Stai pensando di trasferirti all'estero per migliori opportunità lavorative? Il 35% dei 1220 intervistati under 30 ha risposto sì. Le principali motivazioni che spingono i #giovani a emigrare sono: ✅ Offerte di #lavoro più interessanti; ✅ Mancanza di opportunità in Italia; ✅ Motivi familiari o personali. ➡️ Inoltre, il mercato lavorativo italiano è dominato dai boomer, lasciando poco spazio ai giovani. 👇 Scopri di più nell'articolo che abbiamo redatto.
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🧐 Quali sono i criteri determinanti per i #giovani under 20 in cerca di lavoro? 👉 L’indagine prodotta da Ipsos per Fondation Clariane, azienda leader in Europa per il settore sanitario e socio-sanitario, mostra che i giovani europei prediligono professioni che offrono un buon equilibrio tra vita privata e lavoro (60%) seguiti dal fascino della professione (56%) e l’ambiente di lavoro (50%) 📊 La classifica per i giovani italiani, invece, vede stipendio (58%) e possibilità di carriera (54%) subito dopo l’equilibrio vita-lavoro (70%) 📈 Tra i settori più richiesti dai giovani under 20 emergono il lusso (Europa 51%, Italia 62%), seguito da formazione (47%) e professioni sanitarie (45%) per quanto riguarda i giovani europei. Oltre al lusso, i giovani italiani prediligono telecomunicazioni e internet (61%) seguiti da arte e la cultura (49%) 😎 Scorri il carosello per scoprire i dettagli #Cooperjobxte #lavoro #under20
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Fra il 2008 e il 2022 più di mezzo milione di giovani ha lasciato l’Italia per motivi di lavoro – per l’esattezza 525mila ragazze e ragazzi: solo un terzo di loro è tornato a casa, e il numero degli espatri è destinato a crescere. L’Istat, infatti, prevede che entro il 2040 la popolazione in età lavorativa si ridurrà di 5,4 milioni di persone, con un calo del PIL del 13% circa. Lo conferma un’indagine realizzata da Ipsos per la Fondazione Raffaele Barletta, che ha coinvolto 1.200 under 30 che hanno parlato del proprio futuro: il 35% dei giovani intervistati si è detto pronto ad abbandonare l’Italia per andare a lavorare all’estero, dove le opportunità sono migliori e gli stipendi più alti – al netto del costo della vita. L’aveva già evidenziato il report di AlmaLaurea: all’estero i laureati italiani percepiscono in media il 56,1% in più, circa 2.174 euro netti mensili rispetto ai 1.393 euro di chi resta in Italia.Il nostro Paese «rischia di perdere la generazione Z» scrive il Sole 24 ORE, e in effetti solo il 15% degli intervistati dichiara di non essere interessato a spostarsi; un giovane su tre, invece, dice di voler restare nella propria regione – o al massimo spostarsi in una limitrofa. Hai avuto anche tu la necessità di abbandonare l’Italia per trovare un lavoro adeguatamente retribuito? Raccontaci la tua esperienza 👇
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Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte Il 57% degli italiani pensa che all’estero si possano costruire una carriera e una vita migliori. In dieci anni più di un milione hanno lasciato il Paese Un interessante articolo di Ilvo Diamanti ....... Più che una “generazione Z”, infatti, si tratta di una “generazione E”. Europea. Sulla quale investire le nostre speranze per un futuro diverso. E migliore.
Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte Il 57% degli italiani pensa che all’estero si possano costruire una carriera e una vita migliori. In dieci anni più di un milione hanno lasciato il Paese Un interessante articolo di Ilvo Diamanti su #LaRepubblica “Viviamo tempi difficili. Soprattutto per i giovani. Perché il mondo intorno a loro – e a noi – è sempre più “critico”. Così è difficile, per loro, pensare a progetti di vita (e lavoro) stabili oltre confine. Come in passato. Quando la “#migrazione” dei giovani dall’Italia, per motivi di studio e lavoro, ha costituito un progetto ricorrente. Secondo le stime dell’Istat, infatti, gli italiani fra 20 e 34 anni emigrati verso i principali Paesi europei, dal 2011 al 2021, sarebbero circa 400 mila. Ma la cifra, delineata da altri istituti statistici europei, è quasi tre volte superiore. Cioè, oltre un #milione. E la differenza si spiega con la prudenza dei giovani espatriati nel segnalare la propria presenza all’estero, quando non si tratta di un trasferimento definitivo. Questi dati sono sufficienti a suggerire come le preoccupazioni sollevate da molte parti di fronte al fenomeno migratorio siano inadeguate. Perché si riferiscono, principalmente, all’immigrazione “esterna”. Agli stranieri che provengono da altri Paesi. Mentre sottovalutano l’e-migrazione dei nostri #giovani, che vanno altrove. Per motivi di studio e lavoro. E spesso non rientrano. Il problema, peraltro, è accentuato dal declino demografico che accentua il declino del nostro Paese. Il numero medio di figli per donna, infatti, in Italia è 1,2 mentre in Europa, dove pure risulta in calo, si attesta su 1,46. È, quindi, significativo e inquietante osservare i dati del sondaggio condotto da Demos. Che rileva come quasi il 60% degli italiani (per la precisione, il 57%) intervistati sia d’accordo con l’affermazione: “per i giovani che vogliano fare carriera l’unica speranza è andare all’estero”. Si tratta di una misura in calo rispetto al decennio scorso, quando aveva superato il 70%. Ma appare comunque molto elevata. Troppo, per un Paese che invecchia. E non riesce a motivare i giovani, che continuano a (pre)vedere il proprio futuro altrove. Oltre i nostri confini. Il grado più elevato di consenso all’idea migratoria, riferita ai nostri giovani, si osserva presso coloro che hanno più di 30 anni. Fra i quali supera il 70%. Circa tre persone su quattro, fra gli “adulti” (30-64 anni) pensano, infatti, che occorra lasciare l’Italia. Migrare altrove, per costruire un progetto professionale pro-positivo. Perché i giovani sono una “generazione europea”. Che considera l’Europa la propria casa. Più che una “generazione Z”, infatti, si tratta di una “generazione E”. Europea. Sulla quale investire le nostre speranze per un futuro diverso. E migliore. Perché i giovani sono “il nostro futuro”. Anzi. Sono “il futuro”. E senza di loro rischiamo di rassegnarci a “un eterno presente”. Che scivola indietro. Verso il passato.” #flpnews
Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte
repubblica.it
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Articolo di I. Diamanti Generazione E #futuri #migrazione #nomadismo #maffesoli #tribù Imperdibile per chi lavora con e per i giovani (fortemente sconsigliato a nostalgici e a demolitori di speranze e a chi è incline a banali stereotipie)
Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte Il 57% degli italiani pensa che all’estero si possano costruire una carriera e una vita migliori. In dieci anni più di un milione hanno lasciato il Paese Un interessante articolo di Ilvo Diamanti su #LaRepubblica “Viviamo tempi difficili. Soprattutto per i giovani. Perché il mondo intorno a loro – e a noi – è sempre più “critico”. Così è difficile, per loro, pensare a progetti di vita (e lavoro) stabili oltre confine. Come in passato. Quando la “#migrazione” dei giovani dall’Italia, per motivi di studio e lavoro, ha costituito un progetto ricorrente. Secondo le stime dell’Istat, infatti, gli italiani fra 20 e 34 anni emigrati verso i principali Paesi europei, dal 2011 al 2021, sarebbero circa 400 mila. Ma la cifra, delineata da altri istituti statistici europei, è quasi tre volte superiore. Cioè, oltre un #milione. E la differenza si spiega con la prudenza dei giovani espatriati nel segnalare la propria presenza all’estero, quando non si tratta di un trasferimento definitivo. Questi dati sono sufficienti a suggerire come le preoccupazioni sollevate da molte parti di fronte al fenomeno migratorio siano inadeguate. Perché si riferiscono, principalmente, all’immigrazione “esterna”. Agli stranieri che provengono da altri Paesi. Mentre sottovalutano l’e-migrazione dei nostri #giovani, che vanno altrove. Per motivi di studio e lavoro. E spesso non rientrano. Il problema, peraltro, è accentuato dal declino demografico che accentua il declino del nostro Paese. Il numero medio di figli per donna, infatti, in Italia è 1,2 mentre in Europa, dove pure risulta in calo, si attesta su 1,46. È, quindi, significativo e inquietante osservare i dati del sondaggio condotto da Demos. Che rileva come quasi il 60% degli italiani (per la precisione, il 57%) intervistati sia d’accordo con l’affermazione: “per i giovani che vogliano fare carriera l’unica speranza è andare all’estero”. Si tratta di una misura in calo rispetto al decennio scorso, quando aveva superato il 70%. Ma appare comunque molto elevata. Troppo, per un Paese che invecchia. E non riesce a motivare i giovani, che continuano a (pre)vedere il proprio futuro altrove. Oltre i nostri confini. Il grado più elevato di consenso all’idea migratoria, riferita ai nostri giovani, si osserva presso coloro che hanno più di 30 anni. Fra i quali supera il 70%. Circa tre persone su quattro, fra gli “adulti” (30-64 anni) pensano, infatti, che occorra lasciare l’Italia. Migrare altrove, per costruire un progetto professionale pro-positivo. Perché i giovani sono una “generazione europea”. Che considera l’Europa la propria casa. Più che una “generazione Z”, infatti, si tratta di una “generazione E”. Europea. Sulla quale investire le nostre speranze per un futuro diverso. E migliore. Perché i giovani sono “il nostro futuro”. Anzi. Sono “il futuro”. E senza di loro rischiamo di rassegnarci a “un eterno presente”. Che scivola indietro. Verso il passato.” #flpnews
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Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte Il 57% degli italiani pensa che all’estero si possano costruire una carriera e una vita migliori. In dieci anni più di un milione hanno lasciato il Paese Un interessante articolo di Ilvo Diamanti su #LaRepubblica “Viviamo tempi difficili. Soprattutto per i giovani. Perché il mondo intorno a loro – e a noi – è sempre più “critico”. Così è difficile, per loro, pensare a progetti di vita (e lavoro) stabili oltre confine. Come in passato. Quando la “#migrazione” dei giovani dall’Italia, per motivi di studio e lavoro, ha costituito un progetto ricorrente. Secondo le stime dell’Istat, infatti, gli italiani fra 20 e 34 anni emigrati verso i principali Paesi europei, dal 2011 al 2021, sarebbero circa 400 mila. Ma la cifra, delineata da altri istituti statistici europei, è quasi tre volte superiore. Cioè, oltre un #milione. E la differenza si spiega con la prudenza dei giovani espatriati nel segnalare la propria presenza all’estero, quando non si tratta di un trasferimento definitivo. Questi dati sono sufficienti a suggerire come le preoccupazioni sollevate da molte parti di fronte al fenomeno migratorio siano inadeguate. Perché si riferiscono, principalmente, all’immigrazione “esterna”. Agli stranieri che provengono da altri Paesi. Mentre sottovalutano l’e-migrazione dei nostri #giovani, che vanno altrove. Per motivi di studio e lavoro. E spesso non rientrano. Il problema, peraltro, è accentuato dal declino demografico che accentua il declino del nostro Paese. Il numero medio di figli per donna, infatti, in Italia è 1,2 mentre in Europa, dove pure risulta in calo, si attesta su 1,46. È, quindi, significativo e inquietante osservare i dati del sondaggio condotto da Demos. Che rileva come quasi il 60% degli italiani (per la precisione, il 57%) intervistati sia d’accordo con l’affermazione: “per i giovani che vogliano fare carriera l’unica speranza è andare all’estero”. Si tratta di una misura in calo rispetto al decennio scorso, quando aveva superato il 70%. Ma appare comunque molto elevata. Troppo, per un Paese che invecchia. E non riesce a motivare i giovani, che continuano a (pre)vedere il proprio futuro altrove. Oltre i nostri confini. Il grado più elevato di consenso all’idea migratoria, riferita ai nostri giovani, si osserva presso coloro che hanno più di 30 anni. Fra i quali supera il 70%. Circa tre persone su quattro, fra gli “adulti” (30-64 anni) pensano, infatti, che occorra lasciare l’Italia. Migrare altrove, per costruire un progetto professionale pro-positivo. Perché i giovani sono una “generazione europea”. Che considera l’Europa la propria casa. Più che una “generazione Z”, infatti, si tratta di una “generazione E”. Europea. Sulla quale investire le nostre speranze per un futuro diverso. E migliore. Perché i giovani sono “il nostro futuro”. Anzi. Sono “il futuro”. E senza di loro rischiamo di rassegnarci a “un eterno presente”. Che scivola indietro. Verso il passato.” #flpnews
Generazione E: scappare in Europa è l’unico orizzonte
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IETM Communications Intern | EIMAS Erasmus Mundus Alumni | Passionate about Research on African Diasporas, Migrant Rights Advocacy and (Cultural) International Cooperation
Quando ero al secondo anno di triennale, lavoravo tre/quattro volte a settimana come cameriera in un ristorante del mio vicinato. Tra i miei aneddoti “preferiti” c’è di sicuro il momento in cui il cuoco mi ha lanciato addosso una padella che ho schivato per un pelo. A seguire, innumerevoli situazioni inappropriate rasenti l’abuso dalle quali sono riuscita a distaccarmi mentalmente solo perché conscia del fatto che non sarebbe stato il lavoro della vita. Al di là del fatto che nel settore della ristorazione lo sfruttamento lavorativo e gli episodi di #sessismo e #razzismo siano più una triste costante che una novità, dire che le mie successive esperienze lavorative "nel #terzosettore" mi abbiano infuso una rinnovata fiducia nel mercato del lavoro italiano sarebbe una bugia, per usare un eufemismo. Quando mi confronto con amicə che vivono e lavorano in Italia è quasi assurdo rendersi conto di quanto siamo asservitə all'idea che essere oggettificatə, svalutatə e urlatə in faccia - o per telefono - sia un modo appropriato di essere trattatə sul luogo di lavoro. Qualcosa per cui bisogna semplicemente “stringere i denti” e andare avanti. In “Exit Only: Cosa sbaglia l'Italia sui cervelli in fuga”, Giulia Pastorella mostra come molte delle discussioni sul tema siano ancora spesso incanalate in una malcelata accusa verso i #giovani e percezione di "tradimento ai danni della Repubblica”. Una “Repubblica fondata sul lavoro” che di fatto svilisce i propri lavoratori e non li paga neanche a sufficienza. Un’ottica che problematizza l’emigrazione in quanto tale è “tanto illiberale quanto limitare l’immigrazione”. Bisognerebbe invece iniziare a problematizzare la cultura pervasiva in Italia che spesso considera il lavoro come luogo di “sacrificio”: del proprio tempo libero, del proprio benessere psicofisico, della propria autonomia, della propria dignità. L’#emigrazione giovanile è anche una questione di giustizia sociale.
Così l’Italia esporta i talenti: 2,8 milioni le italiane emigrate Il numero di donne che hanno scelto l’estero è raddoppiato rispetto al 2006 e molte di loro sono laureate Un interessante articolo di Maria Paola Mosca su #IlSole24Ore “Italiane in cerca di opportunità. E se le opportunità sono oltre confine nessun problema, si emigra. Stando ai dati Aire (il registro degli italiani residenti all’estero) dal 2006 il loro numero è infatti raddoppiato. Rispetto al passato, poi, aumentano quelle che non partono a seguito di un partner o per riunire la famiglia, ma sono mosse da un interesse economico e da migliori occasioni di lavoro e carriera, attratte dalla maggiore valorizzazione delle competenze e del merito offerte fuori dall’Italia. Spesso giovani, molte di loro hanno un’alto grado di preparazione: gli ultimi dati AlmaLaurea disponibili (2022) dicono che il 5% di tutte le laureate lavora all’estero. Sono in particolare il 6,1% di quelle che hanno completato studi STEM. In confronto ai flussi di emigrazione precedenti, la grande differenza non sta tanto nei numeri di quelli che partono, ma nel livello di istruzione che hanno. Da almeno 15 o 20 anni infatti lasciano il Paese un gran numero di laureati e professionisti specializzati, profili qualificati che vanno a comporre una comunità eterogenea arrivata a contare, sempre secondo l’Aire, oltre sei milioni di persone. Un incremento pari al 91%, con un picco registrato in particolare tra le donne (+99,3%) rispetto al 2006. Secondo molti le stime sono grandemente sottostimate, non essendo obbligatorio modificare la propria residenza quando ci si trasferisce fuori confine, ma i dati ufficiali ci dicono che risiedono fuori dall’Italia oltre 2,8 milioni di italiane, cioè il 48,2% del totale (dati Aire, elaborazione Migrantes, “Rapporto Italiani nel Mondo”). Le destinazioni preferite restano gli stati europei economicamente più avanzati attrattivi non solo per i giovanissimi dal momento che i registrati Aire tra i 35 e i 49 anni sono oltre 1 milione e 300 mila nell’ultimo decennio contro i 377mila giovani tra 20 e 34 anni (dati Istat). Di questi ultimi, il 30% ha completato gli studi universitari - percentuale superiore al numero dei laureati totali in Italia nella fascia di età tra i 20 e i 39 anni. Una delle cause più rilevanti della “fuga dei cervelli” allora risulta proprio il «mancato sostegno e valorizzazione dell’occupazione femminile», tra l’altro «una delle cause principali del calo delle nascite» commenta sempre il rapporto. L’Italia invecchia, si spopola e non attrae. E nonostante i numeri dei giovani che emigrano, il Paese non sta sviluppando condizioni che invoglino i giovani a restare o a far tornare i talenti espatriati. Tanto meno funzionano le proposte per attrarre più talenti europei, per esempio, a trasferirsi regolarmente nel bel Paese.“ https://lnkd.in/dDBiKuSq #flpnews #emigrazione Seguimi su LinkedIn: https://lnkd.in/dgUYdM5s.
Così l’Italia esporta i talenti: 2,8 milioni le italiane emigrate
ilsole24ore.com
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🌍 Il 5% delle laureate italiane emigra all’estero, le #STEM sono addirittura il 6,1%. L’emigrazione verso nuove prospettive lavorative è un fenomeno sempre più diffuso e oggi, secondo i dati AIRE, sono 6 milioni gli italiani residenti all’estero - più del 91% rispetto al 2006. Ma cosa è cambiato nel tempo? La differenza dei flussi non è nei numeri ma nella preparazione di chi parte. 📈 Sul Il Sole 24 Ore un’interessante focus sulle #donne italiane che emigrano all’estero. Dall’analisi emerge che le laureate #STEM lasciano di più il Paese rispetto a quelle con preparazioni differenti (6,1% rispetto al 5% generale) 👩🚀. È evidente che il mercato del lavoro internazionale offra un ambiente favorevole per le #donne qualificate nel campo scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico ma non solo. Tuttavia, l'Italia continua a lottare per mantenere il passo con questo trend globale, mantenendo però un'occupazione femminile inferiore alla media europea, alti tassi di abbandono del lavoro alla nascita del primo figlio e disparità salariali basate sul genere. 👉 Leggi l’articolo per approfondire i dati: https://lnkd.in/dhc-BTkP #inJob #DesignerdiCarriere #TheSignofPeople #inJobPeople #job #lavoro #TrendHR #italianiallestero #workingabroad
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📣 Perché giovani emigrano dall'Italia? ❗ L’Istat mercoledì ha pubblicato il suo rapporto annuale e ciò che scaturisce è che l’età media dei lavoratori in Italia (uno dei Paesi con maggior declino demografico al mondo), sale più di quanto salga l’età media complessiva. Sostanzialmente, l’Italia sta invecchiando, ma il mondo del lavoro ancora di più. Infatti, nonostante l’aumento dei posti di lavoro, i giovani emigrano dall’Italia in proporzioni superiori a quelle degli anni neri della crisi finanziaria. ➡ Negli ultimi vent’anni, le aziende si sono affidate a dipendenti con esperienza pluri decennale e prossimi alla pensione, mentre per quanto riguarda i giovani, al termine del 2022 gli occupati fino ai 34 anni erano il 45%. ➡ Il fenomeno dell’emigrazione dall’Italia è quindi diventata una dinamica giovanile importante le cui percentuali sono aumentate dopo il periodo 2008-20012, caratterizzato dalla glaciazione economica. Nel 2002 il numero degli emigrati ufficiali si attestava allo 0,23% dei giovani residenti in Italia ed è poi esploso fino a essere lo 0,84% nel 2015. 📌 Nel 2022 quasi centomila persone hanno cancellato la propria residenza in Italia. Perché? Molti di questi giovani non si identificano con i modelli tradizionali d’impresa e con i percorsi di carriera che vedono qui disponibili. L’Istat, infatti, ha rilevano un livello di soddisfazione per le opportunità di carriera pari al 31%, dato che sembra destinato a peggiorare con le nuove generazioni. 📌 In un periodo storico come quello che stiamo vivendo, con enormi trasformazioni tecnologiche, energetiche e di mercato, comprimere le nuove generazioni è controproducente perché limita le nuove menti e le loro potenzialità legate allo sviluppo di progetti di adattamento ai cambiamenti odierni. 📍 Al giorno d’oggi quindi investire nel futuro e nei giovani rappresenta una priorità. #SpaceWork #rassegnastampa #hrstrategies #newgenerations
Il lavoro al contrario nell’Italia che invecchia: i boomer in azienda mentre i giovani emigrano
corriere.it
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La generazione E, dove la E sta per "europea”, che considera l’Europa la propria casa, senza i vincoli dei confini nazionali. È significativo osservare i dati del sondaggio condotto da Demos, che rileva come quasi il 60% degli italiani (per la precisione, il 57%) intervistati sia d’accordo con l’affermazione: “per i giovani che vogliano fare carriera l’unica speranza è andare all’estero”. In dieci anni più di 1 milione hanno lasciato il Paese. Un Paese che invecchia e che non riesce a offrire opportunità ai giovani, che continuano a vedere il proprio futuro altrove. Oltre i nostri confini. Migrare altrove, per costruire un progetto professionale pro-positivo. Solo gli anziani, con 65 anni e oltre, esprimono un’idea diversa. Anche il livello di istruzione influenza gli atteggiamenti sull’argomento. La vocazione migratoria, alla ricerca di percorsi di studio e lavoro che favoriscano le possibilità di carriera, cresce fra quanti dichiarano un livello di istruzione – e dunque un titolo di studio – più elevato. Tuttavia, non si osservano grandi differenze sulla base della professione svolta. Appare significativo, invece, il sostegno limitato verso l’idea di spingere i giovani a studiare e fare esperienza professionale in altri Paesi, fra i liberi professionisti. E i disoccupati. Per ragioni, probabilmente, opposte. I liberi professionisti perché pensano che il loro ambiente costituisca un luogo di formazione e di perfezionamento efficace. E utile. Senza rivolgersi altrove. I disoccupati perché vedono la migrazione dei giovani come una fuga da un Paese che dovrebbe affrontare la questione del “non lavoro”, anzitutto, in casa propria. Una volta la migrazione in Italia vedeva molti giovani del Meridione spostarsi verso le regioni del Centro-Nord per cercare migliori opportunità lavorative e di vita. Questa dinamica ha segnato in modo profondo lo sviluppo economico e sociale del Paese. Oggi la situazione è diversa, con una migrazione che non segue più necessariamente questa direttrice geografica, ma si rivolge molto di più verso l'estero, in cerca di opportunità che l'Italia nel suo complesso non riesce più ad offrire adeguatamente. Siamo di fatto entrati in una nuova fase della mobilità.
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Nessuna fuga verso l'Europa Vorrei cogliere il post ed i dati citati da Lorenzo sul tema degli Italiani "in fuga" verso l'Europa, per fornire il mio commento. E questo banalmente è che l'Italia fa parte dell'Europa! E quindi non c'è fuga se si resta all' interno dell'Unione. Piuttosto, mi piacerebbe porre l'accento sul fatto che se col tempo abbiamo acquisito un'identità nazionale oltre a quella cittadina, provinciale e regionale, forse quello che ci manca ancora è di considerare l'Europa come parte della nostra casa. Così come non ci sembra più traumatico un trasferimento fra città italiane, non dovrebbe più nemmeno esserlo un trasferimento verso città al di fuori dei confini politici del paese. Così come non sembra uno spreco che le risorse di un'università avvantaggino l'economia di un' altra città o regione, sarebbe utile ricordarci che i nostri diplomati e laureati continuano a contribuire all'economia di paesi le cui tasse ritornano in Italia sotto forma di fondi Europei (a saperli spendere ovviamente!). Con l'evoluzione demografica e migratoria, dovremmo accettare che l'Italia è sempre meno una realtà politica e sempre più una realtà culturale.. che trova facilmente spazio in una valigia (o più d'una considerando piumioni e maglioni)! Infine, piuttosto che vedere come preoccupante l'idea che un connazionale varchi la frontiera, sarebbe il caso che a livello politico italiano si cercasse di velocizzare l'integrazione e la standardizzazione delle strutture paese con quella dei nostri vicini. A quel punto l'Unione sarà completa e saremmo davvero sempre a casa.
La generazione E, dove la E sta per "europea”, che considera l’Europa la propria casa, senza i vincoli dei confini nazionali. È significativo osservare i dati del sondaggio condotto da Demos, che rileva come quasi il 60% degli italiani (per la precisione, il 57%) intervistati sia d’accordo con l’affermazione: “per i giovani che vogliano fare carriera l’unica speranza è andare all’estero”. In dieci anni più di 1 milione hanno lasciato il Paese. Un Paese che invecchia e che non riesce a offrire opportunità ai giovani, che continuano a vedere il proprio futuro altrove. Oltre i nostri confini. Migrare altrove, per costruire un progetto professionale pro-positivo. Solo gli anziani, con 65 anni e oltre, esprimono un’idea diversa. Anche il livello di istruzione influenza gli atteggiamenti sull’argomento. La vocazione migratoria, alla ricerca di percorsi di studio e lavoro che favoriscano le possibilità di carriera, cresce fra quanti dichiarano un livello di istruzione – e dunque un titolo di studio – più elevato. Tuttavia, non si osservano grandi differenze sulla base della professione svolta. Appare significativo, invece, il sostegno limitato verso l’idea di spingere i giovani a studiare e fare esperienza professionale in altri Paesi, fra i liberi professionisti. E i disoccupati. Per ragioni, probabilmente, opposte. I liberi professionisti perché pensano che il loro ambiente costituisca un luogo di formazione e di perfezionamento efficace. E utile. Senza rivolgersi altrove. I disoccupati perché vedono la migrazione dei giovani come una fuga da un Paese che dovrebbe affrontare la questione del “non lavoro”, anzitutto, in casa propria. Una volta la migrazione in Italia vedeva molti giovani del Meridione spostarsi verso le regioni del Centro-Nord per cercare migliori opportunità lavorative e di vita. Questa dinamica ha segnato in modo profondo lo sviluppo economico e sociale del Paese. Oggi la situazione è diversa, con una migrazione che non segue più necessariamente questa direttrice geografica, ma si rivolge molto di più verso l'estero, in cerca di opportunità che l'Italia nel suo complesso non riesce più ad offrire adeguatamente. Siamo di fatto entrati in una nuova fase della mobilità.
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