La situazione di Gianmarco Tamberi solleva una questione interessante sul delicato equilibrio tra trasparenza e privacy nella vita di un atleta d'élite. Da un lato, la condivisione dei momenti difficili può umanizzare gli atleti e creare un legame più forte con i fan. Dall'altro, c'è il rischio di trasformare una sfida personale in uno spettacolo mediatico. Spesso la pressione pubblica influenza le decisioni sulla salute e le prestazioni. E questo può non essere la cosa giusta per la carriera dell'atleta. È cruciale che gli atleti mantengano il controllo sulla narrativa della propria carriera, ma anche che preservino uno spazio privato per gestire le sfide personali senza l'amplificazione dei social media. Mi chiedo: come possono, come società sportive e coach, sostenere gli atleti nei momenti di difficoltà senza alimentare una cultura dell'ostentazione del dolore? Qual è il giusto equilibrio tra condivisione e riservatezza quando si tratta della salute di un atleta?
Alla fine Gianmarco Tamberi sarà sulle pedana della finale di questa sera, come lui stesso ha annunciato sui social, nonostante la colica renale, diventata un romanzo. E probabilmente si è oltre il livello di guardia di dimostrazione muscolare, fisica del dolore. Da questa mattina è in corso in pratica una diretta social sul calcolo del saltatore azzurro. Prima in ospedale, poi il suo post a proposito dei dolori della nottata, sui dubbi della sua presenza in pedana tra qualche ora e poco fa il post della moglie dall'ospedale che annuncia la visita medica cui si sta sottoponendo Gimbo. Minuto per minuto sul calcolo, compresa una foto con ago in vena del campione azzurro: siamo ovviamente tutti vicini a Tamberi, lo vogliamo in salute e in pedana, ma è il caso di montare un caso social? Quanto si rischia l'ostentazione del dolore? di Nicola Sellitti