Una chiara retromarcia. Ieri (9 gennaio) la Cgil aveva denunciato il cambiamento da parte dell’Inps dei requisiti per il raggiungimento della pensione anticipata che nei propri applicativi veniva spostata in avanti: dal primo gennaio del 2027 sarebbero infatti serviti 43 anni e un mese di contributi. Peggio ancora dal 2029, quando il requisito sarebbe aumentato ulteriormente a 43 anni e 3 mesi. Stesso destino per le pensioni di vecchiaia, con l'età minima che passa da 67 anni e 3 mesi nel 2027 e a 67 anni e 5 mesi nel 2029. Il sindacato di corso d’Italia “ribadisce la correttezza della propria denuncia pubblicata ieri in merito ai nuovi requisiti pensionistici a decorrere dal 2027, come risultava su tutti gli applicativi Inps”. https://lnkd.in/dG2Q2ZDZ
Post di Fisac Cgil UniCredit
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Il dossier della manovra è stato chiuso dal Parlamento quasi sul filo di lana alla fine dello scorso mese di dicembre con un sostanziale “nulla di fatto”, o quasi, sulle pensioni. Che hanno visto la sostanziale conferma dei canali di uscita previsti per il 2024 accompagnata da qualche piccola novità e alcuni aggiustamenti. Ma il cantiere previdenza ha già subito un nuovo scossone. Con l’accusa della Cgil all’Inps di aver già inglobato negli “applicativi” l’adeguamento all’aspettativa di vita che dovrebbe far salire nel 2027 di tre mesi le “soglie” per l’uscita anticipata con i soli contributi versati (quella a prescindere dell’età) e per il pensionamento di vecchiaia. Un’accusa immediatamente e seccamente respinta dall’Istituto presieduto da Gabriele Fava. L’Inps, si legge in una nota, «smentisce l’applicazione di nuovi requisiti pensionistici» e «garantisce che le certificazioni saranno redatte in base alle tabelle attualmente pubblicate». Il governo, per altro, non si è ancora pronunciato ufficialmente, e senza una sua indicazione non può scattare alcun adeguamento. Che, sulla base delle proiezioni arrivate nei mesi scorsi dall’Istat, con ogni probabilità ci sarà facendo salire di alcuni mesi il limite per l’anticipo con i soli contributi versati e per beneficiare del trattamento di vecchiaia. Anche se il sottosegretraio al Lavoro, Claudio Durigon, sostiene che l’aumento dei requisiti non ci sarà.
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Dal 2027 per accedere alla pensione di vecchiaia bisognerà avere 67 anni e 3 mesi di età e, invece, 43 anni e un mese di contributi per quella anticipata. La Cgil è preoccupata per il cambio degli applicati con nuovi requisiti pensionistici. Dal 2029, addirittura, aumenterà il requisito contributivo a 43 anni e 3 mesi. Ecco cosa cambia
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Non si è ancora spenta la polemica tra INPS e CGIL sugli aumenti dei requisiti di accesso alle pensioni. Ora emerge un altro dato allarmante destinato a far discutere. Infatti, secondo alcuni scenari molto verosimili, le pensioni di vecchiaia e quelle ordinarie saliranno sensibilmente nei prossimi anni. Parliamo di requisiti anagrafici e contributivi per accedere alla pensione. Con notizie allarmanti per chi andrà in pensione in futuro, giovani e meno giovani di oggi. Pensioni, salgono i requisiti, età a 68,1 anni e contributi a 43,11, ecco le ultime stime
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CHI VUOL ESSERE PENSIONATO Nei giorni scorsi i vertici dell'INPS, auditi in commissione alla Camera, hanno "lanciato un allarme", se vogliamo dire cosi, evidente da tempo. I conti della previdenza ordinaria già nel 2030 sono destinati a finire in rosso per almeno 20 miliardi perché il modello attuale non è più sostenibile. Il calo delle nascite unito ad un aumento della longevità determinano una inversione della piramide demografica letale: ci sono molti più pensionati che giovani a versare contributi. E sarà sempre peggio. Per questo dovremmo fare entrare legalmente immigrati e farli lavorare in regola. Nell'interesse nostro, mica solo il loro. E comunque non basterebbe. A questo si unisce il fatto che i giovani d'oggi lavorano in maniera discontinua, hanno 150 tipi di contratti saltuari diversi e quindi versano pochi contributi. Insomma, per un trentenne di oggi la pensione è un miraggio. Per questo andrebbero orientate le persone verso altre forme di previdenza complementare o investimenti di lungo periodo. Eppure secondo l'ultima relazione Covip solo il 19% degli Under 35 ha un fondo pensione. Il governo dovrebbe studiare maggiori incentivi e parlarne di più. Del resto che i conti dell'INPS non reggeranno l'hanno detto i vertici INPS alla Camera. Non è chiacchiera da bar.
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Posso dire che l'INPS è in affanno? AH, NO? copio incollo. Mi tocca fare copia incolla. Secondo il simulatore Inps “Pensami” appena aggiornato con le nuove regole della legge di Bilancio, un uomo nato all’inizio del 1994 che ha cominciato a lavorare nel 2022 andrà in pensione nel 2063, a 70 anni di età (che diventano 74 se non riesce a versare almeno 20 anni di contributi). La crisi del nostro sistema pensionistico è la crisi di una politica clientelare che non ha voluto intervenire per modificare le regole di un metodo di calcolo “retributivo” troppo vantaggioso sia in termini di età pensionabile che di valore degli importi. Le riforme degli anni ’90 hanno provato ad arginare il fenomeno senza però toccare il valore degli assegni, mantenendo il privilegio retributivo per quella parte di anni già lavorati nel vecchio sistema. Il risultato: oggi siamo il secondo paese al mondo per spesa pensionistica in rapporto al PIL (16.3%) e questa quota inizierà ad abbassarsi solo dal 2040 cioè quando non ci saranno più le “vecchie” pensioni da pagare.
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MOLTO RUMORE PER NULLA In avvio d’anno una notizia ha suscitato un notevole vespaio in Italia: dal 2027 dovremo attendere tre mesi in più per andare in pensione. Lo stabilisce la riforma Fornero, tramite un automatismo agganciato all'aspettativa di vita. Poiché si vive di più, si può (e si deve) lavorare di più e il vitalizio maturerà più tardi. Sorvoliamo sulle polemiche che si sono generate e andiamo al nocciolo della questione. In un mondo ideale è comprensibile che i cittadini aspirino a godersi il prima possibile il meritato riposo, anziché trascinarsi in ufficio alla soglia dei settant'anni. In quello reale è inutile rimpiangere l’epoca in cui ci si ritirava a ridosso dei sessanta, con buona pace dei bilanci statali. Erano altri tempi e le conseguenze di quelle scelte le stiamo tuttora pagando in termini di debito pubblico. Che, per inciso, ha drammaticamente sfondato il tetto dei 3.000 miliardi di euro. Con i pochi soldi disponibili dobbiamo far funzionare un welfare sempre più vorace. E dunque? Dunque, rimbocchiamoci le maniche, abbassiamo i toni e, se proprio vogliamo una pensione anticipata, mettiamo da parte un tesoretto. Si chiama previdenza integrativa. Asfalia Asfalia Prime Broker IN Prime Agency Beside Insurance Solution https://lnkd.in/d5u9GRJ8
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Dai numeri statistici dei lavoratori che nell’ultimo periodo sono andati a riposo con la pensione di Quota 103, cioè con la misura per quotisti attualmente in vigore, è emerso il flop della misura. Flop significa che, rispetto alle misure che l’hanno preceduta, cioè rispetto a Quota 102 o ancora di più a Quota 100, i lavoratori che scelgono la Quota 103 per uscire dal lavoro sono davvero pochi. In effetti, è stato Pasquale Tridico, Presidente dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale (INPS), a confermare questo flop.
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Come cambiano i coefficienti di trasformazione 2025? Il primo gennaio di quest’anno sono entrati in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione in rendita INPS_official. Si tratta dei parametri che vengono usati per trasformare in pensione la somma dei contributi che abbiamo versato. Questi coefficienti non sono fissi, ma ogni due anni vengono adeguati in funzione dell’attesa di vita: se si vive di più, la #pensione dovrà essere un po’ più bassa, perché verrà goduta per un maggior numero di anni. #previdenza #alleataprevidenza #EducazioneFinanziariaAssicurativa
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Pensioni: età pensionabile in aumento, si andrà in pensione sempre più tardi Il simulatore pensionistico INPS PensAMi è stato aggiornato con le nuove stime sulle aspettative di vita, che mostrano un prolungamento della vita lavorativa fino a quasi 70 anni per le nuove generazioni. Un lavoratore di 30 anni entrato nel mondo del lavoro a 25 anni andrà in pensione di vecchiaia a 69 anni e 10 mesi, quasi tre anni più tardi rispetto all'attuale requisito dei 67 anni. Anche i requisiti per la pensione anticipata ordinaria saliranno progressivamente, con un lavoratore di 30 anni che potrà andare in pensione con 45 anni e 8 mesi di contributi. L'aumento dell'età pensionabile è in linea con le ultime riforme pensioni, che mirano a garantire la sostenibilità dei conti pubblici a discapito dei lavoratori più giovani. Il Governo sta lavorando a una nuova riforma delle pensioni, ma le prospettive non sono particolarmente rosee per i pensionandi e i pensionati di domani.
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Stabilità del sistema pensionistico. A seconda del caso riceviamo informazioni rassicuranti o preoccupanti. Per il presidente del CIV INPS il sistema pensionistico è sostenibile: basta aumentare il numero dei lavoratori attivi e creare lavoro di qualità con redditi superiori. Algebricamente è corretto. Ma… La dinamica dei redditi potrà certamente essere migliore rispetto al passato ma ad oggi registriamo quella più scarsa a livello europeo negli ultimi 30 anni. L’incremento del tasso di attività attuale è tra i più bassi d’Europa. Naturalmente la progressiva scarsità di persone in età da lavoro legata ad una dinamica particolarmente avversa partita oltre 30 anni fa, porterà a far crescere salari e partecipazione, ma poi dovrà fare i conti con una popolazione che in 15 anni perderà oltre 5 milioni di potenziali lavoratori. Già oggi c’è uno squilibrio tra contributi previdenziali versati e trattenuti dai lavoratori e prestazioni pensionistiche erogate. Il disavanzo è integrato con quasi 40 miliardi di euro l’anno dallo Stato, ovvero dalla fiscalità generale. E nel 2050 avremo più pensionati che lavoratori. A rimettere in fila tutte le cose per rendere sostenibile il nostro sistema serve ben altro che auspicare che si lavori e si guadagni di più.
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