Il letargo delle cellule

Il letargo delle cellule

Le cellule tumorali, quando vengono attaccate dalla chemioterapia, hanno la capacità di iniziare una sorta di "letargo" per sopravvivere alla minaccia e tornare in futuro; un team di ricercatori del Princess Margaret Cancer Centre in Canada, come si legge in questo articolo , ha scoperto che queste cellule utilizzano un meccanismo evolutivo di sopravvivenza per passare in uno stato di "riposo" fino a quando la chemioterapia si ferma.

Questa capacità di auto ibernarsi per attendere la fine di una minaccia mi ha molto colpito per i suoi interessanti sviluppi nell’utilizzo dello studio per la lotta contro il cancro, ma, al tempo stesso, mi ha fatto riflettere sull’approccio verso la quotidianità, personale e professionale, nonostante quasi un anno di completa immersione nella nuova “realtà” pandemica.

Ancora troppo spesso il primo pensiero è “non appena tornerà la normalità”, “quando potremo tornare a lavorare come prima del Covid”, “appena ci permetteranno di pianificare come prima che”… Forse ancora cerchiamo rifugio in un letargo come le cellule dell’articolo per sfuggire ad un “ambiente avverso”? la nostra mente, correttamente, si difende? Oppure siamo ancora troppo lontani dall’accettare questa situazione?

Parliamo da anni di resilienza, di change; eravamo sicuri di aver capito il concetto di continuo cambiamento, avevamo fatto nostro il far parte di una società liquida, della necessità di evolvere e cambiare come di qualcosa di vitale…e invece? Probabilmente non è proprio così.

Forse dobbiamo ri-cominciare dall’interno, ripensando a noi stessi come co-costruttori di senso e significato in ottica di benesserepersonale e di benessereorganizzativo e questa situazione improvvisa e inaspettata della pandemia che ci è caduta sulla testa ce ne dà l’opportunità.

Partire dal qui e ora delle proprie azioni, consuetudini e “riti” per procedere davvero non verso il cambiamento, ma verso un nuovo intimo mindset, una forma mentis SEMPRE PRONTA al cambiamento. Sarebbe già servita “prima”, servirebbe ancora di più ora.

interessante Angelo Loparco, soprattutto il tuo collegamento a livello biologico. L’apertura mentale, o forma mentis sempre aperta al cambiamento, è la ricettività a nuove idee ed esperienze. Da un lato, implica un atteggiamento di apertura verso il nuovo, diverso e sconosciuto e, dall’altro, richiede la capacità di incorporare queste novità nel nostro io. credo che il nodo cruciale sia proprio qui, nella capacità di incorporare le novità nel nostro "Io". Non è da tutti, forse. cosa ne pensi?

Andrea Cannizzaro

CoFounder&CMO Shibumi Group | Prof.Digital Marketing UniTO | Helping brands turn data into conversions

4 anni

Molto interessante questa riflessione. È vero che dobbiamo settare prima la nostra mente, poi le azioni personali e poi quelle verso gli altri pensando ad una nuova normalità. Ad un nuovo modo di concepire la giornata, gli spazi, le relazioni; non perché questo momento non finirà, bensì perché ci ha insegnato ad essere differenti. Nel bene o nel male. Siamo pronti? Non credo, penso che la socialità umana, un po’ come l’acqua, si riprenderà i suoi spazi e temo che presto dimenticheremo tutto ciò o, almeno, lo nasconderemo nel nostro inconscio come un brutto sogno.

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