Credo di aver commesso un errore nelle mie Valutazioni non di Quantità ma di Qualità, nel senso che l'errore che viene commesso nel giudicare la mia Teoria non valida/non appropiata/non meritevole o non voler considerare la Teoria etc... non ha nulla di personale verso la mia persona per cui rimaniamo estranei, ma è data da forme d'interesse coscienti o inconscie. E' interessante allora riagganciarsi a quanto detto negli altri post e su come l'interesse abbia forme inconscie che pregiudicano il progresso Scientifico oltre ovviamente a quelle coscienti. La capacità di stabilire queste due forme cambia la prospettiva della Relazione.
Post di Gabriele Martino
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Et in lapsu veritas. Lo spettacolino dei prof che nella cosiddetta “sala prof” si divertono evocando gli errori madornali commessi dai loro studenti fa - diciamo la verità - francamente pena ecc. E con ciò questo post potrebbe finire qui. Se non fosse che l’altro giorno un mio alunno si è prodotto in una clamorosa toppata con la quale però è riuscito nell’impresa di riportare alla luce un reperto di verità purissima. Argomento dell’interrogazione: Aristotele: Analitica e Filosofia prima (dei nomi “Logica” e “Metafisica” non v’è traccia nelle opere dello Stagirita). Domanda: illustra la “Logica del concetto” (altra espressione non aristotelica). Dopo aver lumeggiato non senza fatica le relazioni logiche tra i generi e le specie, lo studente ha spiccato il volo verso il sole dei “generi sommi” (le famigerate “categorie”). Ma iniziando la discesa verso il fondo dell’“imbuto” (così – secondo un altro studente – la scala o piramide dei concetti), è incorso – come già l’ignaro Icaro – in una caduta verticale e invece di parlare di quella che certi manuali chiamano la “specie infima” (ontologice: la “sostanza prima”, il “tode ti” e insomma l’individuo) se n’è uscito con l’espressione “specie inferma”. Geniale! Perché in quanto individui sublunari - crocifissi al "principium individuationis" - che cosa siamo se non miseri enti “infermi”, sempre manchevoli e vuoti, feriti e vulnerati (dentro e fuori), fratturati, zoppicanti e striscianti verso la nostra ineluttabile phthorà? (Il “professor publicus” non può non sottolineare l’errore, ma quello “esoterico” di pessimismo segretamente approva).
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Le quattro regole del metodo di Descartes fondamenti del metodo scientifico moderno: 💡 Accettare come vero solo ciò che è evidente: accettare solo ciò che si presenta alla mente in modo chiaro e distinto. 💡 Dividere i problemi: suddividere ogni problema in tante piccole parti per risolverlo meglio. 💡 Ordinare i pensieri: procedere dai pensieri più semplici e facili da conoscere a quelli più complessi. 💡 Fare enumerazioni complete: fare revisioni così complete da essere sicuri di non aver omesso nulla Consigli sempre validissimi da tenere a mente per risolvere "qualsiasi" questione complessa!
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Generare altre domande per ogni risposta ricevuta. Così procede il metodo scientifico. Quel che sembra un difetto agli occhi di chi, spesso in malafede, fonda la sfiducia nella scienza su presupposti errati, è invece il pregio che rende il metodo scientifico, e la tecnologia che ne deriva, migliore di qualsiasi altro metodo si usi per osservare e descrivere il mondo, ben oltre il limite fisiologico dei nostri sensi: il principale vantaggio del metodo scientifico e della conoscenza che scaturisce dalla sua applicazione è proprio precisamente quello che ingenuamente si indica come il suo difetto: la capacità di saper tornare sui propri passi per progredire. (continua...) https://lnkd.in/d7jF2j-a
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Statistica e Metodo scientifico (Parte II°) Il dato acquisito, secondo il quale la scienza costituisca un tipo di sapere privilegiato, solleva principalmente due interrogativi che appare legittimo chiedere: ** da cosa tale rispetto trova la sua giustificazione? ** di cosa renda le teorie scientifica sistemi di credenze cosi credibili e di cosa, al contrario, rende i miti, la superstizione e le credenze religiose sistemi di credenze meno affidabili e più sospetti? La risposta sembra risiedere nel metodo con cui la scienza, in questo differenziandosi da qualsiasi altra impresa intellettuale, consegue le sue conoscenze. Pertanto, in primo luogo la filosofia della scienza che ha lo scopo di comprendere il metodo scientifico e di verificare teoricamente la tesi che le conoscenze prodotte da tale metodo meritino il rispetto e l’attenzione che solitamente è loro contributo. METODO SCIENTIFICO Ricordiamo il dato, apparentemente indiscutibile, dal quale siamo partiti: che la scienza costituisca una forma di sapere privilegiato. Che la scienza abbia questa caratteristica significa che le correnti teorie scientifiche costituiscono un sistema di credenze che dovremmo accettare, e che dovremmo preferire ad altri sistemi di credenze alternativi (miti, superstizioni, le credenze religiose). E` proprio dall’esigenza di comprendere questo dato di partenza che sorge quella di capire cosa ci giustifichi, e soprattutto cosa giustifichi gli scienziati ad accettare le teorie scientifiche che propongono. Una risposta immediata, indica nell’esperienza la fonte privilegiata del sapere scientifico. Stando a tale risposta, un’ipotesi viene confrontata con la realtà tramite l’esperienza; si è giustificati ad accettarla quando le osservazioni che conduciamo confermano l’ipotesi, mettendo davanti ai nostri occhi evidenze che parlano a favore della sua verità. Naturalmente il tipo di osservazioni necessarie a confermare un’ipotesi teorica varierà a seconda della complessità dell’ipotesi in questione. Se la nostra ipotesi, di scarso rilievo scientifico, è che sia il mio gatto a produrre il fastidioso rumore che sento alle mie spalle, basterà voltarmi per verificare se avevo ragione. Se viceversa l’ipotesi è più complessa, e per esempio concerne il fatto che tutti gatti miagolino, l’osservazione del mio gatto non basterà a giustificarmi nell’accettarla. Avrò bisogno di osservare un gran numero di gatti e di verificare che tutti emettono dei miagolii. Tuttavia, sembra improbabile che possa osservare tutti i gatti in questione. La mia osservazione dovrà limitarsi a un numero di gatti trascurabile rispetto al totale. Ciò, naturalmente, sembra sollevare un nuovo interrogativo. Se la mia ipotesi concerne tutti i gatti, in che modo l’osservazione solo di una porzione dei gatti totali potrà fornirmi una giustificazione nell’accettarla? Risposta: uso di un tipo d’inferenza, detta induzione.
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Quando la Fisica era un problema al giorno. Questi Problemi di Fisica Teorica di Adriano Di Giacomo, Paolo Rossi (uno dei tanti) e Giampiero Paffuti originavano dall'esame più tosto di tutto il corso di Laurea in Fisica a Pisa (e non solo) e ne rispecchiavano la distribuzione in difficoltà: ogni compito chiedeva di risolvere un problema su tre "a scelta", ma c'era da scegliere poco perché se un problema era fattibile con 4-5 ore di calcoli pazienti gli altri due sembravano non avere niente a che fare con gli argomenti appresi (o meglio orecchiati, al più intuiti) durante il corso. (D'altronde a quei bei tempi se obiettavi ad un professore che le sue domande erano fuori dal programma d'esame, ti poteva rispondere "ma è ovvio che il programma lo sai, visto che l'hai studiato! Quindi cosa c... te lo chiedo a fare?"). C'era anche il testo di teoria basato sulle lezioni di Di Giacomo, che era bilanciato tra parti di magnifica chiarezza e altre che sembravano oscuri vaticini (non era d'altronde utile più di tanto per l'orale, dato che per velocizzare la cosa Di Giacomo tendeva a rispondersi da solo; il voto poteva migliorare se si annuiva in risonanza). Il libro venne affrontato un problema al giorno, per almeno 4 mesi, ogni volta difficilmente arrivando ad una soluzione e quasi mai a quella proposta. Eppure, anche se poi mi sono dedicato ad altre cose (e sinceramente più accessibili) credo che quell'esperienza sia stata tra le più formative mai fatte, anche a livello nervoso ed emotivo. Inoltre, la scelta di non dare problemi "anonimi" ma di identificarli con qualche fenomeno interessante (almeno per gli addetti ai lavori; non pretendo che tutti siate interessati al decadimento beta o alla diffusione "fotone-fotone", rappresentata da un diagramma che chiamavamo amichevolmente "il mostro") mi è rimasta così impressa che, quando un libro di problemi l'ho scritto io, ho usato lo stesso stile (e dichiarato la fonte d'ispirazione). Ho imparato, soprattutto, che le spiegazioni chiare sono sempre preziose (proprio perché relativamente rare), che facilitare non è sempre la cosa migliore, e che dare il senso della sfida è una strategia vincente per insegnare.
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Appelli, scritti, generali, secondi parziali, recuperi, assignment, voti, paper show... è tempo di esami in Università Bocconi, LIUC - Università Carlo Cattaneo e Università degli Studi dell'Insubria ed ecco una rassegna delle domande che sorgono durante la correzione. 🤔 qui cosa si intende? 🤔 soluzione giusta, ma perché tanto contorta? 🤔 toh, una nuova lettera dell'alfabeto, finora ignota! 🤔 ecco la calligrafia perfetta. 🤔 qualcuno ha un microscopio? 🤔 questo pezzo di risposta a che domanda fa riferimento? 🤔 qui c'è un asterisco, ma dove continuerà la risposta? 🤔 ma dove trovo lo spazio per scrivere il voto? 🤔 non sapevo esistessero penne di questo colore! * * #academiclife #exam #humor #happyholiday #summerposting #statistics #dataanalytics
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La questione istituzionale di Lacan, è semplicemente: come re-inoculare in un analista il desiderio di sapere, vale a dire come rimettere l'analista in una posizione di analizzante nei confronti del soggetto supposto sapere, quando questa posizione analizzante va contro la sua posizione d'agente del discorso analitico? Occorre qui una forza molto potente, e che appartiene pertanto alla zona dell'al di là della psicoanalisi, o dell'al di là dei concetti stessi di Freud. Questa forza molto potente è ciò che Lacan ha chiamato una Scuola. La Scuola è esattamente la forza in grado di rimettere l'analista in una posizione di analizzante nei confronti del soggetto supposto sapere, di rimetterlo in rapporto con l'ignoranza. Dunque, tutt'altro che una società analitica costruita sul compiacimento di un "Io so già", si può dire che come Lacan ne disegna i contorni, ciò che definisce una Scuola è il contrario del compiacimento, vale a dire: una insoddisfazione. In fondo, piuttosto una Scuola che vuole sapere. J.A.Miller, l'esperienza del reale nella cura analitica, La Psicoanalisi n.25, p.208
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L’errore c’è sempre. Sono cresciuta in un ambiente educativo e culturale in cui l’errore è denigrato e associato all’identità della persona. In pratica se sbagli, sei sbagliat tu e non hai valore. Nelle scienze dure l’errore è sempre presente. In statistica, per esempio, partiamo dal presupposto che l’errore ci sia, cerchiamo di calcolarlo e capire se è in una misura accettabile per ritenere i risultati validi. Il metodo scientifico procede per prove ed errori. Senza errori non c’è comprensione e non esiste evoluzione. Il mio percorso di accettazione degli errori mi ha portata a una vera liberazione professionale. Auguro a me stessa e a voi di sbagliare ed evolvere con gentilezza.
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Chi ha detto che rigore e creatività sono nemici? Lewis Carroll, autore di Alice nel paese delle meraviglie, probabilmente il romanzo più irrazionale e visionario mai scritto, è anche la penna di un brillante testo divulgativo sulla logica (The game of logic). Come professionista, mi occupo della logica dai primi anni Duemila, svolgendo attività di formazione nell'ambito, oltre che di divulgazione. D'altra parte, la logica non è disgiunta dagli altri miei interessi, legati in modo particolare alla saggistica. Considero, infatti, la logica al suo posto tra i fondamentali strumenti di decostruzione. Lo studio della logica mi ha insegnato a coltivare l'igiene del pensiero, per esempio a non dover mai dire "Tutti" quando gli elementi a disposizione mi permettono solo di dire "alcuni" (i quantificatori...). https://lnkd.in/dW6NfNaa
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se vuoi essere professore devi saper comunicare ciò che hai appreso per essere uno scienziato devi partire da zero assoluto
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