Post di Fondazione L'Albero della Vita E.T.S.

In questa storia c’è tutta la potenza dell’essere umani e il valore della diversità. Non comprendere quando questi due elementi siano cruciali per il nostro mondo e la nostra società significa involversi e non evolversi.

Argomento molto interessante e dibattuto dopo la pausa del Covid. Sicuramente le prospettive sono mutate e la necessità di occuparsi maggiormente della propria sfera personale è aumentata . Io non ho raggiunto la fatidica soglia dei 60 (ancora qualche anno…) ma qualcosa in me e’ sicuramente cambiato: le priorità ad esempio, che vedono al primo posto la sfera famigliare, quella personale ed infine la professione. E’ anche vero che con 36 anni di lavoro posso permettermi di affrontare questo argomento senza remore, ma nel 2020 la percezione era ancora differente.. Argomento interessante….grazie Sonia Adamo .

Ci sono persone che nella scelta di quale mestiere e come farlo nella vita sono più orientate a quello che gli piace e sono bravi a fare, e altre più orientate alla creazione di valore per gli altri. Le seconde tendono ad essere economicamente più ricche delle prime Nello schema dell’ikigai si parla di passione verso vocazione Questo schema si applica anche a intere nazioni, in media

Quanto vale un’ora del mio tempo oggi? Quanto varrà tra 5, 10, 20 ,40 anni? Questo viene influenzato da: - Elementi non prevedibili o inevitabili: invecchio, mi diagnosticano una malattia grave. - Elementi su cui ho molto potere: cambio lavoro e città, studio, relazioni, dove e come investire il mio tempo, gli asset che ho. - Elementi su cui ho poco potere: il bisogno delle mie competenze sul mercato, la mia azienda si riorganizza, cambio tassazione, cambia il posizionamento del mio paese nel panorama internazionale, il gender gap del paese in cui vivo/lavoro... Il valore di una nostra ora e la sua prospettiva di cambiamento nel tempo governa gran parte delle nostre vite; ci spinge a fare scelte, mette alla prova le nostre motivazioni e ci porta a supportare quella causa o quel partito piuttosto che un altro.

La pianificazione della vita delle persone, l’organizzazione delle loro relazioni, del loro tempo libero e persino parte delle politiche del nostro paese (e non solo) si fondano sulla visione che abbiamo di cosa sia il lavoro. E forse siamo caduti nella tentazione di darne una definizione univoca finendo così vittime di molti equivoci. Il primo di questi riguarda il tempo. Quanto le nostre ore lavorate o donate sono allineate alle nostre aspettative, desideri, bisogni? Quanto ci permettono di sincronizzarci con gli altri e prendercene cura? E' questo il momento di riconsiderare l'equazione tra tempo e valore: il valore del lavoro non sta solo nelle ore che vi dedichiamo, ma nel contributo che esso dà alla nostra vita e alla società.  Questo è un aspetto che molto caratterizza le realtà del terzo settore, progettate per rispondere ai bisogni della comunità ma alle volte sono poco allenate e strutturate per dare risposte alle necessità di chi vi lavora. Al contrario, proprio perché il tempo è una risorsa limitata, è urgente sviluppare una maggiore consapevolezza nella sua gestione, attribuendogli un significato più profondo. grazie @pierluigidepentori per aver accolto questa riflessione che domani continuerà https://lnkd.in/dk3QwPjn #cooperazione #terzosettore #educazione

Che futuro mi aspetta e come mi preparo? Voi cosa state facendo per stare a galla da vecchi? Tre azioni che potrebbero avere senso. Esistono probabilmente due differenze tra le carriere di oggi e quelle di qualche decennio fa. La loro durata: quelle di oggi possono durare anche 60 anni. Il loro andamento: non sono più parabole ascendenti lungo un'unica direzione. Sembrano piuttosto staffette, fatte di tappe, pitstop, ripartenze faticose e traguardi esausti. Nel nostro Paese, con l’età media alta della popolazione, molti rischiano di arrivare a 50 o 60 anni di carriera, reggendosi appena sulle gambe. Per questo le nuove generazioni cominciano a pianificare l'orizzonte lavorativo con una visione più complessa di quella dei genitori: devono lavorare fino agli ottant'anni, nella migliore delle ipotesi soddisfatti, nella peggiore senza cadere nell’alienazione. Serve un cambio di mentalità che non dimentichi alcuni accorgimenti: 1 - Costruirsi alternative. La precarietà dell’epoca ci ha insegnato che i lavoratori sono sostituiti dall’iper-innovazione e che il lavoro sta cambiando a favore del work-life balance. Preveggenza e lungimiranza sono essenziali per costruire carriere lunghe, attraversate dai cambiamenti del mondo professionale. 2 - Abbandonare un’idea romantica del lavoro e abbracciarne una pragmatica. Le carriere oggi si sviluppano in larghezza, non solo in lunghezza: fare salti laterali, scelte apparentemente asincrone, prendersi pause brevi sono dinamiche professionali più ordinarie di quanto pensiamo. 3 - Confrontarsi con le altre generazioni. Il confronto intergenerazionale è fondamentale: il networking acquista un valore maggiore con il passare degli anni. “Gli uomini galleggiano alla superficie della società come un ago sulla superficie dell’acqua per l’equilibrio delle forze molecolari; ma un lieve soffio basta a farli sommergere” scriveva Carlo Michelstaedter. Ecco dopo cento anni dobbiamo imparare a galleggiare ancora meglio di quanto non sapessimo già fare prima. #lagrandedifferenza #lavorareècollaborare

Trovare lavoro dopo i 50 anni? Difficile! Se poi si è anche iscritti al collocamento mirato diventa una mission impossible. Il che è un paradosso visto gli enormi sgravi fiscali che un' azienda può avere nell' assumere tali categorie di persone. Quando si parla di Inclusione, mi piacerebbe anche che si parlasse delle difficoltà che un'invalido, un "disabile" (brutto termine) hanno nel trovare una posizione lavorativa a loro consona. Mi piacerebbe che quando si parla di Inclusione la si guardi a 360 gradi e non ci si fermi solo all'aspetto momentaneo di dover donare un "momento di condivisione" tanto per avere la coscienza pulita. Mi piacerebbe che la società prenda consapevolezza del suo ruolo e lo usi per alleggerire le difficoltà di chi, purtroppo, non riesce proprio a tenere il passo ma rimane inevitabilmente ed irrimediabilmente indietro. Mi piacerebbe che le persone che formano la società tornino ad essere Uomini, ad immedesimarsi, ad avere empatia e soprattutto ad usare di più cuore e meno i numeri. Perché i numeri possono anche rappresentare il successo economico personale, ma il cuore, quello rappresenta la vittoria dell'essere Umano, ed è l'unico modo per costruire il futuro. Perché in fondo dovrebbe essere sempre il 3 dicembre....

MA SI PUO' DAVVERO AVERE PAURA DEL LAVORO? Preoccupazione e ansia le abbiamo provate anche noi senior quando ci siamo affacciati al mondo del lavoro. Ricordo che i feedback erano pochi e di spontanea iniziativa di un collega più sensibile di altri. Siamo stati catapultati in una realtà di cui non avevamo nemmeno l'idea dell'organizzazione. Ci siamo mossi a tentoni... come in una camera oscura. Ma eravamo disposti, predisposti a questo "rito" di passaggio dalla scuola al lavoro. Oggi tutto ciò è anacronistico, da museo e nemmeno positivo da rievocare, anche se la realtà ci restituisce una fotografia simile ancora piuttosto diffusa e non sbiadita come ci si aspetterebbe. Oggi un'azienda che vuole restare sul mercato deve cambiare passo, perché accogliere un giovane significa accettare il rischio dell’inesperienza, ma anche la responsabilità di costruire fiducia. 🌱 La vera sfida? Aiutare i ragazzi a superare il timore di non essere all’altezza, affinché abbiano il coraggio di proporre, sperimentare e innovare. Chi saprà condurre i giovani in un percorso che superi le distanze generazionali avrà spazzato via tutte le paure: quelle dei ragazzi in entrata e quelle degli imprenditori sul futuro dell'azienda. #GestioneDelTalento #FuturoAziendale #Mentorship #GenerazioneZ

📢 𝗚𝗲𝗻𝗲𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗮 𝗰𝗼𝗻𝗳𝗿𝗼𝗻𝘁𝗼: 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝘀𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 "𝗴𝗶𝗼𝘃𝗶𝗻𝗲𝘇𝘇𝗮" 𝗽𝗿𝗼𝗳𝗲𝘀𝘀𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗶𝗻 𝗜𝘁𝗮𝗹𝗶𝗮 📢 Qualcuno lo dica ai nostri genitori: non siamo più "giovani inesperti"! 😅 Ma quanti di voi, nati tra l'85 e il '95, si trovano ancora a sentirsi dire da chi ha una ventina d'anni in più, nati negli anni '60, come dovreste fare il vostro lavoro? 🙃 Per la generazione dei nostri padri, il loro sapere è "oro colato". Loro hanno vissuto un'epoca diversa, un'Italia che si trasformava rapidamente, dove il "mestiere" lo imparavi sul campo, e va bene così. Ma... siamo sicuri che oggi funzioni ancora così? O meglio, siamo sicuri che quella stessa mentalità funzioni con chi ha studiato anni, investito in formazione continua, ha affrontato sfide tecnologiche e normative ben diverse? 🎓 Avere una laurea magistrale, un decennio di esperienza e riconoscimenti professionali a 35-40 anni... non basta. Non agli occhi di chi ha vissuto "l'epoca d'oro del boom economico". Perché, in Italia, se hai meno di 50 anni, sei ancora "un giovane". 🤦♂️ Non importa quante ristrutturazioni tu abbia portato a termine con successo, quanti clienti soddisfatti tu abbia seguito, o quante normative tu conosca a memoria. Per molti "veterani", tu non hai ancora l'autorità per poter parlare. O peggio, "non sai fare le cose come si facevano una volta" – e per fortuna, aggiungerei! Eppure, sono proprio i "giovani professionisti" a stare dietro a cambiamenti epocali: dall'efficientamento energetico, alla bioedilizia, fino all'uso di tecnologie all'avanguardia. Ma no, evidentemente per alcuni queste innovazioni sono solo "capricci". 😏 💡 Il vero scontro generazionale? La fatica nel far riconoscere che il mondo del lavoro cambia, e con esso anche le competenze richieste. Mentre noi, nati tra gli anni '80 e '90, siamo chiamati a dimostrare continuamente di essere "degni" del nostro ruolo, dobbiamo farlo anche cercando di non cadere nella trappola di chi ci giudica in base a modelli ormai superati. È un paradosso tutto italiano: essere considerati "giovani" fino a 50 anni, nonostante un intero percorso professionale alle spalle. Un'etichetta che spesso pesa più di quanto si pensi, non solo sulla nostra carriera ma anche sulla percezione della nostra competenza. 👉 E voi? Avete vissuto questo scontro generazionale? Come vi fate strada tra i "saggi" che dispensano consigli non richiesti? 😎 Raccontatemi la vostra esperienza nei commenti! #ScontroGenerazionale #ProfessionistiGiovani #ArchitetturaModerna #NuoveGenerazioni #ProfessionistiDiDomani #GenerazioneAnni80 #ArchitetturaInnovativa #Stereotipi #LaureaMagistrale #Italia