Il mio percorso professionale mi ha permesso di esplorare l'impatto trasformativo delle tecnologie avanzate in vari settori. La mia fascinazione per l'intelligenza artificiale, in particolare, nasce dalla sua capacità di migliorare e trasformare le pratiche operative, inclusa la medicina. L'AI non è solo un'innovazione tecnologica; è un catalizzatore di cambiamento significativo che può rivoluzionare anche il modo in cui vengono fornite le cure mediche. Nel settore sanitario, l'AI promette di migliorare la precisione delle diagnosi, personalizzare i trattamenti e ottimizzare la gestione dei dati sanitari. Questo non solo potenzia gli operatori sanitari ma migliora anche l'esperienza dei pazienti, garantendo interventi più rapidi e accurati.
Post di Domenico Condelli
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Ci sono frontiere della comunicazione in emergenza che vanno esplorate. Ci vuole sempre la massima attenzione nel comprendere ed analizzare quale è il contesto in cui la IA può trovare facile ed efficace applicazione. Il contesto emergenziale e le peculiarità degli scenari locali che in fase di evento possono manifestarsi sono variabili non facili da decifrare. In ogni caso è una sfida aperta che va affrontata.
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L'intelligenza artificiale (IA) è sulla bocca di tutti. ChatGPT, assistenti vocali, veicoli autonomi: sembra che l'IA stia per rivoluzionare ogni aspetto della nostra vita. Ma dietro le quinte, la realtà è ben diversa. Un recente studio rivela che oltre l'80% dei progetti di IA fallisce, un tasso di insuccesso allarmante che solleva dubbi sul futuro di questa tecnologia. La causa principale di questo fallimento, secondo un recente studio pubblicato su RAND, è sorprendentemente semplice: spesso, le aziende si lanciano nello sviluppo di soluzioni di IA senza avere una chiara comprensione dei problemi che vogliono risolvere. Si concentrano sulla tecnologia, sulle sue potenzialità, sull'effetto "wow" che può suscitare, ma perdono di vista l'obiettivo finale. Ci sono poi quei casi in cui i progetti di IA falliscono perché l'organizzazione manca dei dati necessari per addestrare adeguatamente un modello efficace, oppure non dispone di un'infrastruttura adeguata per gestire i propri dati e implementare i modelli di IA completati, o ancora perché ci si aspetta che l'IA risolva problemi ancora fuori dalla suo portata. È come avere un martello potentissimo e cercare disperatamente un chiodo da piantare, anche dove non serve. L'IA, per quanto sofisticata, non è una bacchetta magica. Se non viene applicata al problema giusto, con obiettivi chiari e misurabili, è destinata a fallire. OpenAI, l'azienda dietro al celebre ChatGPT, ne è un esempio lampante. Nonostante il successo planetario del suo chatbot, l'azienda prevede perdite per 5 miliardi di dollari nel 2024. Un paradosso che dimostra come anche i progetti di IA più innovativi e promettenti possano scontrarsi con la dura realtà economica. La chiave del successo, secondo gli esperti, è semplice: prima di investire in tecnologia, bisogna investire in comprensione. Capire a fondo il problema, analizzarlo da ogni angolazione, definire obiettivi realistici e misurabili. Solo allora l'IA potrà esprimere il suo pieno potenziale, trasformandosi da un costo elevato in un investimento redditizio. L'intelligenza artificiale ha ancora un lungo cammino da percorrere. Le sfide sono molte, dai costi elevati alla mancanza di dati di qualità, fino ai limiti intrinseci della tecnologia stessa. Ma le opportunità sono altrettanto grandi. L'IA ha il potenziale per migliorare la nostra vita in modi che oggi possiamo solo immaginare. Per cogliere queste opportunità, però, è necessario un cambio di mentalità. Non basta più inseguire la tecnologia più avanzata, anche a costo di creare qualcosa di troppo estremo: bisogna partire dal problema, e usare l'IA come strumento per risolverlo. Solo così potremo trasformare l'IA da un sogno costoso in una realtà concreta e di successo. Voi che cosa ne pensate? Diteci la vostra nei commenti qua sotto.
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Un sito web nuovissimo e accattivante che spiega in maniera semplice ciò di cui mi occupo
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Interessante visione del prossimo futuro e sulla battaglia tecno-politica che si sta profilando (o meglio, che sta proseguendo) sulla conquista all'AI. Direi che dopo gli anni della conquista dello spazio, poi dell'informazione e di internet, la prossima sfida sia questa.
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Michele Tamburelli ci da' in questo suo articolo una prospettiva interessante, e devo dire inedita, rispetto ai rischi, ma anche alle opportunità, legate all'adozione dell'AI nei luoghi di lavoro
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“Un viaggio nel cuore della tecnologia del futuro” è il nuovo libro del maestro Sergio Bellucci. Ne da qualche anticipazione nella seguente intervista.
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Questo articolo avvia un dibattito rilevante e multidimensionale sull'inesistenza biologica del concetto di razza, offrendo spunti per un'analisi approfondita e originale. Esplorare questo tema comporta una riflessione accurata sulla tensione tra semplificazione e complessità nei modelli di categorizzazione umana. La persistente applicazione del concetto di razza in medicina, nonostante le evidenze scientifiche che ne smentiscono la fondatezza, appresenta un esempio emblematico di come le pratiche sociali e culturali possano influenzare le scelte scientifiche. In questo contesto, è decisivo adottare un approccio epistemologico critico, capace di discernere tra modelli euristici e bias strutturali, per evitare che categorie socialmente costruite vengano impiegate come strumenti di discriminazione travestiti da oggettività scientifica. La proposta di una medicina "race conscious", in contrasto con la medicina "race based", solleva interrogativi etici che meritano un'analisi accurata, anche attraverso il concetto di ingiustizia epistemica elaborato da Miranda Fricker e che si manifesta in due forme principali: testimoniale, quando il contributo di un individuo viene svalutato a causa di pregiudizi, ed ermeneutica, quando a un gruppo manca la capacità concettuale di comprendere o esprimere adeguatamente le proprie esperienze. In ambito medico, l'ingiustizia testimoniale si concretizza quando le esperienze dei pazienti appartenenti a minoranze etniche vengono ignorate, mentre l'ingiustizia ermeneutica emerge quando mancano gli strumenti concettuali necessari per interpretare correttamente tali esperienze. Tutto ciò evidenzia l'esigenza di integrare le scienze biomediche con le scienze sociali per sviluppare pratiche cliniche sensibili alla diversità culturale. Un ulteriore aspetto riguarda la necessità di rivedere il linguaggio scientifico; il passaggio dal concetto di "razza" a quello di "ascendenza genetica" implica una trasformazione epistemologica che richiede una comprensione più sfumata della ricchezza umana, sia dal punto di vista storico che biologico. È fondamentale evitare il determinismo genetico, concentrandosi sulla relazione dinamica tra geni, ambiente e cultura, riconoscendo la diversità come il risultato di interazioni complesse, anziché di divisioni rigide. Riflettere su come una nuova visione della diversità culturale possa contribuire a ripensare le basi della nostra società è essenziale.
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