Post di Marketing Espresso

In Italia c'à spazio solo per Emily in Paris. O meglio: c'è spazio per tante cose, ma soprattutto per Emily in Paris e le serie come Emily in Paris. Mi ricollego ancora una volta al discorso che Ludovico Bessegato ha fatto qualche giorno fa, quando ha parlato del mancato rinnovo di Prisma. Si possono fare dei buoni numeri con una serie, ma finché il grosso del pubblico continuerà a preferire prodotti piatti, ripetitivi e - diciamocelo - prevedibili sarà sempre più difficile sperimentare. Se ricordate, anni fa, siamo partiti esattamente da qui: dalla rivoluzione dello streaming che dà finalmente voce alle novità, agli autori giovani, al genere, eccetera eccetera. Velocemente - a causa della pandemia, della crisi e degli abbonamenti che non arrivano - le piattaforme hanno dovuto rivedere il loro modello e puntare, come fa la televisione generalista, sull'usato sicuro. Pensiamo a Netflix: ha organizzato una première enorme, coloratissima e affollatissima, per Emily in Paris (perché è uno dei titoli più fortunati e seguiti dell'intero archivio: ricordiamocelo) e per Briganti, serie originale italiana, non ha mandato nemmeno un comunicato stampa per ricordarne l'uscita. Ma la questione è ancora più ampia e profonda di così. Su Prime Video è arrivato l'ultimo episodio di The Grand Tour. Non si è detto né fatto niente. Perché? Perché non è una priorità per l'Italia. Su Netflix, a novembre, arriverà la seconda e ultima stagione di Arcane. E probabilmente non si farà niente. Né approfondimenti né interviste. Perché? Perché - ricomincia la cantilena - "non è una priorità per l'Italia". Tempo fa, si ripeteva in continuazione questa frase: content is king. Il contenuto è il re, è sovrano. Ecco, mi pare evidente che oggi a dettare legge, in generale, siano i dati. Quanto fa una serie, quanto un film; un nome attira di più o di meno il pubblico, meglio inserire questo personaggio ed evitare questo colpo di scena. Nella pratica di ogni giorno, si naviga a vista. E quindi sì, eccoci: siamo un paese di Emily in Paris, non di Prisma, non di The Bad Guy, sicuramente non interessato all'animazione. E parlo dello streaming: il cinema e la tv lineare sono due animali differenti.

Se qualcuno si stesse chiedendo che fine hanno fatto le rom-com, nell'ultimo numero di Box Office Italia (https://lnkd.in/dud3ActW) abbiamo analizzato questo genere nel dettaglio prendendo in considerazioni gli ultimi 10 anni. Il risultato è un articolo che analizza in profondità il trend cinematografico legato alle commedie romantiche, senza perdere di vista gli elementi più "nascosti", piattaforme streaming comprese. Qui l'articolo integrale

Il cinema in Francia da diversi mesi continua a far fatica, con indici negativi. Non fa eccezione il mese di febbraio che ha chiuso con un -16% sul 2023. Mancano i film di Hollywood. I principali dati del mercato transalpino

La ripresa dei consumi cinematografici è un dato fondamentale per le tante sale presenti sul territorio cittadino

Siamo artist_, lavorat_, operat_ dello spettacolo, ci mobilitiamo per denunciare lo stato di precarietà del nostro lavoro, le condizioni di degrado delle istituzioni culturali del nostro paese e la gravità degli accadimenti degli ultimi mesi: cariche pubbliche occupate dalla destra con manovre ai limiti della legittimità, spartizione delle nomine, polizia in assetto antisommossa davanti ai teatri pubblici, la sinistra al governo della città di Roma inetta e incompetente. Rigettiamo la scelta De Fusco nel merito oltre che nel metodo: è una scelta che racconta di un mondo in estinzione, quello dell'Artista solo al comando, maschio, bianco, cis-etero, over 65 lontano dalle trasformazioni rapidissime del mondo contemporaneo. Nelle sue stagioni le donne registe/coreografe rappresentano meno del 7% del programma e solo il 2,5% di spettacoli sono firmati da artist_ di meno di 40 anni. Il #sistemateatrale italiano mostra tutti i suoi limiti: assenza del #contemporaneo e della #ricerca, produzioni dei Teatri pubblici nazionali monopolizzate dai direttori (tutti maschi), provincialismo, #precarietà ed #esternalizzazione dell_ lavorat_. In un contesto nazionale in cui mancano #welfare e #diritti per lx intermittenti, saperi specifici di chi decide di #cultura, qualità e accesso alla #formazione e #finanziamentipubblici alle produzioni, alle compagnie, ai festival, alle residenze, ai centri di ricerca. Il caso del #TeatrodiRoma non solo costituisce un pericoloso precedente per tutte le future nomine delle grandi istituzioni culturali, ma è anche l’emblema di come funziona il sistema della cultura in Italia, un paese che sta toccando i livelli minimi di vivacità culturale e sociale, oltre che di capacità critica. È urgente sostenere e far risuonare questa mobilitazione culturale e politica, prima che le destre saturino qualsiasi spazio di espressione e trasformazione. Dichiariamo lo stato di disastro culturale: le nostre vite sono al limite. Vogliamo tutt’altro. L'assemblea è aperta ed è online, appuntamento venerdi 9 febbraio h 17,30  

Siamo artist_, lavorat_, operat_ dello spettacolo, ci mobilitiamo per denunciare lo stato di precarietà del nostro lavoro, le condizioni di degrado delle istituzioni culturali del nostro paese e la gravità degli accadimenti degli ultimi mesi: cariche pubbliche occupate dalla destra con manovre ai limiti della legittimità, spartizione delle nomine, polizia in assetto antisommossa davanti ai teatri pubblici, la sinistra al governo della città di Roma inetta e incompetente. Rigettiamo la scelta De Fusco nel merito oltre che nel metodo: è una scelta che racconta di un mondo in estinzione, quello dell'Artista solo al comando, maschio, bianco, cis-etero, over 65 lontano dalle trasformazioni rapidissime del mondo contemporaneo. Nelle sue stagioni le donne registe/coreografe rappresentano meno del 7% del programma e solo il 2,5% di spettacoli sono firmati da artist_ di meno di 40 anni. Il #sistemateatrale italiano mostra tutti i suoi limiti: assenza del #contemporaneo e della #ricerca, produzioni dei Teatri pubblici nazionali monopolizzate dai direttori (tutti maschi), provincialismo, #precarietà ed #esternalizzazione dell_ lavorat_. In un contesto nazionale in cui mancano #welfare e #diritti per lx intermittenti, saperi specifici di chi decide di #cultura, qualità e accesso alla #formazione e #finanziamentipubblici alle produzioni, alle compagnie, ai festival, alle residenze, ai centri di ricerca. Il caso del #TeatrodiRoma non solo costituisce un pericoloso precedente per tutte le future nomine delle grandi istituzioni culturali, ma è anche l’emblema di come funziona il sistema della cultura in Italia, un paese che sta toccando i livelli minimi di vivacità culturale e sociale, oltre che di capacità critica. È urgente sostenere e far risuonare questa mobilitazione culturale e politica, prima che le destre saturino qualsiasi spazio di espressione e trasformazione. Dichiariamo lo stato di disastro culturale: le nostre vite sono al limite. Vogliamo tutt’altro. L'assemblea è aperta ed è online, appuntamento venerdi 9 febbraio h 17,30

Come nel '68 il Festival di Venezia si svolse all'insegna della contestazione, nel 2010 i lavoratori dello spettacolo e gli autori occuparono il tappeto rosso della Festa del cinema di Roma per protestare contro i tagli al settore. Vista la preoccupazione che desta la modifica alla legge cinema voluta dal ministro dimissionario e dalla sottosegretaria sarebbe stato opportuna una manifestazione di dissenso almeno simbolica da parte di chi subisce i danni dei ritardi istituzionali e di provvedimenti che andranno ad incidere negativamente sulla produzione indipendente. Il ministero ha affermato di avere consultato le associazioni di categoria nel delineare questa nuova legge, cosa assolutamente non vera. Ma non ci si dovrebbe sorprendere considerando che un governo che fa della menzogna creativa, del vittimismo e dell'occupazione sistematica di tutte le posizioni decisionali una strategia politica. Anche se le dimissioni del ministro possono essere stata una distrazione non da poco, a sorprendere è la mancanza di iniziativa e di unità da parte di chi dovrebbe essere per primo sul piede di guerra, autori, produttori indipendenti e maestranze. Da un lato chi dovrebbe essere più in alto nella catena alimentare non ha evidentemente così tanto interesse ad andare a disturbare una vetrina importante dove magari ha qualche opera in concorso o in rassegna. Dall'altro le maestranze che potrebbero essere una massa critica numerica molto importante sono ancora impelagate in una revisione di normative contrattuali vecchie ormai di oltre due decenni. Forse il timore di inimicarsi l'intero establishment è tale per cui tutti cercano di tenersi stretta la propria tetta da mungere, per quanto sempre più avvizzita. Del resto i lavoratori dello spettacolo sono da sempre additati da una certa parte politica come una élite di privilegiati che campa di denaro pubblico. Come se, per dirne una, il settore dell'auto in Italia non avesse usufruito di incentivi statali negli ultimi decenni. Per questo una civile protesta durante una manifestazione che, seppur minore, ha comunque una sua visibilità mediatica, sarebbe stata importante se non utile. Era chiaro che la legge precedente doveva essere rivista perché tendeva favorire le grandi società, che indipendenti non sono, in quanto controllate da multinazionali straniere o emanazioni esecutive di network e piattaforme. Ma nuova normativa non farà altro che favorire ancora di più i grandi rispetto agli indipendenti, in barba alle norme sulla libera concorrenza. Forse è vero che questo governo sta prendendo provvedimenti ben più gravi, ma l'attacco all'industria culturale meriterebbe una reazione ben più risoluta di qualche borbottio. https://lnkd.in/dU-wNfpk

IL BIMBO PERDUTO DI NAPOLI CONQUISTA LA NUOVA SCENA Kid Lost, il "bambino perduto" di Qualiano, vince la prima edizione di Nuova scena – Rhythm + Flow Italia, il primo talent show urban-rap in Italia. Il vero nome del ventisettenne è Graziano Landolfo e viene da quella periferia nord di Napoli fatta di palazzi e vite celate dietro una finestra. Province quasi dimenticate, che fatica a prendere gli onori di cronaca di giornali o che arrancano nella scarsa attrattività o di occupazione, quartieri che però cullano i sogni di giovani talenti che alle volte diventano eccezioni che accendono fari su periferie che smorzano speranze. #KidLost, viene scelto nelle audtion della sua Napoli sotto gli occhi di #Geolier (giudice del talent con Fabri Fabri e Rose Villain) accompagnato nell'occasione da Rocco Hunt, un percorso in cui lottare contro una certa timidezza o introversione che lo porta fino alla serata finale e alla vittoria. L'Italia dimostra finalmente di essere pronta ad accogliere il #rap non più come fenomeno di nicchia legato agli albori di pubblico, alla cultura di strada e clubbing o a una generazione millennials e zeta legata alla #trap come codice identificativo e comunicativo, ma come affermazione nazionale. L'audace esperimento di synch intrattenutivo non poteva che venire da una piattaforma streaming, in questo caso #Netflix, che acquisisce i diritti del format vestandolo della sua versione nazionale e discattandosi dai canoni stantii di talent show delle reti nazionali. La risposta di engagement e numeri è ottimale, il format è stabilmente dalla sua uscita nelle prime dieci posizioni di prodotti più visti della piattaforma. I numeri su #Spotify ci raccontano di quasi 800 mila stream nell'ultima settimana per i primi tre singoli dei tre finalisti dello show. Oltre 1 milione e mezzo di visualizzazioni su #YouTube rispetto ai contenuti dedicati a "Nuova Scena" da parte del canale Netflix sulla piattaforma video. Inoltre più di 2 commenti generati sotto gli ultimi post della pagina Instagram di Netflix Italia e la collaborazione con #Red Bull. Insomma le periferie d'Italia gridano la loro urgenza e il loro talento, non ha bisogno di cliché o testi sessisti e machisti e l'Italia può finalmente sentire pronta per il rap come forma culturale contemporanea. #nuovascena

Ci vediamo giovedì al MIA | Mercato Internazionale Audiovisivo con questo progettino qui 👇🏻

Inauguriamo oggi una nuova rubrica fissa: una piccola rassegna che, ogni mese, racconterà notizie, fatti e curiosità che hanno colpito la nostra attenzione nei precedenti 30 giorni. Pubblicheremo sempre l'ultimo giorno del mese in questione o il primo del mese successivo, quindi teneteci d'occhio. Per la prima uscita abbiamo scelto di raccogliere tre notizie che hanno molto a che fare con la creatività: una bellissima campagna di Nike per la Squadra Olimpica Rifugiati in vista dei Giochi di Parigi 2024; la collaborazione tra il Comitato Italiano Paralimpico e l'artista Michelangelo Pistoletto per Casa Italia ai Giochi Paralimpici di Parigi 2024; e i premi assegnati alle agenzie creative italiane in occasione del Festival internazionale della creatività Leoni di Cannes. Nei commenti trovate link per approfondire ogni singola notizia, ma vi invitiamo a soffermarvi sull'ultimo, per un motivo che abbiamo molto a cuore. Negli ultimi anni, intorno al mondo delle agenzie creative italiane, soprattutto quelle più grandi, è nato un movimento di denuncia di pressioni, discriminazione, molestie e violenze che tante persone che vi hanno lavorato e vi lavorano tuttora subiscono quotidianamente. Non intendiamo dilungarci qui, e vi invitiamo a seguire Rebel Collective su Instagram per saperne di più. Così come, ed è ciò che trovate nelle storie, vi invitiamo ad ascoltare la puntata del podcast di Marketing Espresso in cui Marco Onorato e Sossio Morra hanno parlato di come occasioni come questa, purtroppo, non contribuiscano a innescare un dibattito sulla realtà del lavoro creativo d'agenzia in Italia. La puntata ha un titolo che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni: "Lindustria creativa non è solo premi". Con questo suggerimento non intendiamo puntare il dito contro nessuna realtà, ma solo accendere un faro, per quanto piccolo, su un tema che andrebbe trattato molto di più e molto più a fondo, a maggior ragione quando il settore gode della luce di riflettori così potenti. Senza nulla togliere alla validità delle idee e dei lavori premiati.