorsi, in Piemonte le autorità avevano registrato altri 8 casi, di cui 7 in Provincia di Novara e uno vicino Vercelli. La mappa diffusa dal Bollettino epidemiologico nazionale (vedi sotto) qui di seguito indica il luogo in cui si è verificato il focolaio, a poche centinaia di metri di distanza dal Po. Si tratta di una pessima notizia per gli allevatori e gli operatori della filiera suinicola. Il riscontro del virus della Peste suina in questo allevamento composto da 2.435 capi comporta infatti l’abbattimento di tutti i maiali. Oltre a ciò l’altro elemento da considerare è che Frassineto Po è un comune situato nella zona II indicata con il colore rosa chiaro sulla mappa. Il colore rosa indica una zona dove la malattia sino ad ora è stata riscontrata solo tra i cinghiali selvatici. D’ora in poi il comune e le aree limitrofe rientreranno nell’area dove dovranno essere applicate misure più restrittive per quanto riguarda la movimentazione degli animali e le carni. Il nuovo focolaio registrato a distanza di oltre due mesi dai precedenti verificatisi in Piemonte, ha destato perplessità fra gli operatori e i veterinari che considerano l’autunno un periodo di “letargo” per il virus della peste suina. Con l’abbassamento delle temperature e l’arrivo dei primi freddi il rischio di nuovi focolai fra i cinghiali selvatici è infatti ritenuta improbabile. Le pochissime positività di carcasse di cinghiali trovate nei boschi negli ultimi quattro mesi sembravano confermare questa teoria. Il nuovo focolaio contrasta clamorosamente con l’annuncio fatto un paio di mesi fa da parte della Regione Piemonte, che con toni trionfalistici aveva annunciato la riduzione di alcune restrizioni in diversi territori regionali. Fino ad or non ci sono comunicazioni ufficiali su questo nuovo focolaio, che però conferma il dato di una situazione non proprio sotto controllo. Vi terremo aggiornati L'articolo su #ilfattoalimentare https://lnkd.in/dCybNz9v
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
Cresce la tensione negli allevamenti del nord Italia sottolineando di nuovo una cattiva valutazione e gestione del rischio da parte delle autorità competenti per contenere gli effetti. Una epidemia silente che genera focolai in ogni parte del mondo avvicinando sempre più il potenziale salto di specie https://lnkd.in/dejsM6y4
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
#Pestesuinaafricana (#PSA) 𝐕𝐞𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐬𝐞 𝐢𝐧 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐢 𝐠𝐢𝐨𝐫𝐧𝐢 𝐝𝐚 "𝐬𝐨𝐩 𝐨𝐩𝐞𝐫𝐚" 𝐫𝐢𝐞𝐧𝐭𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐮𝐧 𝐚𝐭𝐭𝐢𝐦𝐨 a𝐥𝐥𝐚 𝐫𝐞𝐚𝐥𝐭𝐚̀ : L’allevamento “zero” si trova a #Vernate (Mi). È lì che si è verificato il primo focolaio di Peste suina africana in Lombardia ed è da lì che è probabilmente partito il contagio di altre otto strutture in provincia di #Milano, #Pavia e #Lodi. Lo ha dichiarato il direttore generale welfare della Regione e sub commissario alla Peste suina Mario Chiari in un convegno tenutosi a fine di agosto a Orzinuovi (Bs). L’omessa denuncia della presenza del virus in questo allevamento e le carenze di biosicurezza negli altri hanno causato una parte dei 18 focolai lombardi. In questa regione, però, ci sono oltre 4 milioni di maiali ed è facile rendersi conto di cosa potrebbe succedere se non si controlla ogni focolaio, anche il più piccolo. Pubblichiamo un’intervista ad Alberto Laddomada (ex dirigente della Commissione Europea e già direttore generale dell’IZS della Sardegna), che riprende e aggiorna due recenti interventi apparsi sul sito #Veterinari uniti per la salute. 𝐂𝐨𝐬𝐚 𝐬𝐢 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐚𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐥𝐢𝐟𝐞𝐫𝐚𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐢 𝐧𝐞𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞𝐯𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢? Avevamo previsto questo mezzo disastro sulla base del peggioramento della situazione #Pestesuinaafricana (#PSA) nei cinghiali verificatosi nell’autunno 2023 e delle conoscenze sul “picco estivo” nei suini domestici, verificatosi l’anno scorso anche in Lombardia. Probabilmente l’attuale situazione si poteva evitare con una migliore prevenzione. 𝐃𝐚𝐥 𝐥𝐮𝐠𝐥𝐢𝐨 𝐬𝐜𝐨𝐫𝐬𝐨 𝐚 𝐨𝐠𝐠𝐢 𝐜𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐢 𝟐𝟒 𝐟𝐨𝐜𝐨𝐥𝐚𝐢 𝐢𝐧 𝐏𝐢𝐚𝐧𝐮𝐫𝐚 𝐏𝐚𝐝𝐚𝐧𝐚 (𝟏𝟖 𝐢𝐧 𝐋𝐨𝐦𝐛𝐚𝐫𝐝𝐢𝐚, 𝟓 𝐢𝐧 𝐏𝐢𝐞𝐦𝐨𝐧𝐭𝐞 𝐞 𝟏 𝐢𝐧 𝐄𝐦𝐢𝐥𝐢𝐚-𝐑𝐨𝐦𝐚𝐠𝐧𝐚). Sono stati abbattuti o sono in corso di abbattimento oltre 𝟖𝟎 𝐦𝐢𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐩𝐢. Una situazione molto grave Articolo completo su : https://lnkd.in/dj35ymgq La foto proviene da : https://lnkd.in/dV9T67cB
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi
-
-
Il 29 agosto 2024 il Commissario Straordinario alla Peste Suina Africana Giovanni Filippini ha emanato l'Ordinanza n.3/2024, sulle misure da adottare negli allevamenti situati in Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna per arginare l'epidemia che dal gennaio 2022 si è diffusa a macchia d'olio in otto regioni. Si tratta delle prime misure ‘intelligenti’ che però arrivano con 30 mesi di ritardo, quando ormai la situazione è chiaramente fuori controllo. I numeri sono da brivido: rinvenute oltre 2.400 carcasse di cinghiali morti a causa del virus, 26 allevamenti di suini contagiati negli ultimi mesi (45 in totale), 60 mila maiali abbattuti. I due commissari straordinari nominati dal Governo prima di Filippini si sono distinti per l'adozione di provvedimenti del tutto inefficaci che hanno contribuito ad ampliare a dismisura l'area di interesse. Basta dire che la strategia di questi due anni ha avuto come capisaldi due fattori del tutto secondari, come l'abbattimento dei cinghiali da parte dei cacciatori e il supporto dell'esercito. Il risultato è sin troppo evidente: un'epidemia inarrestabile che se tutto va bene sarà risolta nell'arco di qualche anno. I provvedimenti del nuovo Commissario alla peste suina Il provvedimento di Filippini segna una svolta. Già operativo e in vigore sino al 30 settembre, inasprisce il divieto di movimentazione degli animali negli allevamenti situati nella zona rossa, che ormai occupa un vasto territorio. Il perimetro spazia da Novi Ligure a La Spezia, poi sale fino a Parma, Cremona, Milano, Busto Arsizio per spostarsi a Vercelli, Alessandria e Alba (vedi cartina). In quest'area i maiali possono essere spostati solo per andare al macello, e comunque anche questa operazione deve essere fatta dopo accurati controlli. Per quanto riguarda gli automezzi, si possono usare solo quelli destinati a trasportare mangimi, carcasse e liquami, e comunque bisogna procedere alle disinfezione regolare di tutti i mezzi. L'ordinanza dispone il divieto di ingresso negli allevamenti di qualsiasi persona, compresi i veterinari liberi professionisti, i tecnici di filiera, i mangimisti e di tutte le persone che non si occupano della gestione degli animali. Il divieto è esteso anche a cani e altri animali da compagnia o da reddito. Negli allevamenti è inoltre vietata qualsiasi manutenzione o lavoro non strettamente connesso ad interventi a garanzia del benessere animale. C'è di più: gli operatori che lavorano negli allevamenti devono indossare tute e calzari monouso e non aver visitato altre strutture nelle 48 ore precedenti e di non essere stati in boschi o luoghi in cui sia stata segnalata la presenza di cinghiali. Nella zona rossa sono vietate mostre, mercati, fiere, esposizioni e ogni altra manifestazione o aggregazione di carattere agricolo/zootecnico che coinvolga il settore suinicolo. https://lnkd.in/dr7JsyQA
Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi