Economia e legge elettorale
Quindi si vota e, data l’imminenza delle elezioni, i partiti, ben contenti, non faranno in tempo a cambiare l’attuale legge elettorale, il cosiddetto “Rosatellum bis”, un sistema misto proporzionale-maggioritario, senza premio di maggioranza e con bassa soglia di accesso, il 3%; in pratica una legge non funzionale al miglioramento della dialettica parlamentare e alla governabilità. Sono da sempre interessato a questo tema perché in Italia una buona legge elettorale potrebbe scardinare un eccessivo frazionamento della rappresentanza politica. In linea generale, le forze politiche progressiste sono favorevoli al sistema proporzionale, perché fotografa il paese in tutte le sue istanze, garantendo una piena rappresentatività dei cittadini; l’altro motivo è che tali sistemi elettorali, oltre a dare più forza al partito rispetto al candidato eletto sotto la sua insegna, portano a continue negoziazioni, compromessi e ad un ampliamento della spesa pubblica, che rinforza il consenso in vista delle varie tornate elettorali. Il sistema, inoltre, non assegna responsabilità chiare di buon o mal governo, essendoci un numero elevato di partiti e una collegialità molto spinta. Per contro, le forze politiche conservatrici prediligono il sistema maggioritario, secco o a doppio turno, perché garantirebbe governabilità, al prezzo di minore rappresentatività, spingendo il quadro politico ad organizzarsi in pochi, o anche solo in due, partiti. L’altro motivo è la possibilità di decidere in tempi brevi, in particolare sulla spesa pubblica e in materia di imposizione fiscale, senza troppe negoziazioni. Esistono ovviamente anche forme miste, con premi di maggioranza, per esempio, o con soglie minime percentuali ottenute alla tornata elettorale per avere il diritto di seggi in Parlamento, si pensi alla Turchia che ha un sistema misto con soglia di sbarramento al 10%. In ogni caso, il sistema elettorale perfetto non esiste, esiste il miglior compromesso in una determinata fase storica e in un dato paese, con le sue peculiarità storiche, sociali ed economiche. Ma quali sono le conseguenze per l’economia di adottare un sistema piuttosto di un altro? Sono importanti, alla gente comune sfuggono, ma guarda caso ogni volta che si tocca questo tasto, tra le forze politiche il dibattito diventa intensamente aspro. In Italia la faccenda è complicata perché il nostro non è un paese omogeneo, a causa delle sue vicende storiche, che di fatto lo dividono in nord e sud, in regioni ricche e regioni povere, in aree climaticamente fredde e altre calde, in gruppi sociali progressisti e gruppi conservatori, in sovranisti ed europeisti, in atlantisti e terzomondisti. Difficile pensare di lasciare fuori alcuni, così come macchinoso rappresentare tutti. Diverse ricerche ci dicono che nei paesi con attiva una legge maggioritaria, la spesa pubblica, la quota di welfare sulla spesa, il deficit e il debito, e la pressione fiscale, sono stati e sono relativamente bassi, mentre, al contrario, dove i partiti si sono confrontati attraverso il proporzionale, spesa, welfare, deficit e debito e pressione fiscale, sono stati e sono elevati. Dunque, per l’Italia, stretta tra grande debito e crisi economica, inflazione e crisi energetica, meglio il maggioritario o il proporzionale? Di certo un compromesso al ribasso non serve, serve un sistema che faciliti una leadership in grado di guidare investimenti strategici e al contempo di aiutare le fasce deboli della popolazione. Ne riparliamo nei prossimi anni, forse, visto che ad ottobre andremo a votare con il sistema vigente.
Francesco Orlando