Capire le prove di trazione
Data : 03/05/2023 Autore : Alessandro Bedini

Capire le prove di trazione

Il test più iconico per le prove meccaniche è senza ombra di dubbio la prova di trazione. Qualunque sia l’ambito in cui un item è progettato bisogna conoscere i limiti meccanici del materiale prescelto nelle condizioni di lavoro e anche in condizioni estreme al di fuori dei limiti progettuali. La prova di trazione ci viene incontro fornendoci diversi dati con un unico test.

L’esperimento è piuttosto facile. Un provino a geometria nota viene posto tra due morse che tengono saldamente le teste per tutta la durata della prova. Il tratto che verrà sottoposto a snervamento possiede precise dimensioni che consentono di ricostruire da un grafico sforzo/deformazione tutta una serie di parametri utili per caratterizzare meccanicamente il materiale.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine
Foto 1 – posizionamento del provino sulla macchina di trazione

Il grafico sforzo vs. deformazione

Il grafico varia ovviamente da materiale a materiale ma possiede diverse regioni che sono presenti quasi sempre e che descrivono i vari comportamenti meccanici che il materiale assume mano a mano che si avvicina alla rottura. Il grafico riporta in ascissa la deformazione e in ordinata lo sforzo applicato. Il primo tratto segue la legge di Hooke ed è chiamato tratto elastico. In questa regione lo sforzo a cui è sottoposto un materiale provoca una deformazione reversibile e non permanente. In pratica si comporta come una molla che, dopo aver applicato un carico, ritorna nella sua posizione iniziale una volta rimosso lo sforzo. Questa situazione non è però costante per tutto l’allungamento. Mano a mano che si procede si incontra il punto A che rappresenta il punto limite oltre il quale il materiale inizia a perdere le sue capacità elastiche. Dopo questo punto si entra nella regione plastica dove le deformazioni risultano essere permanenti. Al crescere dello sforzo aumentano gli scorrimenti dei piani e conseguentemente la deformazione. I successivi punti B e C rappresentano rispettivamente il limite di snervamento superiore (ReH) e quello inferiore (ReL). L’allungamento continua fino al punto D, che rappresenta lo sforzo massimo, oltre il quale ha inizio la strizione ossia l’assottigliamento della sezione del provino che porta poi alla rottura (punto E).

All’interno del materiale si trovano generalmente inclusioni non metalliche (come solfuri oppure ossidi) che possiedono una minore deformabilità rispetto alla matrice metallica e tendono a fratturarsi originando microvuoti. La formazione di questi microvuoti è responsabile dell’assottigliamento della sezione e di conseguenza della formazione della cricca che porterà a rottura il provino.

L’integrale sotteso alla curva generata è pari all’energia assorbita dal materiale durante l’operazione di deformazione. È inoltre possibile calcolare il modulo di Young reale del materiale basandosi sulla pendenza della curva nella regione elastica. Sulla base dell’andamento del grafico si possono calcolare 5 parametri fondamentali:

-Rm, carico unitario di rottura

-Carico unitario di scostamento dalla proporzionalità Rp02, estrapolato dal grafico, oppure, come in questo caso, carico unitario di scostamento superiore (ReH) ed inferiore (ReL)

-A, allungamento percentuale dopo rottura, misurato sul provino

-Z, strizione percentuale, ossia l’assottigliamento della sezione, sempre misurato sul provino

-E, Modulo di Young, calcolato dal tratto elastico della curva

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine
Foto 2 – grafico sforzo/deformazione

La superficie di frattura

Come già accennato non tutti i provini mostrano un grafico identico e questo si riflette sulla superficie di frattura mostrata dalla sezione trasversale al momento della rottura. Materiali duttili mostrano una curva simile a quella appena osservata. Materiali fragili hanno una bassa permanenza in campo plastico in quanto la frattura si genera velocemente e non permette grandi deformazioni del provino. I primi sono caratterizzati da una sezione di frattura a cono con un caratteristico angolo di 45°. L’elevata deformazione plastica a cui è soggetto il provino prima dell’inizio della rottura fa in modo che questo si allunghi notevolmente riducendosi di sezione. I grani che compongono il materiale si deformano enormemente rispetto alla forma iniziale e la rottura non avviene nettamente. Nel caso di situazioni fragili invece ai grani non è permesso di deformarsi più di tanto prima di iniziare a staccarsi. La frattura propaga attraverso le superfici intergranulari e questo dona alla frattura un aspetto più sfaccettato e poco deformato. Il grafico risulta più corto in termini di allungamento massimo raggiunto e l’energia assorbita per provocare la rottura risulta minore rispetto al caso duttile.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine
Foto 3 – esempio di superfici di frattura a coppa/cono e intergranulare

Il ruolo della temperatura

Come in tutte le prove relative alla scienza dei materiali la temperatura gioca sempre un ruolo fondamentale nell’alterare i risultati di prova. Le prove di trazione sono frequentemente eseguite a temperatura ambiente ma capita spesso di verificare il comportamento del materiale sia ad alte che a basse temperature.

Ad alta temperatura si favorisce lo scorrimento tra i grani applicando uno stress uniassiale. Ciò è dovuto al fatto che una parte dell’energia termica fornita concorre a deformare i grani e a farli scorrere gli uni sugli altri. Ne consegue che il grafico sforzo/deformazione tende ad allungarsi all’aumentare della temperatura aumentando la dimensione della zona caratterizzata da deformazione plastica. Al contempo tutti i punti come Rm e Rp0.2 tendono ad abbassarsi rispetto agli equivalenti misurati a temperatura ambiente.

L’abbassamento di temperatura invece ha l’effetto opposto. Una marcata assenza di energia termica fornita dall’ambiente che circonda il provino favorisce fenomeni di rottura fragile. La zona di deformazione plastica del grafico si accorcia e i punti come Rm ed Rp0.2 si alzano rispetto ai corrispettivi a temperatura ambiente mano a mano che scendiamo di temperatura.

Il fenomeno è analogo a quello che caratterizza la transizione fragile-duttile per i provini di impact test. La variazione di temperatura in quel caso influenza i joule assorbiti in un impatto, in questo caso i parametri meccanici dovuti allo snervamento del provino. 

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine
Foto 4 – provino di trazione a caldo

Testa i tuoi provini a qualsiasi temperatura

Il laboratorio Sider Test possiede quattro macchine di trazione in grado di lavorare fino a 1000°C per le trazioni a caldo e fino a -70°C in camera climatica o -196°C con provino immerso in azoto liquido. I carichi massimi applicabili sono 20 tonnellate, 25 tonnellate e 120 tonnellate a seconda dei modelli.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

I principali metodi di test realizzabili sono: ISO 6892-1, ASTM E8, ASTM A370, ISO 6892-2, ASTM E21 e tanti altri, tutti accreditati secondo ISO 17025. Puoi consultare una lista esaustiva degli impact test accreditati e non solo al seguente link:

 https://www.sidertest.it/accreditamenti/

 Hai bisogno di un preventivo per un nuovo progetto o di informazioni su quali parametri ti serviranno per formalizzare un’offerta? Contattaci telefonicamente o manda una mail.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Il nostro personale è a tua disposizione per chiarire qualsiasi dubbio, consultare i documenti di progetto e aiutarti a realizzare la migliore quotazione per il tuo progetto. E non dimenticarti di iscriverti alla nostra pagina Linkedin per rimanere aggiornato sulle nostre prossime pubblicazioni e sui nuovi servizi!

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di SIDER TEST

Altre pagine consultate