I LOCALI DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE E ATTIVITA’ DI CULTO
Il tema della destinazione d’uso degli immobili utilizzati dagli Enti del Terzo Settore (ETS) è fondamentale nel garantire l’equilibrio tra le esigenze delle amministrazioni comunali, le normative urbanistiche e i diritti degli Enti del Terzo settore (ETS).
L’argomento è di vivo interesse, nella misura in cui il Codice del Terzo settore, all’art. 71, ha introdotto una disciplina, speciale e derogatoria, finalizzata a riconoscere una particolare tutela agli ETS nello svolgimento delle attività di interesse generale.
Essa stabilisce che “Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968”.
La norma costituisce una clausola di salvaguardia per gli Enti contro possibili scelte urbanistiche degli enti locali che potrebbero incidere negativamente su tali attività.
Sul punto, Ti suggerisco di leggere l’articolo di questo blog: “I LOCALI UTILIZZATI DAGLI ETS”.
Ma attenzione: perché la norma di favore non deve essere intesa quale strumento per aggirare i divieti!
In questo blog si è già dato spazio ad alcune decisioni significative della giurisprudenza amministrativa in grado di fare da cartina tornasole nella corretta interpretazione della norma.
La recente decisione del T.A.R. Parma-Emilia Romagna, Sez. I, 26 novembre 2024, n. 344, si pone in tale solco: fornisce un contributo significativo a questo dibattito, affrontando in dettaglio il caso di un ETS che utilizzava un immobile come luogo di culto, pur avendo una destinazione d’uso diversa.