Il mio secondo romanzo: Ettore all’ARCI
Scopri un altro luogo de “La rappresentazione”, il mio secondo romanzo uscito a ottobre. Puoi ordinare il libro su:
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“Sala slot, riservata solo ai soci”
Scoppia nel 2015 la polemica sui circoli ARCI che incassano soldi con le slot machine, rendendosi complici della dilagante dipendenza patologica dal gioco d’azzardo.
Il Presidente dell’ARCI cittadino si difende. Annuncia la chiusura in un anno di tutti i contratti per le slot, svicola la domanda “ma quanto ci guadagnate?” e finisce col dire più o meno così: “Vorrei vedere analogo impegno contro tutti gli esercizi che hanno slot machines... Viviamo in una società che invita tutti alle scommesse online... Ci vorrebbe un’alleanza trasversale per un cambiamento ben più profondo...”
E siamo, come sempre, al benaltrismo.
Allora io mi chiedo che cos’è stata l’ARCI? Perché è finita così? Ho un’età e mi ricordo.
In breve, l’ARCI è stata questo: essere di sinistra, portare la cultura al popolo e dare valore sociale al tempo libero (che fino all’industrializzazione dell’Italia praticamente non esisteva come concetto). All’ARCI (quasi 5000 sedi, una in ogni piccolo comune in certe regioni come Emilia, Toscana, Marche) si leggevano i giornali, si dibatteva, si giocava a carte, se c’era una pista si ballava. Era quello che si dice un posto popolare, che non vuol dire famoso (colpa dell’anglicismo di oggi) ma frequentato dal popolo, soprattutto operai ed ex-operai pensionati, con le loro famiglie.
Che contrasto! Un simbolo di dove va il nostro tempo, ho pensato: dal dibattito di cultura popolare alle slot machine!
E allora sono andata a vedere. Ho rimesso piede nel “mio” circolo ARCI e ho guardato che cos’è diventato.
Quest’ARCI è un luogo importante per “La rappresentazione”. Ettore, il compagno, l’amico-nemico di sempre del protagonista Toni, mi è nato lì, tra i tavoli e le carte di una sala semplice dove poco è cambiato (per fortuna) e non ci sono slot machine.
Ho scritto:
“C’è chi va all’ARCI tutti i giorni per leggere il giornale. Una volta, s’affollava la sera per la politica e il gioco. Ettore non manca mai: ordina un bicchiere di bianco, più tardi il caffè, e si studia con calma le carte per conto di suo figlio. Un’inchiesta del Centro demoscopico metropolitano; il piano strutturale dell’Associazione intercomunale… Roba così.”
Attorno a Ettore le passioni di un tempo non ci sono più. La gente si fa i fatti propri e una partita a carte. Tutto frana: il lavoro che non c’è più, la solidarietà... Ma lui resiste. E quando Toni rassegnato gli chiede: - Ettore, dimmelo tu che cosa ci è successo?
“Lui ci pensa un pezzo, deve sembrargli una domanda importante, poi si stringe nelle spalle: – è da tanto che cerco la risposta, Toni. Io e mio figlio non ci diamo pace. La verità è che le fabbriche hanno chiuso una dopo l’altra e Occiano s’è sfasciato. Ognuno tira avanti come può, s’appoggia alla famiglia, se ce l’ha, o si nasconde. Non siamo uniti: se uno sta male preferisce star male da solo. Prima non era così, si lottava tutti assieme e qualcosa abbiamo ottenuto, ma adesso… Non lo so che cosa ci è successo, il fatto è che abbiamo alzato le braccia. Non ci crediamo, è come se non si potesse più credere in niente.“
Due vecchi, una comunità che si sfascia lentamente... Scopri quello che si inventano per salvare il salvabile leggendo mio romanzo.
Buona lettura!