Cuori di tenebra: il potere come surrogato

Cuori di tenebra: il potere come surrogato

È difficile mettere in ordine i pensieri in questi giorni. La routine fatta di lavoro, impegni famigliari, disimpegno serale o attività fisica è attraversata da un’inquietudine credo piuttosto diffusa. I giornali, le tv e i vari social network rigurgitano senza sosta parole e immagini che non avremmo mai immaginato di sentire così terribilmente vicine, mentre alle stazioni di servizio e nei supermercati tocchiamo con mano gli effetti collaterali del conflitto in Ucraina.

Le guerre non si sono mai fermate e lo sappiamo benissimo; tutt’ora ve ne sono altre, ma per noi più remote e silenziose. Questa invece ha, per evidenti motivi, invaso la nostra mente e il nostro cuore, incendiandoli e innescando le più disparate risposte: dall’incredulità colma d’angoscia alle razionali, complesse e contrastanti analisi storico-economiche, passando per i viscerali e ululanti schieramenti da stadio e gli ormai consueti complottismi, senza dimenticare le misteriose letture profetico astrologiche che farebbero felice Nostradamus. Grazie al cielo ci sono anche un’infinità di piccole e grandi azioni volte semplicemente al supporto delle vittime, quel dare aiuto incondizionato che ci rende Umani.

Personalmente, sono assillato da una domanda: com’è possibile che persone così poco capaci di empatia e propense a scegliere la violenza (fisica o psicologica, diretta o indiretta) come strumento d’affermazione delle proprie convinzioni finiscano frequentemente per occupare posti di potere? È chiaro che lo stimolo arriva dalla figura che in questo momento è l’emblema dell’aggressore, Vladimir Putin. Ma il pensiero va oltre e spazia dalla politica internazionale a quella interna, passando per il mondo delle organizzazioni (piccole e grandi) e delle Istituzioni in senso più ampio. Perché non è affatto strano veder agire comportamenti distruttivi (corruzione, intimidazione, manipolazione, menzogna, tradimento…) da chi raggiunge ruoli che conferiscono un qualche grado di potere su altri?

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Una prima risposta l’ho trovata in rete, grazie ad un articolo che parlava della ‘Sindrome di hubris, un fenomeno messo a fuoco e studiato poco più di una decina d’anni fa dall'ex politico David Owen e dallo psichiatra Jonathan Davidson. L’ipotesi, sostenuta da alcune interessanti ricerche sperimentali, è che ottenere e mantenere ruoli di leadership modifichi nel tempo la personalità del soggetto. Non si tratta di alterazioni neurologiche né di una psicopatologia riconducibile al tradizionale disturbo di personalità. È a tutti gli effetti una sindrome, un mix di sintomi che tendono a presentarsi contemporaneamente. 14 sono quelli principali identificati da Owen e Davidson, fra cui:

  • La predisposizione a compiere azioni che mettano sé stessi in buona luce
  • Un'esagerata preoccupazione per la propria immagine e il proprio aspetto
  • Un'esaltazione delle proprie azioni quando se ne parla
  • La tendenza a parlare di sé in terza persona
  • La perdita di contatto con la realtà
  • Una fiducia eccessiva (addirittura messianica) nei propri giudizi e la conseguente scarsa considerazione per i consigli e le critiche.

La compresenza di almeno tre di essi è sufficiente per considerare la persona che li manifesta come affetta dalla sindrome. La componente ormonale sembra essere decisiva, con un coinvolgimento particolare di serotonina, noradrenalina e dopamina. Come a dire: il potere è una droga da cui si diventa facilmente dipendenti e che altera i processi emotivi e cognitivi, con evidenti ripercussioni sui comportamenti. Nelle sue forme più acute questo fenomeno può diventare anche molto pericoloso, perché compromette drasticamente lucidità, empatia e capacità di decentramento (saper osservare la realtà da più punti di vista) e conduce verso decisioni avventate, irrazionali e spesso controproducenti anche per il soggetto stesso: la sottostima dei dettagli e l’eccessiva confidenza nei propri mezzi generano incompetenza.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Non si tratta ovviamente di un’equazione matematica: non tutti coloro che si trovano ad occupare posizioni di rilievo manifestano quest’hubris velenosa, questo smisurato orgoglio che travalica nell’arroganza e prende le forme di una violenza di solito intermediata, in cui il soggetto non si espone direttamente ma fa agire l’aggressione da altri. La ‘personalità di base’, l’ambiente relazionale in cui si è nati e cresciuti e la storia personale giocano un ruolo fondamentale. Humor, fiducia nel prossimo e senso critico ed esempio sembrano essere degli anticorpi efficaci. E qui subentra una seconda riflessione, legata a ciò che rappresenta il potere e al perché esso attragga più facilmente un certo tipo di individui. Chi, nel proprio percorso di crescita, è andato incontro ad esperienze particolarmente dolorose e umilianti, chi non ha avuto figure affettive significative di riferimento attraverso le quali costruire un’immagine sufficientemente positiva e autentica di sé e del mondo, chi ha alimentato un indistinto, viscerale rancore nei confronti della realtà, più di altri sarà spinto a cercare una qualche forma di rivalsa. E il richiamo del potere s’insinua come il canto delle sirene nei cuori infranti e induriti degli esseri umani che, di solito nell'infanzia, sono stati abusati, manipolati, traditi, spezzati. Perché offre una sensazione illusoria di controllo sugli eventi (minacciosi) che è mancata quando più serviva e soprattutto la possibilità concreta di vendicarsi. Di dimostrare, anzi d’imporre il proprio valore e diritto d’esistenza; è il modo apparentemente più diretto e soddisfacente per ottenere quel riconoscimento di cui ognuno di noi ha bisogno per sentirsi vivo. Il problema è che si tratta d’un banchetto che non sazia, perché fatto di surrogati fittizi di ciò che davvero sarebbe servito e servirebbe. L’accondiscendenza, l’adulazione, l’obbedienza, la reverenza, il timore e addirittura il terrore che possiamo ottenere dagli altri sono ricompense che ubriacano ma non dissetano mai e conducono verso un sempre maggior senso di solitudine e frustrazione, che alimenta il circolo vizioso. È il dramma del Riccardo III di Shakespeare o dell'Heathcliff di Cime Tempesose, parabole tragiche che la letteratura, parallelamente alla Storia, hanno più e più vole raccontato.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Ma l’aspetto davvero diabolico di questo meccanismo è la sua carica virale: chi usa il potere come strumento d’affermazione e vendetta personale finisce per stimolare nelle vittime dirette e indirette una reazione uguale e contraria, tanto più difficile da contenere quanto più ampio, violento e incomprensibile è il colpo inferto. E, peggio ancora, quando questi cuori di tenebra si scontrano con dei loro simili, ecco servita l’escalation, che moltiplica ed espande i danni nello spazio e nel tempo: le cicatrici esteriori resteranno infatti ferite profonde che, se non vengono rielaborate con cura, coveranno sotto le ceneri come brace. E allora chi non avrà la possibilità di ‘restituire il favore’ all’aggressore vedrà nel tempo quell’energia implodere con ulteriori danni a sé stesso/a oppure esplodere verso altri, magari del tutto estranei agli eventi del passato che hanno innescato l’attacco nel presente. La vittima diventerà allora carnefice e il ciclo si perpetua.

Non è stato fornito nessun testo alternativo per questa immagine

Alla luce di quest’ipotesi di lettura, due sono le considerazioni che ne scaturiscono: la prima riguarda la facilità con la quale i tratti di una personalità esposta al rischio della traiettoria sopra descritta siano spesso ben accolti socialmente; interpretati come segni di baldanza, di carisma, di solidità e perciò premiati con voti, promozioni, cariche etc. È la grande illusione degli uomini o donne forti, di supposti leader che si presentano come capaci di risolvere velocemente problemi complessi e raggiungere risultati extra-ordinari in virtù di capacità altrettanto speciali. Propensi alla provocazione, all’accusa, all’iper-semplificazione, alla svalutazione o denigrazione di chi non è allineato con le loro idee e intenzioni. Facili al tradimento, a mentire e corrompere pur di mantenere e possibilmente aumentare il proprio potere. Fino a derive ancora più pericolose, come quelle a cui stiamo assistendo.  

La seconda ha a che fare con la conseguente esigenza di trovare modalità efficaci per tutelarsi, a livello politico, organizzativo e istituzionale, da persone di questo tipo. È oggi a mio parere fondamentale ragionare molto seriamente su come individuare questi profili psicologici, creare degli strumenti concreti, dei ‘sensori’ che possano mettere in guardia un sistema (dall’azienda al partito, dall’ONG all’Ente Pubblico) affinché alla sua dirigenza non finiscano così spesso e volentieri figure come quelle che ormai conosciamo fin troppo bene. Oppure, ribaltando la prospettiva, modificare i criteri e i processi di selezione in un’ottica più saggia e consapevole, così che vengano premiate altre caratteristiche, altri stili e modelli di pensiero e comportamento. Non ho purtroppo risposte o proposte concrete da fare in questo momento, ma ho la netta sensazione che questa sia una strada che va esplorata, perché i danni che i cuori di tenebra stanno producendo oggi su scala globale sono diventati letteralmente insostenibili.

Maria Giulia Marini

Direttore Area Sanità presso ISTUD

2 anni

Fantastic Nico

Apprezzo la tua riflessione, del resto prodromi non ancora codificati di questa sindrome c'erano già nella famosa affermazione di Andreotti: "Il potere logora chi non ce l'ha". Il potere è come un occhio di bue mirato su chi lo esercita.

Alberto Peretti

Filosofo del Lavoro | Fondatore di Genius Faber | Formatore strategico

2 anni

Ottimo articolo. Che tocca il tema del potere e della sua miopia ben oltre gli attuali scenari.

Per visualizzare o aggiungere un commento, accedi

Altri articoli di Nicola Castelli

Altre pagine consultate