INSULTI A LILIANA SEGRE, FONDAZIONE FOSSOLI: LE INGIURIE NEI CONFRONTI DELLE VITTIME DELLA SHOAH NON SONO MAI GIUSTIFICABILI
Liliana Segre è un’amica della Fondazione Fossoli. Ma anche non lo fosse, saremmo comunque intervenuti per affermare che è venuto il momento di tracciare una linea netta da non oltrepassare, perché la situazione sta degenerando in maniera non più tollerabile”: a dichiararlo è la presidente della Fondazione, Manuela Ghizzoni, che interviene a seguito degli insulti rivolti per mezzo social network alla senatrice.
La Fondazione non può assistere in silenzio alla crescente ondata di risentimento della quale è bersaglio Segre.
Se il dibattito, anche acceso, sulle complesse e dolorose questioni del conflitto tra Israele e Palestina è legittimo; se il confronto di idee e visioni anche radicalmente contrastanti rappresenta il lievito della democrazia; se accadimenti della portata di quelli che stanno avvenendo in quei territori interroga la coscienza di ogni cittadino; tutto questo non può, in nessun caso, legittimare insulti e aggressioni verbali a coloro che, vittime della persecuzione nazifascista, sono sopravvissute.
Va detto con chiarezza: il tono dei commenti in questione è esattamente antisemita. Non si tratta infatti di critiche nei confronti della politica di Israele, che come detto sarebbero legittime, bensì di espressioni limpidamente antisemite poiché esprimono pregiudizio, ostilità e violenza verbale a Segre per le sue origini ebraiche.
Occorre che tutti gli uomini e le donne di buona volontà, le istituzioni e l’associazionismo si facciano sentire, per ribadire che c’è una linea invalicabile, che le vittime di ieri non possono diventare i bersagli di oggi, che ognuno ha diritto a esprimere la propria opinione senza per questo divenire l’obiettivo sul quale sfogare la frustrazione e la rabbia per un conflitto che così tanto dolore sta causando anche in chi lo osserva da lontano.
D'altronde come possiamo anche soltanto sperare che israeliani e palestinesi trovino il modo di riprendere un difficilissimo percorso di dialogo per la costruzione di quella pace che ora sembra così lontana, se noi per primi, dalla comodità delle nostre società ordinate e sicure, non riusciamo a confrontarci senza cedere all’odio e alla violenza, che, seppur verbale, rimane tuttavia violenza?
Inoltre non è insultando una donna reduce dai Auschwitz che si può in alcun modo giovare la causa palestinese.
Per quanto possa essere estremamente complesso, occorre ritrovare la strada del dialogo, anche nelle nostre comunità, in Italia ed Europa. Ma per farlo, il prerequisito è che si stigmatizzino senza mezzi termini episodi come gli insulti a Liliana Segre, perché soltanto da questa base comune può iniziare un confronto. È nostra responsabilità, come cittadini e organizzazioni, perché, se non saremo in grado di farlo, il rischio è di aggiungere, alla lunga lista delle vittime di questo terribile conflitto, anche la nostra capacità di convivere.
Avv. Enrico Pucci
2 mesiUn Eroe al femminile. Si abusa tanto di questo sostantivo, ma quando ci vuole, ci vuole.