📌 In questo inizio 2025: Trump ha mantenuto la promessa di uscita dall’Accordo di Parigi, il mondo della finanza e le aziende sembrano allontanarsi dai temi della sostenibilità, in molti Paesi europei il Green Deal appare sotto attacco e abbiamo avuto conferma che il 2024 è stato l’anno più caldo di sempre. Si apre così la nostra newsletter di oggi, la prima del 2025, dove parliamo di competitività dell’industria italiana ed europea, Green Public Procurement, politica monetaria della BCE e tanto altro. 👉 Leggila qui https://lnkd.in/dZp9zyjH 👉 Iscriviti per ricevere le prossime uscite https://lnkd.in/dMR_GQmk
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Nel corso della #FinanceCommunityWeek, decisamente interessante l’#outlook offerto da primari e qualificati operatori del #privatecapital su #Economia ed M&A per i prossimi dodici mesi. Davvero prezioso l’intervento di apertura di Gregorio De Felice che argomenta pregevolmente il post-Trump (i combustibili fossili e le nuove politiche commerciali, la politica monetaria delle Banche Centrali nel b/t, ottimismo in #FED e incertezza in #BEI), una scossa che può esser comunque utile alla #UE per prendere importanti decisioni strategiche (incentivi a investimenti e consumi, più innovazione tecnologica e pragmatismo sugli obbiettivi di riduzione dei costi energetici) ed evitare - o allontanare il più possibile - il rischio di declino politico ed economico a favore di USA e Cina. In Italia si spera che l’attuale incremento dell’occupazione determini un incremento dei consumi per il 2025, mentre il #PNRR può sostenere gli investimenti anche se è pesante, ad oggi, il ritardo accumulato sugli investimenti tipicamente pubblici. Marco Perelli-Rocco è ottimista sul 2025, sulla scorta del forte aumento di volumi e transazioni di M&A registrato nel secondo semestre dell’anno. Servono più innovazione e tecnologia per stare al passo delle superpotenze? Il dato sugli #investimenti in #AI è però disarmante - spiega #MaximoIbarra - poiché se la Cina ha sinora investito oltre 100 miliardi di dollari e gli USA oltre 300 miliardi, la UE è ferma a soltanto 20 miliardi. E certamente non aiuta il freno legislativo e burocratico che la UE ha sinora creato sulla gestione e la conservazione dei dati (al contrario di USA e Cina, dove la legislazione è ampiamente più permissiva). Quali i #trend e le maggiori #opportunità? Innovazione tecnologica, Transizione Energetica e Sistemi di Sicurezza. Ce lo ha detto già Mario Draghi nel suo report alla UE. Grazie a Financecommunity.it per l’invito ed a tutti gli altri relatori. #mergerandacquisition #corporatefinance #economics #financialinvestors
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Il 2025 sarà un momento di svolta per il progetto europeo e secondo gli analisti di S&P Global Ratings l’incertezza sulle previsioni è elevata poiché i nuovi leader di Stati Uniti, Unione Europea e Germania decideranno su dazi, difesa e politiche fiscali proprio all’inizio del prossimo anno. Iscriviti alla Newsletter per rimanere sempre aggiornato sul mondo dei mercati, dell'economia e della consulenza finanziaria. Iscriviti Compilando il presente form acconsento a ricevere le informazioni relative ai servizi di cui alla presente pagina ai sensi dell'informativa sulla privacy.
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Grandi imprese e voto in Europa: ricreare una cultura dello sviluppo e della crescita. Spetterà alle grandi istituzioni finanziarie (le banche) e alle imprese industriali battere il tempo dell’innovazione, della transizione digitale e di quella ecologica, ne scrivo qui e sul Corriere della Sera
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“Per la crescita europea, la creazione di un #mercatounico dei capitali è sia fine che mezzo. Canalizzare il risparmio delle famiglie verso l’economia e gli investimenti è infatti cruciale sia per sostenere la competitività delle nostre imprese sia per fronteggiare le nuove sfide di sicurezza economica e #transizione climatica e digitale. Regolazione ancora parzialmente nazionale, diversi sistemi di tassazione del risparmio, assenza di fondi pensione e carenza di incentivi adeguati sono alcuni dei fattori alla base dell’inadeguatezza dei #MercatiFinanziari europei, oggi frammentati e quindi spesso poco profondi. Trovare una soluzione però è possibile, come illustrato dal #RapportoDraghi e dal #RapportoLetta”. L’articolo a firma di Fabrizio Pagani, partner VITALE sul Il Sole 24 Ore
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Dopo l’AllianzGI Market Talk di oggi, il nostro approfondimento sui mercati continua con la prima House View del 2025 🔍. Quali sono le prospettive nelle principali aree geografiche 🗺️? Partiamo dal possibile “effetto Trump”: le agevolazioni fiscali per le aziende e la deregolamentazione promesse dalla nuova amministrazione rappresenteranno, con molta probabilità, dei fattori positivi per il mercato USA, anche se non bisogna trascurare l’impatto inflazionistico dovuto all’aumento della spesa. Sul versante europeo, oltre ai condizionamenti dei dazi USA, mettiamo in preventivo una crescita anemica, e quindi un approccio ancora accomodante da parte della BCE che proseguirà la politica già avviata nel 2024 sui tagli dei tassi. Anche lo scenario asiatico, con un particolare focus su Cina e Giappone, sarà verosimilmente segnato da una politica di stimolo da parte dei governi e delle banche centrali, con mirate azioni di sostegno. Dove vediamo potenziali opportunità di investimento ✅? Scoprilo sul nostro sito 👉🏻 https://lnkd.in/dRZQcSYT #AllianzGI #HouseView2025 #MercatiFinanziari
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📅 Il 22-23 luglio in Brasile si terrà l’incontro dei Ministri delle finanze e dei Governatori delle Banche Centrali dei Paesi G20. Questa occasione sarà fondamentale per portare avanti riflessioni e impostare nuove linee guida su come finanziare la transizione e gestire i crescenti rischi climatici. Oltre alle politiche monetarie, le Banche centrali dispongono di una leva formidabile, se ripensata: le politiche macroprudenziali. Leggi il rapporto “Rischi climatici e requisiti di capitale delle banche” scritto da mario noera per approfondire come le politiche macroprudenziali possono sostenere la transizione👇 https://lnkd.in/dcNx39Kt
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Mentre in Europa assistiamo ad una sorta di accanimento terapeutico per accelerare sempre più i target di decarbonizzazione e rafforzare gli strumenti burocratici che servono per imporla, nonostante i danni arrecati a parti sempre più significative dell'economia europea, dall'altra parte dell'oceano la situazione appare molto diversa Talmente differente che la maggiore banca americana oggi lancia un appello per un reality check sul phase out dei combustibili fossili JPMORGAN in un report inviato ai clienti afferma una cosa molto semplice e molto ovvia In un mondo che già ha difficoltà con inflazione, debito pubblico, rischi geopolitici, l'occidente non può permettersi di spendere 3-4 trilioni l'anno per inseguire l'obiettivo di net zero (che poi aggiungo io sarà totalmente inutile se Cina ed India continueranno ad aumentare le loro emissioni... Cambiare il sistema energetico mondiale “è un processo che andrebbe misurato in decadi o generazioni, non in anni” afferma la banca americana E la banca prevede ancora che i vari governi saranno costretti ad abbandonare gli obiettivi ambiziosi che si sono dati in termini di decarbonizzazione, e che stanno diventando sempre più irrealizzabili anche per via dei tassi di interesse più elevati che rendono antieconomici molti progetti "green" Cosa dire ? Quanto affermato in questo report di JPMORGAN è talmente ovvio che si stenta a comprendere come una certa leadership (e qui mi riferisco soprattutto all'Europa) abbia potuto ideare ed imporre in modo perentorio e autolesionista obiettivi irraggiungibili, insistendo poi negli errori nonostante appaia sempre più evidente l'inutilità degli sforzi nonché i danni economici e sociali provocati da certe politiche E devo dire che, guardando alle prossime elezioni europee e alle ricette economiche proposte in questi giorni da illustri personaggi che si sono autocandidati ai vertici dell'UE (senza peraltro passare per il vaglio elettorale che dovrebbe essere un passaggio obbligato in qualunque democrazia), lo scenario è davvero sconfortante !
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Le incognite sulla crescita di Federico Fubini - Corriere della Sera - 2 Nov 2024 La crescita non c’è più. Eppure nelle pause degli incontri del Fondo monetario internazionale, la scorsa settimana a Washington, i delegati italiani hanno mostrato una certa ragionevole fiducia: nel 2025 il deficit pubblico potrebbe scendere entro il 3% del prodotto interno lordo. Se andasse così, il Paese potrebbe uscire dalla procedura europea sui conti un anno prima. Gli effetti si vedono in un costo del debito che rimane stabile sui mercati, malgrado le tensioni recenti sui titoli di Parigi e Londra. Resta però da capire se persino l’Fmi non sia stato troppo ottimista. La settimana scorsa ha previsto per il Paese una crescita quest’anno dello 0,7%, in frenata sul 2023 e ben sotto l’obiettivo di 1% per il governo. Oggi però a Roma si firmerebbe subito per una conferma della stima dell’Fmi, perché l’alternativa è peggio: nel terzo trimestre la dinamica dell’economia è stata piatta, dunque la crescita cumulata a fine settembre è di 0,42%. Dopo un rimbalzo post-pandemico più rapido di quello di Francia e Germania, l’Italia sembra avanzare nel 2024 a velocità dimezzata rispetto agli obiettivi ufficiali. Siamo a un cambio di stagione? Recessione Nel Paese si sta consumando, nell’indifferenza di molti, una crisi industriale seconda solo a quella seguita al crac Lehman. Da novembre 2022 all’agosto scorso, il fatturato manifatturiero è sceso dell’8% (stime da Istat). Ad andare particolarmente male non sono solo settori in declino storico come il tessile (-24%) ma anche quelli che consumano più energia: metallurgia (-15%), gomma e plastica (-14%), autoveicoli (-23%). Parte del problema è indiscutibilmente dentro al Paese. Massimo Beccarello dell’università Bicocca mostra che in Italia il costo della materia prima elettrica (prima di tasse e altri oneri) è triplo rispetto alle medie scandinave, il doppio di Spagna e Francia, un terzo più della Germania. E poiché l’Europa ha prezzi elettrici nettamente più alti di Asia e Nord America, l’Italia compete per la bolletta elettrica più cara al mondo. Accelerare sulle rinnovabili aiuterebbe. Eppure il recente Testo unico di governo in materia, così come i decreti su aree idonee, agricoltura e ambiente creano in questa fase un rallentamento. Ma non è solo una questione interna. La frenata dell’industria oggi è un problema globale. Gli indici di fiducia del manifatturiero danno cali in Germania, Francia, Stati Uniti, Giappone, Gran Bretagna, Corea del Sud, Messico e Turchia, mentre persino la Cina è sul filo. In questo quadro l’export italiano va francamente male: in agosto -6,7% in valore sull’anno prima (in volume, crollo a doppia cifra), per un quarto provocato dagli Stati Uniti. Dopo il Covid i consumatori semplicemente vogliono meno prodotti — in proporzione — e più servizi: più esperienze (...) Continua la lettura sulla pagina facebook de Il giornale dei giornali
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Si legge in un’analisi pubblicata oggi dal centro studi di Confindustria, che a frenare la nostra crescita sono 3 fattori: un costo dell’energia ancora troppo elevato per l’industria, il phase-out dall’effetto Superbonus e le persistenti strozzature nei commerci internazionali, vedasi le tensioni geopolitiche nel Mar Rosso.
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#Innovazione e #mercato dei capitali, tecnologia europea e risparmio tradito, temi che conosciamo bene in Italia, ma che in Europa sono sempre più urgenti. Oggi la #BCE ha fatto il punto, senza sconti https://lnkd.in/dxEEaXAF
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