𝗧𝗿𝗼𝗽𝗽𝗶 𝗰𝗮𝗺𝗯𝗶 𝗼𝗽𝗽𝘂𝗿𝗲 𝗻𝗼? Quando presentiamo candidati nell’ambito di nostri progetti di executive search, alcune aziende non vedono di buon occhio le persone che hanno maturato molte esperienze, anche con cambiamenti frequenti nella loro carriera. Noi professionisti dobbiamo accertarci che il pregiudizio non influenzi la valutazione, ma anche i candidati possono affrontare il tema con qualche accortezza per limitarne l’impatto. - Evidenziare la crescita professionale: ogni esperienza ha arricchito le vostre competenze e capacità di adattamento - Ricerca di nuove sfide: i cambiamenti sono stati guidati dalla ricerca di nuove opportunità di sviluppo - Valore aggiunto della diversità: è utile sottolineare l'importanza di aver lavorato in contesti e settori diversi, anche per sviluppare la flessibilità - Coerenza con gli obiettivi aziendali: collegare le diverse esperienze maturate con gli obiettivi da perseguire nella nuova posizione Cosa ne pensate? Quali sono le vostre esperienze? #LeanRecruitment #executivesearch #praxihr #praxi
Una volta mi è capitato di voler anticipare la domanda del mio interlocutore "come mai tutti questi cambiamenti?", esponendo subito le motivazioni del candidato nei vari passaggi. Il cliente mi ha ringraziato per il chiarimento, dicendosi non preoccupato: "i cambiamenti in taluni casi sono comprensibili, se non ammirevoli". Questo riferendosi in particolare alla capacità di interpretare l'andamento dell'azienda e del mercato di riferimento, saper riconoscere i trend e valutare le scelte strategiche, oltre alla ricerca di progetti e opportunità di sviluppo personale. In sintesi, è preferibile evitare facili (pre)giudizi e prendersi il tempo di ascoltare i candidati, perché le motivazioni dei cambiamenti possono dirci molto della persona che abbiamo di fronte, di cosa cerca e di cosa si aspetta.
Bel tema. Non credo si possa fare un discorso generalizzato: azienda, suo environment, tipo di ruolo, mission sono tutte variabili che hanno un loro peso nello stabilire o meno un profilo ideale e che talvolta possono rendere preferibile la “multi-experience” rispetto alle permanenze di lungo periodo. Voglio però essere onesto: dopo oltre 25 anni da CEO in aziende di diverse dimensioni, dato che ritengo che selezionare ed assumere sia stata di gran lunga l’attività in cui sono stato più impegnato, mentirei se non ammettessi che ho sempre “visto di buon occhio” i candidati che si presentano - specie, ma non solo, per ruoli apicali - con un cv fatto di poche e lunghe permanenze. A “parità di tutto il resto” attribuisco a questa caratteristica un discreto peso specifico.
buongiorno Fabio, ritengo che per certi ruoli sia assolutamente necessario aver visto realtà diverse. Certo un periodo inferiore a 2 anni in una azienda non è da considerarsi (salvo eccezioni tipo fusioni e accorpamenti) come un periodo sufficientemente adeguato per aver realizzato qualcosa in positivo e negativo. Una ottima esperienza è comunque sui 6-7 anni dopo di che si potrebbe avere un effetto di minor stimoli e risultati. Ma la parte difficile è la vostra, ovvero leggere i cv e capire i candidati.
Grazie Fabio Sola per questo post stimolante! Hai toccato un tema cruciale per chi come noi opera nel mondo delle risorse umane. È vero che molte esperienze possono suscitare perplessità, ma se ben raccontate, possono diventare un punto di forza straordinario. La crescita professionale, la ricerca di nuove sfide e la diversità di contesti lavorativi sono tasselli fondamentali per costruire una carriera solida e versatile. L'importante è sempre collegare queste esperienze agli obiettivi aziendali. Personalmente, credo che l'adattabilità e la capacità di reinventarsi siano qualità da valorizzare sempre. #ExecutiveSearch #Carriera #RisorseUmane #CrescitaProfessionale #DiversitàEsperienze #wepraxi PRAXI PRAXI Alliance
Tra bias e pregiudizi chi ne ha più ne metta! La realtà, almeno al di fuori dei nostri confini, ci dice che le aziende spesso apprezzano più i candidati con esperienze plurime perché li reputano più idonei e flessibili ad adattarsi ad una nuova realtà. Anche perché di norma tante esperienze diventano “esperienza”. Da noi purtroppo sono visti solo e soltanto come soggetti “difficili”. Perché a volte, spesso direi, si preferiscono le scorciatoie allo scrupoloso lavoro di selezione.
Scusate se mi permetto , io sono appunto una di quei curriculum lunghissimi (sarebbe di 8 pagine ma sono riuscita a portarlo a 4 ) e sinceramente non facile tutte le volte che faccio un colloquio dover affrontare appunto la fatidica domanda " ma come mai tutti questi lavori?" Io ho lavorato e sto lavorando anche se in quest momento sono disoccupata con tante agenzie per il lavoro ma quasi sempre per picchi di lavoro e laddove invece si poteva prospettare il tanto sognato tempo indeterminato o comunque una assunzioni da parte di una azienda in maniera diretta il mio sogno si infrangeva sul " sai ci dispiace tanto ma in questo momento abbiamo un calo di lavoro e quindi non possiamo tenerti". E quindi che fare? Ci si rimette in cerca, ma appunto la cosa avvilente è che sicuramente chi mi sta facendo il colloquio magari non crede neanche più di tanto che siano stati contratti per picchi di lavoro pe e che io abbia messo tutta me stessa in quel lavoro e vedere l'incredulità sul volto di chi ti ascolta.......... vi assicuro che non è molto confortante.
Nel mercato del lavoro odierno non ci si dovrebbe più stupire, a mio parere, per la moltitudine di esperienze, talvolta anche piuttosto brevi. Credo sempre nella "bontà " di quanto dichiarano i candidati e penso che noi HR possiamo chiarire con loro durante i colloqui conoscitivi eventuali dubbi scaturiti dal cv...spesso i candidati hanno piacere di condividere le loro esperienze, ma occorre astenersi dal giudizio, ascoltarli davvero e soprattutto usare una giusta dose di "tatto" quando appaiono reticenti ad affrontare alcuni temi, in particolare se afferenti più alla sfera personale. Grazie Fabio Sola per gli interessanti suggerimenti!
Condivido pienamente, Fabio 👏🏻 E aggiungo anche la creatività, il pensiero laterale e la capacità di entrare nel ruolo molto velocemente, in quanto, imparando continuamente, la mente è più aperta ad assorbire nuovi concetti. Penso che questi profili ora vengono valorizzati meglio rispetto al passato principalmente per due motivi: 1. Promuovono diversità, non solo in termini numerici ma soprattutto culturali, 2. Portano innovazione e, di conseguenza, successo all’azienda.
Digital Business Partner FSTechnology SpA
3 mesiUn tema complesso. Parlo a titolo personale. Sono uno di quelli che si è ritrovato a cambiare per diversi motivi: titolari di azienda (bottegai) che portano avanti la "pupilla" della situazione e che ti mettono in cattiva luce per non essere messe in discussione; chiusure aziendali per scelte poco lungimiranti (tipiche meridionali); non pagano o pagano male (realtà tristi meridionali); ricerca di miglioramento professionale. Tutto questo mi ha portato ad un arricchimento professionale e ad una conoscenza dei diversi settori aziendali. La difficoltà più grande l'ho proprio riscontrata con i vari recruiter ai colloqui spesso pieni di pregiudizi e poco propensi all' ascolto.