MOTORI NEWS Alfa Romeo Junior, il nuovo modello del Biscione vince il “Design Trophy”. 31 Agosto 2024 09:38 L’ultima creatura del Biscione, è capace di far parlare di sé ancor prima di uscire sul mercato: ha ottenuto il primo riconoscimento al design. I lettori della rivista specializzata tedesca Auto Zeitung ne hanno, infatti, premiato il look, abbagliati dalle linee eleganti e d’impatto. La piccola sportiva si aggiudica il Design Trophy nella categoria Small Cars/City Cars/Compacts, avendo la meglio su una nutrita concorrenza. In totale erano in lizza 63 modelli concorrenti, ciascuno dei quali dotati di ottime credenziali, ma solo uno poteva uscirne trionfante. E quel qualcuno si è rivelata essere l’Alfa Junior. Le dimensioni compatte racchiudono in sé l’unicità estetica del Made in Italy, frutto del centro stile. Originale e moderno, viene declinato in equilibrio delle proporzioni, purezza delle linee e cura nella qualità delle superfici. Della produzione se ne occupano a Tychy, in Polonia, reduce da una grossa svolta, con l’addio forzato a modelli di conclamato fascino come l’Abarth 595. Giocato sull’hype dei fan nel percorso di avvicinamento alla première, i designer hanno pescato l’ennesimo jolly dal mazzo. Da quando Jean-Philippe Imparato ha ottenuto la nomina di amministratore delegato tutto procede a gonfie vele. Il precedente lancio della Tonale, primo SUV elettrificato del marchio, ha agito da apripista, in un corso proseguito all’insegna del lusso estremo, con la 33 Stradale. Benché il target di pubblico alla quale si rivolge sia diverso, la Junior rimane un piacere per gli occhi: definita dagli stilisti Alfa Romeo, prende le distanze dall’abituale razionalità in voga nella categoria. Sulle parti meccaniche hanno plasmato un’immagine sinuosa, che cattura lo sguardo al primo incontro. Un linguaggio davvero emozionale, contraddistinto da elementi funzionali radicati nell’heritage del brand meneghino come la tipica coda tronca. Invece di fare tabula rasa rispetto al passato, le parti incaricate hanno rivisto in chiave contemporanea dei tratti iconici. Ammirata in vetture quali la mai dimenticata Giulia TZ, la coda tronca permette di esaltare l’aerodinamica, a esaltare velocità, agilità ed efficienza. a zona anteriore sfoggia la fanaleria “3+3” e i gruppi ottici Full LED Matrix assicurano le migliori condizioni di visibilità alla guida. Per la prima volta, il leggendario scudetto è disponibile in due varianti, Leggenda e Progresso. La prima consta in una griglia nera impreziosita dalla firma Alfa Romeo in caratteri corsivi, a celebrare i suoi modelli da corsa degli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Ispirata direttamente alla nuova 33 Stradale, la variante Progresso rivisita croce e biscione in maniera audace. In merito agli interni, risalta il savoir faire artigianale. I rivestimenti di ottima fattura danno la sensazione di trovarsi in una comfort zone dall’indole sportiva e dalla pura qualità italiana.
Post di Luca Macina
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Il quarto principio del vero #lusso secondo #JeanNoël #Kapferer riguarda l'economia della rarità. Questo concetto sostiene che i prodotti di lusso devono essere rari e non facilmente accessibili per mantenere il loro valore e desiderabilità. La rarità crea un senso di esclusività e unicità, rendendo il prodotto più ambito e prezioso. In pratica, ciò significa limitare la produzione, mantenere una distribuzione selettiva e, in alcuni casi, creare edizioni limitate o pezzi unici che possono essere persino personalizzati. Questa scarsità intenzionale aiuta a costruire il mito attorno al marchio e a garantire che i prodotti di lusso rimangano simboli di status e oggetti di desiderio. Nel mondo del lusso, la rarità non è solo un concetto; è un'arte, e chi meglio di Ferrari per incarnare questa filosofia? Con ogni macchina che esce dalla loro fabbrica di Maranello, Ferrari non vende solo auto, vende sogni, esclusività e prestigio. L'essenza di Ferrari si trova nell'economia della rarità: non ogni giorno si vede una Ferrari, e non è un caso. Ogni modello è prodotto in numero limitato, rendendo ogni auto non solo un mezzo di trasporto, ma un pezzo di storia dell'automobilismo, un'opera d'arte che cattura gli sguardi e i cuori. Per citare i modelli più ricercati nel corso della storia di questo brand: #Ferrari #250 GTO (1962-1964): Questo è uno dei modelli più iconici e costosi al mondo. Prodotto in soli 36 esemplari, il 250 GTO è diventato un simbolo di rarità e prestigio. #Ferrari #275 GTB (1964-1968): Un capolavoro di bellezza e potenza, il 275 GTB è apprezzato per il suo design attraente e le sue prestazioni eccellenti. #Ferrari #Daytona (1968-1973): Ufficialmente conosciuto come Ferrari 365 GTB/4, il "Daytona" è celebre per la sua incredibile velocità e il suo stile distintivo. #Ferrari #F40 (1987-1992): Come uno dei supercar più emblematici, l'F40 è noto per essere stato l'ultimo modello approvato da Enzo Ferrari, diventando un classico immediato. #Ferrari #Enzo (2002-2004): Dedicato al fondatore dell'azienda, l'Enzo è famoso per la sua tecnologia avanzata, derivata dalle esperienze in Formula 1. #Ferrari #SF90 Stradale (2019-presente): Questa supercar ibrida plug-in rappresenta un punto di svolta tecnologico per il marchio, offrendo prestazioni senza precedenti. PS AD Dal Pozzo è felice di collaborare con una delle scuderie di collezionisti di questo marchio per realizzare nelle prossime settimane un Box esclusivo in collaborazione di uno dei Designer più famosi
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SERVONO GLI "ALFISTI" PER RILANCIARE ALFA ROMEO. Quante polemiche! Un oggetto di critiche è il body: è uguale a quella e a quell’altra macchina. Certo, oggi si somigliano un po’ tutte. Invece di criticare che un #SUV compatto somigli agli altri SUV compatti, perché nessuno si chiede come mai una tale uniformità? Dove sono finite le priorità dell’estetica? Cosa le ha rimpiazzate? I consumi? La sicurezza? La voglia di aggredire sempre e solo il segmento maggioritario della domanda, trascurando le nicchie? Poi il nome: #Milano e non fabbricata in Piazza Duomo. Nata come polemica speciosa e finita alla Ennio Flaiano: grave, ma non seria. È evidente che c’è un malessere di fondo. Diamine, non capita spesso di salutare una nuova auto del #Biscione. Uno si aspetta qualcosa di diverso, di unico. Un’#AlfaRomeo, se è lecito dirlo, non un SUV qualsiasi con lo stemma appiccicato sopra. Alfa Romeo è uno dei pochissimi #brand al mondo a incarnare un tipo di #automobilista: l’#alfista. Una persona che desidera sentire la strada, ha una guida sportiva e vuole apparire tale. A Torino sanno di che si tratta: per la pubblicità dello Stelvio hanno usato “alfista allo stato puro”. Poi però tutte le pubblicità, da Giulia a Tonale passando per Stelvio, lo evitano. Il protagonista è affascinante ma nel senso mainstream, molto curato al limite del deboluccio. Il payoff insiste sulla “#meccanica delle #emozioni” e sul “patrimonio italiano”, come se Alfa Romeo ne avesse bisogno, visto che essa stessa è simbolo di #italianità. Ma soprattutto, le auto non corrono, manca l’adrenalina alla “fast&furious”. Queste sono eresie nel panorama sociale odierno, ma magari automobilisti su cui farebbero presa ce ne sono. Forse non tantissimi, ma quanti ne servono ad Alfa Romeo? Parliamo di un brand di nicchia. Giorni fa il patron del brand ha ribadito l’ambizione di lavorare alla grande incompiuta, il Duetto. Ha ragione da vendere. Ma quale idea di #auto incarnerebbe? E chi la guiderebbe? Un giovane brillante, un po’ scavezzacollo e un po’ playboy, poco fluido, nipote di quel rivoluzionario di Dustin Hoffman nel Laureato? Esistono questi automobilisti? Sì, ma sono stati oscurati dalla scena: loro, la loro guida e le loro auto. Non sono solo minoranza, che per una nicchia va bene, sono “sbagliati” secondo una certa idea mainstream. Però magari i marketer del Biscione li scovano, fuori dalle ZTL, e sarà bene, perché non sembra che abbiano tante alternative, a giudicare dall’accoglienza dell’ultimo SUV replica di… Dopotutto che significa rilanciare il brand, se non riproporne le caratteristiche identitarie? Questa è ancora la parte facile. Quella difficile è: una volta che li avranno trovati, vorranno sedurli parlando la loro lingua, proponendo i loro codici, rappresentando le loro emozioni, incarnando i loro valori? In due parole? Rilanciare Alfa Romeo. https://lnkd.in/d48P2Ps3
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"Al volante di un'emozione" La prima generazione di Subaru Impreza debutta nel 1992, disponibile in carrozzeria berlina station (denominata sportwagon) e coupè (non importata in Italia), dotata inizialmente di un solo 1.8 da 101 cv, ben presto si affiancarono un 1.6, un 2.0 questo era l'unico della gamma a montare un doppio albero a camme in testa) ed un 2.0 turbo da 211 cv sulla versione WRX a partire dal 1994. Il primo restyling arriva nel 1998, sempre in quell'anno esce la serie speciale a tiratura limitata di 200 esemplari, la WWW (World Wide Winner, vincitrice in tutto il mondo), si contraddistingueva dalla normale per colorazione blu con cerchi oro, sedili in pelle nabuck con numerazione cucita a mano della Medici, pannelli porte in pelle nabuck, ghiera del cambio in alluminio con scritta la dicitura della versione, alettone posteriore e anteriore della Orciari, bocchette aria, console centrale e contachilometri in carbon look, volante, pomello cambio e pedaliera della Momo, stemma anteriore di colore rosa. Per festeggiare il titolo mondiale rally vinto l'anno precedente, oltre che i 40 anni del marchio, nel 1998 esce la versione 228B Sti, prodotta in 424 esemplari, unica Subaru mai costruita esclusivamente a 2 porte, monta 2.2 boxer Master-4 DOHC Turbo da 276 CV. Nel 1999 tocca alla serie limitata Wrx plus, disponibile esclusivamente in colore grigio con cerchi oro, gli interni erano blu e nero, come i pannelli delle portiere. Nel 2000 le serie limitate per l'Italia sono due, la Ltd costruita in 100 esemplari, montava cerchi a 6 raggi anzichè 5, volante e pomello della Momo con inserti rossi, carrozzeria blu con cerchi oro, sedili di una versione esclusiva per il giappone, alettone della Orciari, numero progressivo si trovava sulla ghiera del cambio. La Wrx 3, disponibile con gli stessi cerchi della Ltd, era solo con carrozzeria grigia, sedili in nabuk con trama a quadri bianchi e pelle nera, con poggiatesta Medici, con il numero progressivo di esemplari sui poggiatesta, sempre 100, pannelli neri con striscia bianca. Questa versione era l'unica dotata al posto del portaguanti, di tre manometri. La plastica della consolle centrale anzichè nera come su tutte le altre versioni, qui era in grigio dorato. Sotto le frecce laterali, grigio in rilievo era l'emblema Wrx3. Famosa per aver corso nei rally negli anni '90, soprattutto con il pilota britannico Colin Mcrae, l'Impreza debutta nel rally nel 1993, con la 555 (così chiamata in omaggio alla sponsorizzazione del marchio di sigarette State Express 555 appartenente al gruppo British American Tobacco), al rally dei 1000 laghi in Finlandia con Ari Vatanen e Markku Alén. La prima vittoria avvenne nel 1994 con Carlos Sainz al rally di Corsica. L'anno successivo Subaru vinse sia il titolo piloti che costruttori. #Subaru #SubaruImpreza #ImprezaWRC #Impreza555 #ImprezaLtd #ImprezaWrx3 #ImprezaWrxplus #ImprezaWWW #Rally #ColinMcrae #Rally1000laghi #Appassionatadiauto
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Alla fine, diciamocelo, è quasi un atto di tracotanza. Negli anni dell’ecoansia, del dirigismo made in Bruxelles che talvolta ha reso l’elettrificazione e la transizione ecologica difficile attraverso l’inutile, Ferrari è arrivata a miracol mostrare con una vettura che – eccezion fatta per la pregevolissima estetica – di contemporaneo, per non scomodare il futuristico, non ha nulla. E forse per questo ha fatto tanto clamore. Si chiama 12Cilindri, non c’è trucco e non c’è inganno nemmeno nel nome perché la nuova sportivissima fa quel promette: è analogica, pura, aspirata e non turbo e non c’è traccia di ibrido o elettrificazione. Roba da non credere nel 2024. E poi è ispirata a una delle Ferrari più belle di sempre, la 365GTB/4 da tutti conosciuta come “Daytona”. La “Daytona”, disegnata da Leonardo Fioravanti per Pininfarina, debutta al Salone di Parigi del 1968 per sostituire la 275GTB/4 da cui ereditava – e tutto torna – il 12 cilindri a V con 4 alberi a camme in testa, montato in posizione anteriore longitudinale e con cambio manuale a 5 rapporti al retrotreno, in blocco col differenziale autobloccante, secondo la liturgia dello schema Transaxle. Plexi o non plexi, quel frontale, quella silouhette sono rimasti iconici e scolpiti nella storia dell’automobile, insieme ad una serie di ultime volte: la Daytona infatti è l’ultima supercar Ferrari a motore anteriore prima di un lungo iato che sarà interrotto solo dal lancio della 550 Maranello ed è anche l’ultima Ferrari progettata prima che, il 21 giugno 1969, il Marchio del Cavallino Rampante entrasse a far parte del Gruppo FIAT. La storia è ciclica e anche se spesso non insegna molto agli uomini, ha il potere di tornare prepotentemente alla ribalta soverchiando qualche piccolo, grande dogma. In un futuro preminentemente elettrico c’è ancora un tonitruante V12 pronto a battere sotto lamiere sapientemente disegnate e scolpite. Se vi pare poco… #lautomobileclassica #ferraridaytona #ferrari12cilindri #ferrari365gtb4 #ferrari #cavallinorampante #v12 #12cylindersengine #v12engine #motorev12 #motore #meccanica #car #cars #automotive
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Il sempre brillante Pier Luigi del Viscovo coglie il punto: Alfa Romeo, “patrimonio nazionale a cui tanti italiani sono legatissimi, sebbene non al punto da comprarsi le macchine”, vuole vendere i nuovi modelli agli alfisti - categoria del pensiero che non corrisponde da tempo a un bacino di veri clienti - o a chi alfista non è e aspira a esserlo, volendo sentirsi inclusi in quell’aura di sportività abbordabile che il nome evoca? Se è valida la seconda opzione, e io ne sono convinto, a quel pubblico quanto davvero importa l’omologazione tecnica, il pianale in comune, i powertrain condivisi? Mutuando un titolo di Carver, “di che cosa parliamo quando parliamo di alfisti?”. Gli alfisti sono quelli che acquistano prodotti Alfa? O sono quelli che celebrano un mito del passato? Il gruppo di fedelissimi che - per dire - rimpiange la 75 ha comprato o no la Giulia, macchina indiscutibilmente paradigmatica dei valori tecnici del brand (oggi sul Foglio appare un pezzo di Cingolani su “la difesa dei veri alfisti”, che immagino prescinda dalla capacità della Casa di stare sul mercato)? Lo so, i social sono pieni di critiche sulla Milano/Junior. Sollecitato da Mario Cianflone su questo, Eligio Catarinella - nella call con noi giornalisti sul cambio del nome (notizia che ha fatto il giro del mondo: se era questo l’obbiettivo, e non un beau geste nei confronti del governo, obbiettivo raggiunto) - ha detto che il volume di configurazioni sul sito è ben superiore ai commenti sprezzanti. Ok: che misurare il comune sentire dal numero dei click sia un metodo superficiale e fallace lo dico da tempo. Ma qui il tema è più ampio. Non sarà che i marchi forti possono a un certo punto scavalcare i perimetri che ne hanno rappresentato, allo stesso tempo, identità e limite, sottraendosi alla marginalità a cui l’ubbidienza alla regola li ha relegati?
SERVONO GLI "ALFISTI" PER RILANCIARE ALFA ROMEO. Quante polemiche! Un oggetto di critiche è il body: è uguale a quella e a quell’altra macchina. Certo, oggi si somigliano un po’ tutte. Invece di criticare che un SUV compatto somigli agli altri SUV compatti, perché nessuno si chiede come mai una tale uniformità? Dove sono finite le priorità dell’estetica? Cosa le ha rimpiazzate? I consumi? La sicurezza? La voglia di aggredire sempre e solo il segmento maggioritario della domanda, trascurando le nicchie? Poi il nome: Milano e non fabbricata in Piazza Duomo. Nata come polemica speciosa e finita alla Ennio Flaiano: grave, ma non seria. È evidente che c’è un malessere di fondo. Diamine, non capita spesso di salutare una nuova auto del Biscione. Uno si aspetta qualcosa di diverso, di unico. Un’Alfa Romeo, se è lecito dirlo, non un SUV qualsiasi con lo stemma appiccicato sopra. Alfa Romeo è uno dei pochissimi brand al mondo a incarnare un tipo di automobilista: l’alfista. Una persona che desidera sentire la strada, ha una guida sportiva e vuole apparire tale. A Torino sanno di che si tratta: per la pubblicità dello Stelvio hanno usato “alfista allo stato puro”. Poi però tutte le pubblicità, da Giulia a Tonale passando per Stelvio, lo evitano. Il protagonista è affascinante ma nel senso mainstream, molto curato al limite del deboluccio. Il payoff insiste sulla “meccanica delle emozioni” e sul “patrimonio italiano”, come se Alfa Romeo ne avesse bisogno, visto che essa stessa è simbolo di italianità. Ma soprattutto, le auto non corrono, manca l’adrenalina alla “fast&furious”. Queste sono eresie nel panorama sociale odierno, ma magari automobilisti su cui farebbero presa ce ne sono. Forse non tantissimi, ma quanti ne servono ad Alfa Romeo? Parliamo di un brand di nicchia. Giorni fa il patron del brand ha ribadito l’ambizione di lavorare alla grande incompiuta, il Duetto. Ha ragione da vendere. Ma quale idea di auto incarnerebbe? E chi la guiderebbe? Un giovane brillante, un po’ scavezzacollo e un po’ playboy, poco fluido, nipote di quel rivoluzionario di Dustin Hoffman nel Laureato? Esistono questi automobilisti? Sì, ma sono stati oscurati dalla scena: loro, la loro guida e le loro auto. Non sono solo minoranza, che per una nicchia va bene, sono “sbagliati” secondo una certa idea mainstream. Però magari i marketer del Biscione li scovano, fuori dalle ZTL, e sarà bene, perché non sembra che abbiano tante alternative, a giudicare dall’accoglienza dell’ultimo SUV replica di… Dopotutto che significa rilanciare il brand, se non riproporne le caratteristiche identitarie? Questa è ancora la parte facile. Quella difficile è: una volta che li avranno trovati, vorranno sedurli parlando la loro lingua, proponendo i loro codici, rappresentando le loro emozioni, incarnando i loro valori? In due parole? Rilanciare Alfa Romeo. Mio articolo sul Sole24Ore. https://lnkd.in/eyPM8Mfh
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Colin Chapman è stato una figura epica, un pioniere senza eguali nella storia della Formula 1, e il suo genio innovativo ha scolpito per sempre l’essenza delle competizioni automobilistiche. Con la scuderia Lotus, Chapman introdusse una serie di rivoluzioni tecniche, spinto da una visione tanto audace quanto cristallina: per trionfare sugli avversari, occorre trovare la massima velocità, e solo chi osa oltrepassare i confini conosciuti può incamminarsi sulla via della gloria. Negli anni Settanta, Chapman rivelò una delle sue intuizioni più straordinarie: l’effetto suolo, un principio ispirato dall’aerodinamica degli aerei. Trasferendo questo concetto alle monoposto, creò le famose “minigonne” che ancoravano le vetture al suolo, consentendo una stabilità e una velocità in curva senza precedenti. Con questa innovazione, le Lotus divennero macchine imbattibili. Nel 1976, fu l’ingegnere Peter Wright a trasformare in realtà operativa la visione di Chapman. Alla base dell’effetto suolo vi è il principio di Venturi, una legge aerodinamica del Settecento che permette la generazione di una straordinaria aderenza. La scuderia inglese applicò questo principio progettando una monoposto che si comportava come un’ala rovesciata, mantenendo la vettura ancorata alla pista. Fu con la Lotus 79, la prima vera “wing car” della storia, che la Formula 1 conobbe una trasformazione radicale, grazie all’effetto suolo, alle minigonne e ai condotti Venturi. Dalla stagione 1978, e in particolare dal Gran Premio del Belgio, la Lotus divenne una leggenda vivente, ineguagliabile e irraggiungibile per ogni rivale. Mario Andretti trionfò in quel mondiale, consacrando l’invincibilità della monoposto, mentre il compagno Ronnie Peterson trovò un tragico epilogo al Gran Premio d’Italia. Ne ho parlato, anche, nell'articolo scritto per l'inserto Mobilità de Il Foglio Quotidiano , a cura di Umberto Zapelloni #minigonne #f1 #lotus #gp #innovazione #automotive #aerodinamica #stabilità #formula1
Quando l’auto mette la minigonna. Il rapporto tra moda e quattro ruote.
https://mobilita.ilfoglio.it
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La nuova Alfa Romeo Junior rappresenta un’evoluzione significativa per il marchio, combinando il design iconico con un’attenzione rinnovata alle esigenze del mercato contemporaneo. Questo modello si inserisce in un segmento cruciale per il futuro dell’automotive, rispondendo a richieste di sostenibilità e performance senza compromessi. Per i professionisti del settore, la Junior incarna una visione strategica lungimirante: non è solo un’automobile, ma un simbolo di come l’innovazione tecnologica possa sposarsi con la tradizione, mantenendo viva l’anima sportiva di Alfa Romeo. La sua progettazione si distingue per l’equilibrio tra efficienza energetica e un’estetica accattivante, rispondendo alle nuove aspettative dei clienti più giovani e attenti all’ambiente. Questo modello sottolinea l'importanza di una mobilità più sostenibile, con l'uso di tecnologie ibride o elettriche che non sacrificano il piacere di guida. Per chi opera nel campo automotive, la Junior offre un’importante lezione: è possibile evolversi, mantenendo forti le radici del brand, e abbracciare le nuove frontiere della mobilità senza perdere di vista ciò che rende unico un marchio storico come Alfa Romeo #AlfaRomeo #Guadagnispa
Esplora gli esterni e interni di #AlfaRomeo Junior Ibrida: linee eleganti, design premium e comfort senza pari. Scopri tecnologia e performance di Junior. L'evoluzione della sportività nel design La nuova Alfa Romeo Junior Ibrida è un'auto sportiva che incarna l'unione perfetta tra sportività, innovazione e dinamica di guida. Fari Full-LED - Nuovo scudetto frontale - Coda Tronca - Luci posteriori a LED Stile in ogni dettaglio La nuova Alfa Romeo Junior Ibrida si distingue per un'elegante fusione di stile e raffinatezza nel design, evidenziando un’estrema cura dei dettagli che contraddistinguono il Marchio, come l'iconica presenza del Biscione sul montante. Disponibile anche nella versione elettrica. Vieni a provarla sabato 21 e domenica 22 #guadagnispa #alfaromeojunior #automotive
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SERVONO GLI "ALFISTI" PER RILANCIARE ALFA ROMEO. Quante polemiche! Un oggetto di critiche è il body: è uguale a quella e a quell’altra macchina. Certo, oggi si somigliano un po’ tutte. Invece di criticare che un SUV compatto somigli agli altri SUV compatti, perché nessuno si chiede come mai una tale uniformità? Dove sono finite le priorità dell’estetica? Cosa le ha rimpiazzate? I consumi? La sicurezza? La voglia di aggredire sempre e solo il segmento maggioritario della domanda, trascurando le nicchie? Poi il nome: Milano e non fabbricata in Piazza Duomo. Nata come polemica speciosa e finita alla Ennio Flaiano: grave, ma non seria. È evidente che c’è un malessere di fondo. Diamine, non capita spesso di salutare una nuova auto del Biscione. Uno si aspetta qualcosa di diverso, di unico. Un’Alfa Romeo, se è lecito dirlo, non un SUV qualsiasi con lo stemma appiccicato sopra. Alfa Romeo è uno dei pochissimi brand al mondo a incarnare un tipo di automobilista: l’alfista. Una persona che desidera sentire la strada, ha una guida sportiva e vuole apparire tale. A Torino sanno di che si tratta: per la pubblicità dello Stelvio hanno usato “alfista allo stato puro”. Poi però tutte le pubblicità, da Giulia a Tonale passando per Stelvio, lo evitano. Il protagonista è affascinante ma nel senso mainstream, molto curato al limite del deboluccio. Il payoff insiste sulla “meccanica delle emozioni” e sul “patrimonio italiano”, come se Alfa Romeo ne avesse bisogno, visto che essa stessa è simbolo di italianità. Ma soprattutto, le auto non corrono, manca l’adrenalina alla “fast&furious”. Queste sono eresie nel panorama sociale odierno, ma magari automobilisti su cui farebbero presa ce ne sono. Forse non tantissimi, ma quanti ne servono ad Alfa Romeo? Parliamo di un brand di nicchia. Giorni fa il patron del brand ha ribadito l’ambizione di lavorare alla grande incompiuta, il Duetto. Ha ragione da vendere. Ma quale idea di auto incarnerebbe? E chi la guiderebbe? Un giovane brillante, un po’ scavezzacollo e un po’ playboy, poco fluido, nipote di quel rivoluzionario di Dustin Hoffman nel Laureato? Esistono questi automobilisti? Sì, ma sono stati oscurati dalla scena: loro, la loro guida e le loro auto. Non sono solo minoranza, che per una nicchia va bene, sono “sbagliati” secondo una certa idea mainstream. Però magari i marketer del Biscione li scovano, fuori dalle ZTL, e sarà bene, perché non sembra che abbiano tante alternative, a giudicare dall’accoglienza dell’ultimo SUV replica di… Dopotutto che significa rilanciare il brand, se non riproporne le caratteristiche identitarie? Questa è ancora la parte facile. Quella difficile è: una volta che li avranno trovati, vorranno sedurli parlando la loro lingua, proponendo i loro codici, rappresentando le loro emozioni, incarnando i loro valori? In due parole? Rilanciare Alfa Romeo. Mio articolo sul Sole24Ore. https://lnkd.in/eyPM8Mfh
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È da tempo che lo penso: il #marketing è diventato di massa, tutti inseguono il mainstream e nessuno rischia più di distinguersi. “Basiamoci sui dati” si dice, ma poi li si usa per giustificare scelte comode, strategie copiate e scarsamente lungimiranti. I medesimi dati dei competitor, portano a scelte analoghe nel mercato. Le auto? Via quelle bianche, oggi piacciono blu, cross, con il lunotto “coupè”, lo schermo enorme e un piglio green. Se poi sono elettriche, il fanale lungo dietro è d’obbligo, chissenefrega della marca, “questo vuole il cliente” (dicono i dati, presi come bibbia, ma con poco senso critico). Auto tutte uguali e non solo per economie di scala: lo sono nella personalità, nei valori e spesso pure nell’aspetto (al di là del cd Family Feeling)! E via, si relega tutto al #brand, mai così falso e sopravvalutato come oggi, nonché carico di compiti ingrati, come il sacrificio del proprio coraggio di guidare e comunicare i propri valori. Per cosa? La valutazione di massa, economica e non. La personalità? Sempre quella del compromesso: volendo “mettere d’accordo tutti” e stare sempre con i “bravi”, si diluisce. Prendo spunto da Alfa Romeo perché avrebbe ancora il potere di comunicare un certo tipo di emozioni “controcorrente” (come ha fatto in parte con Giulia), fatte di lancette analogiche, scarichi a vista e pubblicità a la “fast and furious”, ma non ha il coraggio di farlo per davvero… …ma occhio, ciò vale per quasi tutti: dagli smartphone alle lavatrici, migliaia di euro spesi nei propri reparti di marketing, senza investirli e senza avere il coraggio di alzare la testa e fare un passo, con la paura di perdere parte di quella “majority” (concetto ben chiaro per chi ha studiato marketing) che probabilmente cerca soltanto ciò che ha già visto altrove, omologandosi senza né interesse né trasporto. Ah, chiaro, gli azionisti… È a questo che servono i reparti marketing? È a questo che servono i grandi brand, oggi? (Lo so, la lungimiranza non è sicuro la prerogativa dei manager, che spesso devono seguire obiettivi di breve e medio periodo, ma… i miei 2 cent settimanali di strategia sono qui) #TheGoodManagement
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🏁🔥La Giulia è un’icona, un punto di riferimento per chi ama la guida pura, il design senza tempo e il DNA sportivo del Biscione. E ora, nel 2026, è pronta a cambiare volto. Santo Ficili, CEO di Alfa Romeo, ha confermato le indiscrezioni: la nuova Giulia nascerà sulla piattaforma STLA Large, la stessa della futura Stelvio di cui vi ho parlato qui su LinkedIn poche settimane fa. Cosa significa? Un’evoluzione importante, che potrebbe portarla verso una carrozzeria inedita, più vicina a un crossover ma con linee dinamiche e taglienti, all’altezza della sua eredità. Crescerà in dimensioni, avrà un nuovo software e tecnologie all’avanguardia, ma la vera domanda, come per Stelvio, resta la stessa: riuscirà a mantenere quell’anima Alfa che ha fatto innamorare generazioni di appassionati? Il futuro dell’auto sta cambiando, tra nuove alimentazioni e piattaforme modulari, ma il piacere di guida e il carattere distintivo restano valori fondamentali. Aspettiamo di vederla dal vivo. Nel frattempo, il dibattito è aperto: vi convince questa nuova direzione per la Giulia? Ogni settimana parlo di novità del mondo automotive, seguimi su Massimiliano D'Andretta * Foto rendering by Q CARS #AlfaRomeo #Giulia2026 #PassioneAlfa #Automotive #MesConnettori
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6 mesiUnicita’ estetica del made in Italy,frutto del centro stile. Purezza delle linee e cura nella qualita’ delle superfici. Boh..