IL REDEFOSSI: IL CANALE DIMENTICATO-Parte 2
Nel 1457, come accennato nella prima parte, Francesco Sforza, oltre a riedificare il castello e a consolidare le fortificazioni cittadine, chiamò l’architetto Bertola di Novate per costruire il Naviglio Piccolo o Ducale che in seguito prenderà il nome di Martesana. In quel periodo Milano risultava assai apprezzata dai visitatori perché tra le due cerchie d’acqua, i Navigli e il Redefossi, si era creata una sinergia tra città e campagna caratterizzata da borghi, cascine, abbazie, conventi e svariate attività artigianali. Nel 1479 l’ambasciatore veneziano Ca’ Donati espresse “singulare piacere a vedere molto bene questa citate di Milano […] con le sue fosse” e ancora nel 1492, sempre due ambasciatori veneziani, lodarono il bucolico paesaggio di piccoli borghi perché rendevano “la città più bella”.
Secondo alcune fonti, nel 1497 Leonardo da Vinci, presso la corte di Lodovico Sforza (il Moro), proseguì con il tratto mancante della Martesana, portandola fin quasi in città, ma in realtà pare che l’opera fosse già conclusa; l’unico fatto certo furono i suoi progetti e la consulenza per la costruzione della poco distante Conca dell’Incoronata.
Sotto Don Ferrante I Gonzaga, tra il 1548 e il 1555, furono edificate le Mura spagnole e il ramo occidentale del Redefossi, noto come Redefossino (da Porta Nuova a Porta Tenaglia-oggi Piazza Lega Lombarda), che cingeva i giardini del Castello, fu rimpiazzato dalla roggia del Castello derivata dalla Martesana.
IL PRIMO STABILIMENTO DELLA RICORDI IN VIALE PREMUDA ACCANTO AL REDEFOSSI
Con l’immissione d’acqua del 1564, la Martesana e il Naviglio di San Marco furono finalmente comunicanti e al Sevesetto rimase il compito di scaricare una parte delle piene del Seveso convogliandole nel Redefossi. Tuttavia, gran parte delle piene si riversavano ancora nella Fossa Interna. Per ovviare a questo problema venne costruito due anni più tardi uno scaricatore adiacente al Ponte del Gomito, più tardi delle Gabelle, cosicché le piene confluissero nel Redefossi lungo il perimetro orientale delle mura spagnole.
L'ULTIMO TRATTO DELLA MARTESANA IN CORRISPONDENZA DEL REDEFOSSI: SULLO SFONDO, LE CUCINE ECONOMICHE
Il Naviglietto di Porta Tosa (Corso XXII Marzo), ovvero la continuazione fuori città del Cavo Borgognone (corso di Porta Vittoria), a quei tempi fungeva da emissario per le piene del Redefossi ma per far sì che queste arrivassero al Lambro e non nelle campagne irrigate dalla Vettabbia, nel 1681 fu costruita a Porta Tosa “una briglia “di sassi. Siccome l’abusivismo in Italia era già presente, gli abitanti nei paraggi del Naviglietto, per timore di allagamenti, videro bene di “sbrigliarlo”. In questo modo, tutte le piene del Redefossi passavano ancora per il sottile tratto fino Porta Romana e la conseguenza più diretta furono numerose esondazioni in città.
Per porvi rimedio, nel 1708, fu scavato un altro tratto di canale, lungo 450 metri, adiacente il Bastione di Porta Vigentina e fu allargato quello tra Porta Tosa e Porta Romana: Viale Montenero, per intenderci. Ma anche in questo caso gli esiti furono deludenti.
UNA MILANO COMPLETAMENTE SPARITA:IN PRIMO PIANO, PANNI STESI SUL REDEFOSSI E SULLO SFONDO LA PRIMA STAZIONE CENTRALE
Nel 1760 si cercarono altre soluzioni e dopo le consuete italiche diatribe, nel 1782 l’ingegner Pietro Parea propose di costruire un canale che, partendo da Porta Romana, avrebbe costeggiato la strada Piacentina (Corso Lodi), facendo confluire le acque del Redefossi fino a Melegnano e poi nel Lambro. L’idea piacque così tanto che si costituì un consorzio e quattro anni più tardi il progetto venne portato a termine. Questo tratto è ancora visibile presso San Giuliano e Melegnano.
Riccardo Rossetti
Fonte: Viveremilano
Software Analyst presso Engineering
5 anniCiao Riccardo, grazie per queste chicche sulla nostra storia e gli amati luoghi! Una Milano più semplice e amichevole ma ben inserita nel suo territorio.