Post di Mulino Caputo

Non sappiamo in voi, ma sentir dire o leggere per l’ennesima volta «fra tradizione e innovazione…» in articoli e interviste legati al mondo della cucina produce in noi gli stessi effetti degli abusati «top» o «carbocrema»: noia, disagio e insofferenza. Ci innervosiamo perché detestiamo i tormentoni linguistici ma, soprattutto, perché sarebbe ora di prendere atto che non esiste la tradizione per come ce l’hanno propinata negli ultimi decenni – trattasi piuttosto di ottimo storytelling, come sostengono da un po’ gli autori del podcast DOI –, e che l’innovazione è un processo imprescindibile per ogni forma di vita, arte o mestiere. Insomma, aria fritta. È anche vero che, a questo punto della storia, è difficile inventarsi qualcosa di mai sperimentato prima. Basta (si fa per dire…) cercare nei giusti ricettari del passato per accorgersene. Ne abbiamo letti parecchi, negli ultimi anni, soprattutto del periodo tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento, e, nel nostro piccolo, abbiamo imparato che l’arte culinaria è un moto continuo, perenne, dove l’avanguardia guarda al futuro nutrendosi del presente e amalgamandolo al passato. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, in natura come in cucina. Condite con infinite variabili sociali, commerciali, economiche, politiche, tecnologiche e il gioco è fatto. Prendiamo, per esempio, la pizza, il cibo che percepiamo come più rappresentativo della nostra identità nazionale. Grazie agli studi di Luca Cesari e al lavoro di ricerca del duo di Doi, Alberto Grandi e Daniele Soffiati, ora sappiamo, ad esempio, che la grande popolarità della pizza, qui in Italia, si deve agli italiani emigrati in America e poi tornati in patria con soldi e know-how. E che la leggenda legata alla pizza Margherita è, in sostanza, una bufala. Articolo di SAMANTA CORNAVIERA #pizzaallazingara #pizzagourmet #storiadellacucina #corradoscaglione #linkiesta #gastronomika

Sono felice di condividere il mio ultimo articolo dedicato a uno dei dolci simbolo della tradizione italiana: 𝗟𝗮 𝗚𝗿𝗮𝗻𝗶𝘁𝗮 🍧 In questo approfondimento, esploriamo il percorso storico e tecnico che ha portato questa delizia a diventare un'eccellenza nel mondo della pasticceria. 𝐃𝐚𝐢 𝐦𝐞𝐭𝐨𝐝𝐢 𝐚𝐫𝐭𝐢𝐠𝐢𝐚𝐧𝐚𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐧𝐨𝐯𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐦𝐨𝐝𝐞𝐫𝐧𝐞, il nostro articolo è pensato per i professionisti del settore, ma è anche una lettura interessante per chi vuole scoprire i segreti dietro questa fresca meraviglia! 👉 Leggi l'articolo completo sul mio blog : https://lnkd.in/dHDRcdG5 🔗 𝐒𝐞 𝐬𝐞𝐢 𝐮𝐧 𝐚𝐩𝐩𝐚𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐚𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐬𝐭𝐢𝐜𝐜𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐨 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐢𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐞𝐭𝐭𝐨𝐫𝐞, 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐢𝐧𝐮𝐚 𝐚 𝐬𝐞𝐠𝐮𝐢𝐫𝐦𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐞𝐧𝐮𝐭𝐢 𝐞𝐬𝐜𝐥𝐮𝐬𝐢𝐯𝐢 𝐞 𝐢𝐬𝐩𝐢𝐫𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢! #foodblog #pastry #pasticceriaitaliana #artedolce #MarcoMassi

Oggi è il #WorldPizzaDay e noi siamo qui per celebrare la regina della tavola in tutte le sue forme e sapori! Hai mai pensato che il tuo gusto preferito può dire molto su di te? Ogni ingrediente racconta una storia e un carattere inconfondibile. E proprio come noi, ogni pizza ha la sua personalità. Ti senti più una margherita, semplice e classica? Magari una diavola, decisa e audace? O forse una marinara, essenziale e diretta? Sfoglia la gallery e scopri quale parla di te. Scrivicelo nei commenti e tagga i tuoi amici che condividono questa passione! Dai un’occhiata alle nostre farine per diventare un vero esperto pizzaiolo 👉 https://lnkd.in/dX-__EpA 

Girando tra gli scaffali al supermercato per la consueta spesa quotidiana o settimanale, vi siete mai chiesti l’origine del nome di alcuni tra i più comuni o storici prodotti che mettiamo nel carrello? Ecco allora questa guida a puntate, che spiega la provenienza, il significato e qualche aneddoto legato ad alcuni marchi o agli stessi prodotti. In questo nuovo appuntamento scopriamo le curiosità legate al prosciutto crudo e tre delle varietà più diffuse. https://lnkd.in/dFqkeAmb di Roberto Mirandola

La cucina è anche avanguardia, senza sperimentazione non ci sarebbero novità. E spesso queste novità possono risultare anche sconvolgenti per il “senso comune”. È sotto questa luce che dobbiamo interpretare il certosino lavoro di ricerca fatto dal 2019 da Terry Giacomello, rivoluzionario chef di origini friulane che con il suo “limone dimenticato”, frutto biologico fatto ammuffire inoculando una muffa nobile (dal sapore che ricorda il Gorgonzola dolce), quindi svuotato e farcito di mousse di limone bruciato, ha fatto parlare tanto di sé, anche da chi in verità questo piatto non lo ha mai assaggiato, ma si è fermato alla prima occhiata. Gruppo Gelati, da sempre molto ricettivo verso l’innovazione, al tempo ha validato e certificato con preciso metodo scientifico il processo produttivo e il risultato finale di quello che diventato uno dei dessert più iconici della ristorazione internazionale. Ci siamo resi subito conto di aver aperto una nuova strada e da allora il nostro gruppo ha permesso con successo a centinaia di chef al mondo, alle prese con le problematiche di somministrazione dei piatti fermentati, di assicurare la sicurezza alimentare delle loro sperimentazioni in maniera scientifica e certificata. Gruppo Gelati: la leadership attraverso l’eccellenza #GruppoGelati #TerryGiacomello #CucinaCreativa #CucinaSostenibile #Dessert #piattifermentati #sicurezzalimentare #avangurdia #sperimentazione #innovazione #greatività #consulenza #servizi #certificazione #organizzazioneaziendale #ambiente #sicurezza #audit #certificazioni #responsabilità #formazione #knowhow

Un pasto, per i clienti del mondo della #ristorazione, non è più solo un pasto. La tua clientela vuole essere coinvolta nella creazione del piatto. La prima azione che puoi far svolgere loro è SCEGLIERE gli ingredienti delle proprie portate. Ecco perché molti locali scelgono di mettere in mostra gli ingredienti, per coinvolgere la vista dei commensali prima ancora che il loro palato! Non è solo una moda ma una vera e propria azione di marketing per il tuo ristorante. #chef #chefconsulente #consulenteperlaristorazione #ristorazioneprofessionale #trendristorazione

Se girate per panifici e avete un occhio attento vi sarete accorti che c’è stato negli ultimi anni un grande cambiamento sugli scaffali. Ci sono sempre più pani grandi, e sempre meno pani piccoli e pani di tradizione regionale. Perché mangiamo pani più grandi e abbiamo dimenticato i pani piccoli e lavorati? Rischiamo di perdere l’enorme diversità dei pani italiani? Ci siamo fossilizzati sui pani grandi per tanti motivi, proviamo a elencarli tutti, iniziando dalla storia recente. Ormai un decennio fa, era il 2013, uno chef che allora aveva due stelle Michelin e che proprio l’anno dopo arrivò alla terza, Niko Romito, fece un cambio epocale nel suo menu degustazione. Passò dalla fetta che proponeva nei cestini all’inserimento della pagnotta calda, intera, a metà del percorso del Ristorante Reale. Era a tutti gli effetti una portata del menu, non accompagnava altro ma era il piatto in sé. Possiamo datare qui l’arrivo sulle tavole dei ristoranti di tono di un pane completamente diverso da prima, che – allora – era una vera rivoluzione, dando centralità a un alimento che l’aveva persa, e raccontando una storia nuova. La storia del pane di Romito diventa un’altra rivoluzione, e la pagnotta oggi si può comprare e infornare anche a casa, a dimostrazione di quanto quell’esperimento gastronomico fosse utile per una nuova visione domestica del pane. Proprio negli stessi anni, c’è un altro personaggio che cambia le regole del mondo del pane in Italia: è Davide Longoni, che all’età di trent’anni e dopo studi in scienze informatiche decide di rivoluzionare l’azienda di famiglia e di dare una nuova strada alla panificazione contemporanea. Giorilli e Pol – due pilastri della panificazione – sono i suoi mentori, e da subito il suo forno diventa un luogo di cultura del pane, dove la pagnotta è protagonista. Longoni di fatto reinventa il modo di fare il pane, ma non solo: ripensa a come esporlo nei negozi, e lo fa diventare un oggetto del desiderio. Articolo di Anna Prandoni #pane #panificazione #dimensioni #linkiesta #Gastronomika Gruppo Niko Romito Panificio Davide Longoni

AUTUNNO in tavola con Pat! Come dare un tocco di novità nel tuo locale per accogliere i tuoi clienti nella giusta atmosfera? Ecco alcuni piccoli consigli in Patrioli Food Academy! https://lnkd.in/dcP-u9NZ Dai sfogo alla tua fantasia in cucina, con i prodotti Patrioli!

Storia dell'alimentazione: 2# L’Emoji della pizza.   🍕 Le migrazioni possono spiegare perché, quando digiti la parola #pizza sullo smartphone, ti appare un trancio al gusto diavola.    🌶 Al consorzio Unicode, che gestisce le #Emoji, piace il gusto piccante?     Questi simpatici pittogrammi espressione della comunicazione visiva non potevano che nascere nell’Impero dei segni, il Giappone.   Così come la pizza non potrebbe altro che nascere tricolore, come la margherita. O no?   Per gli storici dell’alimentazione è complesso individuare puntualmente le origini di un alimento a causa della scarsità delle fonti, spesso contraddittorie o controverse. Invece risulta affascinante studiare l’evoluzione dell’alimento nel tempo e nello spazio.   Al museo egizio di Torino puoi ammirare una forma di pane mummificata che ricorda una frisella, acquisita nei primi del ‘900 dall’egittologo Schiapparelli, presso la tomba di Kha da Deir el Medina (1543-1292 a.C.).   Nel 2023, in uno scavo a Pompei, è stato rinvenuto un affresco dove puoi scorgere una focaccia che sorregge una composizione di frutta (link nei commenti).   È proprio questa la funzione delle sfoglie di pasta nel corso dei secoli: fungere da supporto (come se fosse una stoviglia), o come involucro di altri alimenti (paste ripiene, torte e crostate).   Forse il primo a menzionare il termine pizza è il cuoco Bartolomeo Scappi nella sua Opera (1570), che la indica come base per fare torte, mentre Alexandre Dumas intorno il 1830 la cita descrivendola come la conosciamo noi oggi, compresa la variante con il pomodoro.   🍅 Pomodoro che arriva dall’America, attraverso l’influenza spagnola, e che fatica a sfondare nel vecchio continente finché i napoletani nel ‘700, complice penurie alimentari, decidono di usarlo un po’ ovunque. E infatti lo ritroviamo anche nella pizza, venduta da asporto come street food a Napoli. A metà ‘800 Cirio, imprenditore piemontese, sfrutta l’appertizzazione per inscatolare i pelati e il pomodoro diventa made in Italy.   Sempre a metà ‘800 iniziano le prime ondate migratorie dove disperati e affamati sbarcano nelle Americhe portandosi appresso sogni e tradizioni, e tanta voglia di mangiare proteine!   🗽Nei primi del ‘900 apriranno i primi locali che servono pizza a sedere, e saranno aperti a New York.   Le proteine saranno costituite da materie prime made in USA, ma lavorate secondo tradizione italiana: formaggio e insaccati. Quest’ultimo lavorato con peperoncino, secondo la tradizione meridionale.   Ne uscirà un salame chiamato #pepperoni, ingrediente principale di una delle pizze più vendute in America, che si chiama appunto pizza Pepperoni (e non ai peperoni!), talmente iconico che basta inviare dal tuo smartphone l’Emoji della pizza a Domino's e loro te la consegneranno fumante!   👉 Il piccante è dato dalla capsaicina, un alcaloide prodotto dalle piante per difesa. Questa molecola attiva i recettori del gusto o inganna i termorecettori della pelle?

Raccontano su Facebook e Instagram le ricette della tradizione di Messina. Io le seguo molto volentieri. Ecco la mia intervista a Soru in cucina https://lnkd.in/dtJ9e6bA