Post di Rocca 1794

Nella prima metà dell’esercizio il gruppo controllante Cartier, Van Cleef & Arpels e Montblanc ha riportato una lieve flessione dei ricavi dell’1% a 10 miliardi di euro, mentre i profitti sono crollati da 1,51 miliardi a 457 milioni. Tiene la gioielleria, ma pesano gli orologi e il mercato asiatico

Con la cifra spesa per comprare il palazzo di via Monte Napoleone 8 a Milano, il gruppo Kering avrebbe potuto comprare la FERRAGAMO. Visto che si tratta di società quotate, meglio precisare: non è la notizia di qualcosa che era sul tavolo e che non è avvenuta. È una (apparente) curiosità. Come si ricorderà, a inizio aprile Kering ha comprato il palazzo di Monte Napoleone 8 pagandolo 1,3 miliardi di euro. Si tratta di un prezzo equivalente a quello che il mercato riconosce all’intera Salvatore Ferragamo: attualmente la capitalizzazione di Borsa di Ferragamo è, infatti, inferiore a 1,6 miliardi di euro. Il distacco tra il valore riconosciuto al palazzo e il valore riconosciuto alla Ferragamo sono i 300 milioni che rappresentano la cassa della società. Gli ultimi dieci anni, l’andamento del titolo, gli interrogativi e le attese del mercato nell’articolo di TPF-ThePlatform nel primo commento PS. Questo articolo NON dice che Kering avrebbe dovuto comprare Ferragamo. Dice semplicemente che Ferragamo vale in Borsa la cifra che Kering ha pagato per comprare il palazzo di via Monte Napoleone 8. Per evitare confusione ho precisato meglio l’attacco, anche se c’era già scritto. L’articolo è su Ferragamo. Prima di commentare in modo fuorviante, bisogna leggere tutto l’articolo.

Ruffini Partecipazioni Holding, la holding di Remo Ruffini, e Lvmh annunciano che oggi il colosso del lusso guidato da Bernard Arnault, attraverso una società veicolo, ha acquisito una partecipazione del 10% in Double R (il veicolo d’investimento controllato da Ruffini Partecipazioni Holding), che detiene una quota diretta in Moncler pari a circa il 15,8%. Nel concreto, Lvmh entra in Moncler. Come si legge in una nota, in base ai termini dell’operazione, Double R aumenterà la sua partecipazione in Moncler fino a un massimo del 18,5% attraverso ulteriori acquisti di azioni Moncler nel corso di circa 18 mesi. Il finanziamento di tali acquisti sarà fornito da Lvmh, che incrementerà il proprio investimento in Double R fino a un massimo di circa il 22%. Dopo l’annuncio il titolo in Borsa di Moncler è salito di circa il 9%.

Tradizione ed eleganza sono le peculiarità di Aretusa, una collezione storica dalla personalità decisa e unica.

«Noi non possiamo paragonarci ai grandi marchi della gioielleria, non vogliamo essere né Bulgari, né Cartier, né Pomellato, ma abbiamo un’identità ben definita». L’identità che l’argentiere-architetto Giovanni Raspini ha costruito negli ultimi vent’anni partendo da Arezzo è fatta di stile e di posizionamento commerciale: «Vogliamo essere un bel gioiello in argento di fascia medio-alta – spiega l’imprenditore – e il fatto di avere 35 negozi, tra cui quelli in via della Spiga a Milano, in via del Babuino a Roma, in via della Vigna Nuova a Firenze e in via Filangieri a Napoli, contribuisce a far capire chi siamo». Da poche settimane a questi si è aggiunto il monomarca di Torino, aperto in via Roma accanto a Vuitton. Entro l’anno toccherà a Bologna. Il progetto continuerà al ritmo di quattro negozi all’anno. Lo sviluppo retail, in larga parte a gestione diretta e in larghissima parte in Italia, ha dato una bella spinta al fatturato di Raspini, che quest’anno toccherà i 34 milioni di euro. «Cresceremo dell’8% sul 2022, che era stato un anno molto buono – sottolinea l’imprenditore - chiuso a 31 milioni di euro con ebitda del 17%. L’obiettivo per quest’anno era di arrivare a 35 milioni, ma negli ultimi mesi il mercato sta rallentando e dunque stimiamo 34 milioni. Tutto questo senza toccare un grammo d’oro, perché noi utilizziamo argento». Nel 2019, prima della pandemia, Raspini fatturava meno di 20 milioni di euro: l’accelerazione post-Covid è stata forte, tanto più perché realizzata quasi esclusivamente sul mercato italiano. L’export, oggi intorno al 6%, resta il traguardo da centrare guardando soprattutto alla Germania e, ora, all’Asia. «All’inizio d’agosto abbiamo siglato un contratto con un distributore cinese che ha 25 negozi di gioielleria: tra qualche mese partiremo, speriamo di aver trovato il partner giusto», spiega Raspini che progetta e produce tutto nello stabilimento di Arezzo, da dove gestisce anche i negozi. I dipendenti sono 150, di cui una sessantina impiegati nelle boutique. La proprietà dell’azienda resta familiare e questo vuol dire che «se si decide di cambiare una linea, dopo due ore siamo in grado di lavorarci», sottolinea l’imprenditore che detiene il 70% dell’azienda (il restante 30% è di un socio) e che dall’anno scorso ha deciso di strutturarla inserendo manager esterni, tra cui il direttore generale Luca Padula. Una delle ultima novità presentate al mercato è la linea di gioielli maschili, che oggi dà il 6-7% del volume d’affari e punta ad arrivare al 10%. «Mancava un’azienda che facesse gioielli in argento per uomo – spiega Raspini – e questa linea ci sta dando grandi soddisfazioni, anche se non ha la frivolezza e la leggerezza delle linee donna. Tanti nostri prodotti erano già unisex, ma avere una collezione dedicata ci ha aperto potenzialità». IL SOLE 24 ORE

È giallo sul pacchetto del 5,7%: la saga familiare di Hermès si tinge di lusso e mistero Un nuovo capitolo si aggiunge alla storia della maison Hermès, intrisa di tradizione, eleganza e intrecci familiari. Questa volta, al centro della scena non c’è una Birkin bag o una Kelly, ma un pacchetto di quote dal valore inestimabile: il 5,7% del capitale del gruppo, un simbolo di potere e controllo nel mondo esclusivo della pelletteria di lusso. I riflettori sono puntati su Nicolas Puech, esponente della quinta generazione della leggendaria famiglia fondatrice. Un uomo discreto, lontano dai clamori delle passerelle, ma che detiene una fetta significativa di un impero valutato miliardi. Secondo indiscrezioni, queste quote potrebbero essere passate nelle mani di un gigante del lusso, che già detiene l’1,89% della società, segnando così una possibile svolta nella governance e negli equilibri interni. Tra eredità e acquisizioni: il destino del lusso Il fascino di Hermès non risiede solo nei suoi prodotti iconici, ma anche nella struttura familiare che da decenni resiste alle mire espansionistiche dei grandi gruppi internazionali. Una strategia che ha permesso al marchio di mantenere un’identità unica e indipendente, lontana dalle logiche di mercato che dominano i colossi conglomerati. Ma l’ipotesi di un cambio di proprietà per questo pacchetto del 5,7% solleva interrogativi: siamo di fronte a una semplice cessione privata o all’inizio di una trasformazione epocale? Le quote di Puech, anche se in apparenza marginali, potrebbero rappresentare una breccia per chi ambisce a mettere le mani su un simbolo dell’eccellenza artigianale francese. L’ombra dei giganti del lusso Le voci non confermate puntano il dito verso un colosso del settore, che negli anni ha già dimostrato un interesse silenzioso ma costante per Hermès. Il 1,89% del capitale, già detenuto, potrebbe essere solo la punta dell’iceberg di una strategia più ampia. Acquisire Hermès significherebbe non solo possedere un marchio, ma accedere a un patrimonio culturale e creativo ineguagliabile. Famiglia contro mercato: chi vincerà? Per Hermès, la sfida è duplice: da un lato, preservare l’heritage e l’autonomia che hanno reso unico il brand; dall’altro, navigare un mercato sempre più competitivo, dove le fusioni e le acquisizioni sono all’ordine del giorno. La famiglia saprà trovare un equilibrio o dovrà cedere al fascino delle offerte milionarie? In attesa di conferme ufficiali, una cosa è certa: nel mondo del lusso, ogni dettaglio conta, e ogni mossa può riscrivere la storia. Hermès, con il suo inconfondibile logo della carrozza, è ancora una volta al centro di un viaggio carico di mistero, tradizione e potere.

Prosegue solida la performance del gruppo milanese, grazie a un terzo trimestre che l’ad Andrea Guerra definisce «di crescita like-for-like di alta qualità» (+18%). Dall’inizio dell’anno il fatturato sfiora i 3,83 miliardi, con Miu Miu a +97% e incrementi a doppia cifra in Europa, Giappone e Medio Oriente. In miglioramento anche le Americhe (+7%)

La classifica di Lyst lo ha anticipato, Prada e Miu Miu sono i brand più desiderati del primo trimestre dell’anno. E i numeri approvati oggi lo certificano: nei primi tre mesi del 2024 Prada Group   ha avuto ricavi per 1,187 miliardi, in crescita del +16% anno su anno. Bene anche l’Asia. L’articolo di TPF-ThePlatform nel primo commento

PRADA VESTE VERSACE Prada potrebbe comprare Versace da Kors per 2 miliardi $. Voi lo fareste? Tornano i rumors su Versace e la possibile vendita del brand che ora è nel portafoglio di Capri Holding. Secondo il Sole 24 Ore, Prada si sarebbe di nuovo affacciata alla finestra chiamando Citi come advisor per analizzare il dossier. In Borsa il titolo non si è riscaldato e ha chiuso in calo dello 0,41% a 60,25 dollari di Hong Kong mentre Capri Holding a Wall Street ha chiuso la seduta praticamente invariata (+0,05% a 21,51 dollari). L'idea di un polo del lusso italiano potrebbe essere il motore dell'operazione ma il nodo sarebbe il prezzo. Capri Holdings ha acquistato Versace nel 2018 dalla famiglia Versace e dal fondo d'investimento americano Blackstone, per circa 1,83 miliardi di euro. Il 2024 è stato un annus horribilis per il lusso e il brand ha chiuso il secondo trimestre con ricavi in calo del 28% a 201 milioni e una perdita operativa di 3 milioni di dollari. (ansa)

🖼️ 𝐀𝐫𝐭𝐞 𝐞 𝐢𝐧𝐯𝐞𝐬𝐭𝐢𝐦𝐞𝐧𝐭𝐢: 𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐥𝐥𝐞𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐂𝐫𝐞𝐦𝐢𝐞𝐮𝐱 𝐞 𝐑𝐞𝐧𝐚𝐮𝐥𝐭 𝐛𝐫𝐢𝐥𝐥𝐚𝐧𝐨 𝐚𝐥𝐥'𝐚𝐬𝐭𝐚 𝐝𝐢 𝐏𝐚𝐫𝐢𝐠𝐢. L’asta parigina delle collezioni Cremieux e Renault ha incantato il mercato internazionale, attirando collezionisti e appassionati da tutto il mondo. Queste due prestigiose raccolte di opere d’arte, radicate nella tradizione del collezionismo francese, hanno fatto registrare cifre record 📊. 𝐿’𝑎𝑠𝑡𝑎 ℎ𝑎 𝑣𝑖𝑠𝑡𝑜 𝑟𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑛𝑔𝑒𝑟𝑒 𝑐𝑖𝑓𝑟𝑒 𝑒𝑙𝑒𝑣𝑎𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑎𝑙𝑐𝑢𝑛𝑖 𝑝𝑒𝑧𝑧𝑖 𝑖𝑐𝑜𝑛𝑖𝑐𝑖, 𝑡𝑟𝑎 𝑐𝑢𝑖 𝐿𝑖𝑐𝑒 𝑡𝑎𝑝𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑑𝑖 𝐽𝑒𝑎𝑛 𝐷𝑢𝑏𝑢𝑓𝑓𝑒𝑡, 𝑣𝑒𝑛𝑑𝑢𝑡𝑎 𝑎 1,37 𝑚𝑖𝑙𝑖𝑜𝑛𝑖 𝑑𝑖 𝑒𝑢𝑟𝑜, 𝑒 𝑆𝑎𝑛𝑠 𝑡𝑖𝑡𝑟𝑒 𝑑𝑖 𝐽𝑜𝑎𝑛 𝑀𝑖𝑡𝑐ℎ𝑒𝑙𝑙, 𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑑𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑏𝑒𝑛 730.800 𝑒𝑢𝑟𝑜. Per molti appassionati, acquistare queste opere significa non solo entrare in possesso di un pezzo di storia, ma anche assicurarsi un bene durevole nel tempo 🌍💼. 𝐴𝑙𝑡𝑟𝑖 𝑒𝑠𝑒𝑚𝑝𝑖 𝑑𝑖 𝑠𝑢𝑐𝑐𝑒𝑠𝑠𝑜 𝑖𝑛𝑐𝑙𝑢𝑑𝑜𝑛𝑜 𝑆𝑡𝑢𝑑𝑦 𝑓𝑜𝑟 𝐻𝑜𝑚𝑎𝑔𝑒 𝑡𝑜 𝑡ℎ𝑒 𝑆𝑞𝑢𝑎𝑟𝑒: 𝑊𝑎𝑖𝑡 𝑑𝑖 𝐽𝑜𝑠𝑒𝑓 𝐴𝑙𝑏𝑒𝑟𝑠, 𝑏𝑎𝑡𝑡𝑢𝑡𝑎 𝑎 819.000 𝑒𝑢𝑟𝑜, 𝑒 1-800 (𝑆𝑎𝑙𝑣𝑎𝑔𝑒) 𝑑𝑖 𝑅𝑜𝑏𝑒𝑟𝑡 𝑅𝑎𝑢𝑠𝑐ℎ𝑒𝑛𝑏𝑒𝑟𝑔, 𝑎𝑔𝑔𝑖𝑢𝑑𝑖𝑐𝑎𝑡𝑎 𝑎 831.600 𝑒𝑢𝑟𝑜 🖌️. 𝐈𝐥 𝐬𝐮𝐜𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐞 𝐚𝐬𝐭𝐞 𝐨𝐟𝐟𝐫𝐞 𝐮𝐧 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐫𝐨 𝐬𝐞𝐠𝐧𝐚𝐥𝐞: 𝐥’𝐚𝐫𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐚 𝐪𝐮𝐚𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐢𝐧𝐮𝐚 𝐚𝐝 𝐚𝐟𝐟𝐚𝐬𝐜𝐢𝐧𝐚𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐯𝐚𝐥𝐨𝐫𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐫𝐢𝐧𝐬𝐞𝐜𝐨 𝐞 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢𝐭𝐚̀ 𝐝𝐢 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐨𝐥𝐚𝐭𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚̀ 𝐞𝐜𝐨𝐧𝐨𝐦𝐢𝐜𝐚. Con eventi come quello di Parigi, l’arte si riconferma uno strumento unico per unire cultura, capitale, investimenti e passione. #ArtMarket #arte #finanza #investimenti #InvestireNellArte #ArteEFinanza #MercatoDArte #Collezionismo #ValoreDellArte #ArteComeInvestimento #ArteContemporanea