Gourmand ma non troppo

Gourmand ma non troppo

A proposito di clienti gouuurmaaaand e delle loro conoscenze in materia. Circola sempre questo racconto di un bistellato. Una sera, per errore, sbagliò la preparazione di un piatto: la capasanta era ghiacciata all’interno. Se ne rese conto tardi. Diventò pallido in viso, immaginando la figuraccia. Indovinate? Il cliente, contento e compiaciuto, esaltò il piatto. “Quel contrasto caldo-freddo, uuuhhh chefff, che dire. Fantastico”. Serve aggiungere altro? No.

Anzi, sì. Un caso che ci avvicina al tema del post. Anni addietro andavo spesso ad Agadir, in Marocco. Spiaggia pazzesca, larghissima, zero file di sdrai vista sdraio. Vedi l’oceano, invece a Rimini non vedi mai il mare, a meno di non stare nella prima fila. Scusate, sto sempre a divagare.

Una delle grandi attrazioni di Agadir sono i negozi, tanti, che ti propongono degli orologi contraffatti. No, non pensate a dei prodotti rudimentari, approssimativi. Sono perfetti. Perfetti. E poi ne trovi qualsiasi modello dei vari Vacheron, Frank Muller, Cartier, Iwc e via dicendo. In molti mi chiedevano di portar loro cinque, sei di questi. Io non indosso mai l’orologio, però mi comprai pure io un Patek Philippe. Lo pagai 35 euro. Di indossarlo non se ne parla, mi vergogno andare in giro con una cosa farlocca. Però chi veniva a casa mia e lo vedeva non osava minimamente pensare che fosse finto.

Ed eccoci al punto. Il quesito venne posto dall’arzillo Emanuele Terazzi: se un giorno, per caso, Bottura o chi per esso, prendesse il ragù di Star e lo presentasse come suo, ispirato alla ricetta della nonna (tutti hanno almeno dieci ricette della nonna, poi ovviamente non è vero). Se lo facesse, riempiendoti delle solite parole vuote e svuotate, trite e ritrite, quelle tipo “tradizione e innovazione”, “chilometro zero”, “sostenibilità”.

Ecco, se lo facesse, in quanti presunti gouuurmaaaand capirebbero che si tratti di un ragù industriale? Ci sarebbe anche la domanda cattiva legata alla stampa: nel caso remoto che se ne accorgessero, lo scriverebbero? Ma dai, la domanda è retorica: ovvio che no e no. Ti ubriacherebbero però di concetti e di pomposità assortite per dimostrare la propria presunta superiorità: le sette acidità, Escoffier, Papin, Deschamps e perfino Mbappe, Mitterand e Voltaire, tanto i nomi francesi danno sempre bene quando si tratta di cucina.

Quanti fra quelli che vantano “doppiette” a Senigallia e varie visite da Bottura, che millantano viaggi gastronomici a Copenhagen e Lima, quanti fra questi capirebbero il tranello?

Facciamo cinque per cento? Perché sapete, una volta Lorenzo Biagiarelli fece uno sperimento. Prese una ricetta proposta in tv da Gordon Ramsay. Una carbonara, se non erro. Il tribunale del web lo incenerì, idem il popolo dei cuochi della domenica, donne con bigodini comprese. Perché? Aveva utilizzato non ricordo cosa. “Nooooon si faaaaaa”, sbraitavano in maniera caricaturale e ossessiva, pigiando con forza sui tasti quasi da distruggere il computer.

Lorenzo l’ha proposta pari pari e il pubblico lo ha esaltato. Hanno insultato Gordon, hanno applaudito lui. Stessa identica ricetta. Probabilmente stessa identica gente.

Morale? Andiamo piano quando ci vantiamo e andate piano a dar loro retta. Rischiamo e rischiano sempre delle brutte figure.

Non confondiamo Gourmet con Gourmand. L’articolo calza a pennello per descrivere i “gourmet” sui generis (i gastrofighetti per intenderci). Il gourmand invece giudica la cucina in maniera viscerale, basandosi sul mero piacere che prova. E poco importa se l’autore del godimento culinario sia uno stellato o il porchettaio in piazza Matteotti a Perugia.

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