diritto all'oblio
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diritto all'oblio

Una recente pronuncia del Garante per la Protezione dei Dati, 17 maggio 2023, ha ribadito quanto già esposto nelle linee guida adottate nel novembre 2014 a proprosito dei criteri applicativi del diritto all'oblio da parte dei motori di ricerca. In particolare, il Garante, ha ritenuto infondato il ricorso di un soggetto che era stato tratto in arresto, condannato ed espiato due anni di pena di reclusione per un reato "terroristico". Il soggetto in questione, una volta terminato il periodo di pena detentiva e ritornato in Italia reclamava al Garante di poter godere del diritto all'oblio, chiedendo, quindi, che venissero rimossi gli URL dalle varie piattaforme che potessero rimandare alle informazioni riguardanti il suo arresto e la sua condanna. Il Garante, che solitamente è molto favorevole alle tecniche di deindicizzazione, questa volta dichiara infondato il reclamo. Solitamente ritrovo nei provvedimenti del Garante una logica molto chiara, una ratio che spesso ha implicazioni e collegamenti con altre branche del diritto, ma questa pronuncia apre spiragli a miei dubbi personali e professionali. Nella pronuncia di rigetto del reclamo il Garante scrive "il reato per il quale si è proceduto all'arresto e poi alla condanna del reclamante è di particolare allarme sociale essendo legato al possesso di materiale pubblicato da Al Qaeda; il tempo trascorso dalla conclusione della vicenda giudiziaria e dalla espiazione della pena risulta essere assai limitato, non potendosi quindi qualificare le informazioni relative come risalenti, nè prive di persistente interesse per il pubblico". Questa motivazione genera in me molti dubbi, ad esempio qual è l'interesse per il pubblico rispetto alla rilevanza di tale informazione, perchè un individuo che è stato condannato ed anche rieducato, non possa godere del diritto all'oblio così da non incorrere nei pregiudizi delle persone. Del resto del processo penale, della condanna e di tutte le sue implicazioni non se ne perderanno mai le tracce, quindi in caso di ulteriori controlli, verifiche o investigazioni delle Autorità competenti le notizie saranno tutte consultabili dagli organi preposti. La stessa utilità e lo stesso potere di controllo non appartiene, invece, ai cittadini, alla collettività che potrebbe raggiungere il contenuto degli URL che vedono protagonista il reclamante; l'unica finalità della persistenza dell'URL è quello di generare atteggiamenti pregiudizievoli e guardinghi, atteggiamenti che spesso si concretizzano in discriminazioni! La finalità di interesse pubblico dinanzi ad un tema così delicato diventa poco comprensibile, visto che l'allarme sociale del reato commesso dal reclamante non potrebbe essere placato dal monitoraggio da parte di singoli cittadini. Le finalità di tutela spettano e sono esplicabili esclusivamente dagli organi di pubblica sicurezza che non devono di certo digitare su google il nome di qualcuno per conoscerne i precedenti penali o eventuali collegamenti con il mondo criminale grazie a precedenti articoli giornalistici; hanno ben altri sistemi di avanzata tecnologia.

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