Il Lettore ideale - 8
Il Lettore Ideale osserva la realtà con lo sguardo di William Shakespeare, Lewis Carroll, Pablo Picasso, Federico Fellini, Paolo Conte, Zerocalcare, The Daniels. Ironico, mai assoluto, irride il manicheismo che distingue fra cultura alta e bassa, tragedia e commedia, autentico e falso, sogno e veglia; ma anche gli eccessi del “camp”, del “kitsch” o del “cute” (il giapponese “kawaii”), che pure ibridano queste dimensioni (Sontag, Satō, Kundera, Koons), quando, assorbiti nel canone estetico dominante, diventano «trash sublime» (Žižek). Uno sguardo che trascende l’opposizione fra prosa e versi, fittizia anche per Boccaccio, che li include nella voce “Poesia”; inoltre, La Divina Commedia inaugura la tradizione italiana di Poesia Narrativa che passa attraverso Ariosto, Tasso e Tassoni per arrivare ai Poemetti pascoliani, alle Parole in libertà di Marinetti e al Poema (non in rime) dei lunatici; Carver, Bukowski e il Paterson di Jarmusch scrivono «racconti in forma di poesia»; Gogol’ definisce Le anime morte «un poema in prosa» – etichetta, per Nabokov, adatta pure a romanzi quali Madame Bovary o Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde. Vittorini raccoglie sul Menabò «racconti, saggi e commedie in versi». Fortini commenta gli «articoli in versi» pasoliniani, Leonetti redige «drammi in versi». Il De Rerum Natura, La Ginestra, The Waste Land, The Glass Essay fondono poesia e saggio. Scrivere è di-versificare: «nell’identità del Medesimo bisognerebbe temere un ebetismo, una fossilizzazione o una pigrizia» (Lèvinas). «L’Artista eccelso, non appena ha imparato a fare una cosa, si ferma e cerca di farne un’altra» (Auden)".
Da Ariminum Circus – Stagione 1