Gentilezza o forza?

Gentilezza o forza?

Negli ultimi anni, la gentilezza è diventata un tema molto dibattuto sui social media. Basta scorrere il feed di LinkedIn, per esempio, per imbattersi in post che la esaltano come la caratteristica principale dei grandi leader (mah ... parliamone). La gentilezza sembra essere il nuovo potere (a detta di alcuni). Storie ispiratrici su manager che hanno fatto la differenza con un gesto empatico, inviti a sceglierla come valore guida. Tutto molto bello. Sui social.

Ma c'è una discrepanza evidente tra la narrazione social e la realtà delle scelte quotidiane. Perché nella vita reale sembriamo preferire leader che incarnano forza, decisione e, spesso, un approccio autoritario che poco ha a che vedere con la tanto decantata gentilezza? Perché è quello che sta succedendo sempre più spesso e in molti Paesi.

Abbiamo trasformato la gentilezza in una sorta di mantra digitale. Il motivo di questa enfasi spesso sembra legato alla ricerca di approvazione e consenso: mostrarsi gentili e promuovere la gentilezza genera engagement. Un post che racconta di un atto di bontà o di un gesto altruista tende a suscitare reazioni positive, a stimolare condivisioni e commenti. Questo meccanismo è profondamente radicato nei nostri bisogni psicologici: vogliamo essere percepiti come persone morali, ed elogiare la gentilezza è un modo per dimostrarlo al pubblico virtuale.

Ma non è difficile notare come questa ricerca di gentilezza sia spesso superficiale. Basta osservare come molti di coloro che la celebrano online non esitino a metterla da parte quando si tratta di competere, risolvere un conflitto, prendere decisioni scomode sotto stress. In questi contesti, la gentilezza sembra un lusso che pochi possono permettersi e viene fuori la natura umana, il senso di protezione e di difesa.

Mentre sui social si raccontano storie di leader gentili, nella realtà la gente sembra cercare qualcosa di diverso. I leader ammirati, eletti o seguiti sono spesso quelli che incarnano un'idea di forza tradizionale: decisione, pragmatismo, capacità di imporsi. Questi tratti sono associati al potere e all’autorità, mentre la gentilezza viene spesso percepita come una debolezza o un segno di insicurezza. Basta pensare al modo di esprimersi di alcune personalità politiche e imprenditori: sempre più facile trovare esempi di aggressività e arroganza.

Questo fenomeno potrebbe essere spiegato dalla natura del mondo competitivo in cui viviamo. Le persone desiderano leader che sappiano affrontare le sfide, superare gli ostacoli e guidare con fermezza, in una realtà dominata dall’incertezza. In situazioni di stress o crisi, è più probabile che si scelga chi è percepito come forte e risoluto, piuttosto che chi privilegia un approccio empatico.

Un altro elemento da considerare è l’utilizzo strumentale della gentilezza. Quando è conveniente, è facile ostentarla per ottenere consensi o costruire una reputazione positiva. Chi la celebra sui social potrebbe farlo non tanto per un sincero credo personale, ma perché consapevole che tale immagine migliora il suo personal branding.

Questa ipocrisia è evidenziata dal contrasto tra il linguaggio online e i comportamenti offline. Perché allora parliamo tanto di gentilezza? Forse perché è più semplice raccontare un ideale che viverlo davvero. La gentilezza richiede impegno, pazienza e coraggio, soprattutto quando è più facile e veloce agire con durezza o indifferenza.

Nonostante tutto, la gentilezza rimane un valore fondamentale, e non dovrebbe essere ridotta a un semplice strumento di marketing personale. Essere gentili non significa essere deboli, ma avere il coraggio di scegliere a volte la strada più difficile, quella che considera anche gli altri e non solo il proprio interesse.

Gentilezza e forza non si escludono a vicenda, ma farle convivere non è sempre facile.

La gentilezza va riportata alla sua dimensione autentica, al di là delle strategie di facciata, perché si tratta di qualcosa che dovrebbe essere alla base di qualunque tipo di relazione.

In un mondo sempre più polarizzato e competitivo, la gentilezza non dovrebbe essere vista come un lusso o una debolezza, ma come una forza silenziosa, capace di creare connessioni autentiche e rendere migliore ogni contesto. Non basta parlarne se poi non si è in grado di applicarla. Applicarla davvero. Applicarla nella realtà quotidiana e in ogni situazione che ci troviamo ad affrontare.

Esercizio. Che rapporto hai con la gentilezza? Quanto la utilizzi, quanto ti viene naturale? Osservati nella vita personale e professionale, chiedi feedback ai colleghi o collaboratori, amici e familiari. Buon lavoro.


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La gentilezza è Intelligenza pura del proprio essere umanamente disposti alla vera energia del relazionarsi,diversa dal latente istinto umano di prevaricare l'altro dissimulandola con un gesto stentato per guadagnare empatia con fini,ma la vera gentilezza è in pochi che lo fanno instintivamente perché amaño il prossimo o lo rispettano senza aver o pretendere nulla in cambio. Per me

Marco Malacarne

Empathetic Project Manager | Creativity Coach | Speaker @ Le Voci del Mattino | Ambassador Medianos | Innovation and Creative Problem Solving

2 mesi

Bell'articolo Walter, dettagliato e puntuale. E' difficile equilibrare Gentilezza e Forza, tutti d'accordo. Se devo scegliere non scelgo la Forza sicuramente ma la comprensione: sono sempre dell'idea che le persone possono capire le ragioni e muoversi sempre verso una soluzione condivisa: esistono tanti casi quante persone sul nostro pianeta, ma non esiste mai una ragione valida per esercitare la forza, non intesa come "violenza" ovviamente. La gentilezza, quella vera, è convincente e crea un humus utile per discussioni da gestire con emozioni più funzionali a un confronto dove possono emergere soluzioni migliori, perchè avremo accesso a idee migliori rispetto a quando agiamo dallo stato di arrabbiatura o di negatività emotiva. Mio personale punto di vista, grazie per aver dedicato attenzione a questo tema a cui tengo particolarmente

Ettore Maraschi

University Professor, Author, Expert in Logistic & Supply Chain, Partner at ChM.fam s.r.l.-The Change Management Family-

2 mesi

Penso peraltro che il rischio sia di non confondere gentilezza con debolezza o condiscendenzadifendendo comunque la propria idea e ciò che riteniamo corretto. Buona giornata 🙂

Giorgio Gaudenzi

Supporto i componenti della squadra di servizio a sviluppare il fattore umano e la gestione del flusso lavorativo ottimizzando il servizio all'interno di pasticcerie e bar

2 mesi

Interessante Walter l'articolo che tocca un tema per me estremamente interessante. Nel mio piccolo vedo che la vera sfida più che arrivare a decidere un estremo o l'altro sia spostarsi tra i due in base alla situazione e a cosa sia in gioco e magari, considerare la complementarietà di entrambi in ogni situazione. Io, per educazione, carattere e deformazione professionale tendo a mantenere come sottofondo la gentilezza e scommetterei su quest'ultima senza esitare, anche se la cosa importante credo che sia essere stessi. Tuttavia nel mio percorso ho notato che ho imparato tanto anche da chi è molto diverso da me sotto questo aspetto e la vede in maniera diametralmente opposta alla mia: i nostri punti di forza, io penso, sono l'altra faccia della medaglia dei nostri punti di debolezza. Grazie per le riflessioni che mi hai suscitato :)

Gaia Simonetti

Giornalista professionista. CSR & Sport Communication. Storica dell'arte. Premio Costruiamo Gentilezza nello Sport. Fair Play Manager CNIFP Toscana. UCSI Toscana

2 mesi

La vera forza è la gentilezza

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