“Il teatro in città è come il latte nutre tutti e ti fa guadagnare”
La sovrintendente del teatro San Carlo ritorna a Napoli e importa l’esperienza di 33 anni al Piccolo di Milano: rigida gestione dei conti e iniziative per il pubblico. Un successo, in 8 anni sono raddoppiati gli incassi
Irene Maria Scalise
Rigore nei conti, iniziative per conquistare bambini e un recalcitrante pubblico giovane, tournée all’estero e visite guidate. Più un calendario adrenalinico che non conosce chiusure. Sono gli asset che hanno portato la sovrintendente Rosanna Purchia a risanare, quasi raddoppiando gli incassi in 8 anni, il bilancio di quel dolente teatro San Carlo di Napoli che nei momenti bui era stato commissariato.
Classe 53, napoletana, Purchia sognava di fare la geologa ma giovanissima rimane stregata dal mondo del teatro. Ha lavorato, in 30 anni al Piccolo di Milano, a fianco di giganti come Strehler, Ronconi e Jack Lang. E dal 2009 è tornata nella “sua” Napoli chiamata dal Commissario Straordinario di Governo Salvatore Nastasi. «È un sogno che si avvera e a cui nessuno credeva neanche dall’interno – racconta la vulcanica Purchia – i primi tempi ci siamo scontrati con problemi di bilancio, liquidità e patrimonio e per me e il direttore amministrativo, Francesco Apicella, sono stati anni bui perché avevamo gli stipendi del personale e dei fornitori da pagare cosa che siamo riusciti a fare con puntualità svizzera».
interazione con il pubblico
L’expertise della Purchia parte dal nord Italia: «Sono stata 33 anni al Piccolo di Milano dove ho assorbito il mantra del fondatore Paolo Grassi “Il teatro deve essere per la città come la centrale del latte”». In questo senso sollecitare l’innamoramento del pubblico napoletano (e non solo) per la musica è stato fondamentale. Come? «Tutto funziona per farsi conoscere a partire dalle visite guidate della struttura, in tutte le lingue e con informazioni storiche, che sono organizzate in 6 turni al giorno e portano 500 mila ricavi l’anno». E ancora. La rinascita del San Carlo tiene conto dell’estrema periferia: «La Presidenza del Consiglio e la Regione ci hanno dato 5 mila metri quadrati di capannoni che abbiamo usato e che, soprattutto, ci hanno permesso di portare lavoro in una zona degradata di Napoli che ora è così viva da sembrare New York».
Il goal più evidente sta però nei numeri: «Si è passati da un incasso di poco più di 4 milioni di euro del 2010 a più di 7 milioni nel 2018, le presenze erano 147 mila e sono diventate 280 mila e le “alzate di sipario” sono salite da 163 a 237 per anno». Un risultato che transita per il rigore dei conti ma anche per l’ampliamento delle tournée, partendo dalle Cile alla Francia sino a Bangkok. «Grazie anche a questa interazione con l’estero oggi il 35% del pubblico è costituto da stranieri che spesso vengono da noi comprando direttamente i loro biglietti dal sito». Elemento fondamentale è stata l’apertura ai bambini. «Ho lavorato sull’educational portando l’incasso da 217 mila euro a quasi 500 mila, creando un percorso “Raccontare la musica” (oggi riconosciuto da Miur) in cui ho chiesto agli insegnati di diventare degli amplificatori del San Carlo. Quindi abbiamo avviato il progetto “Musica in campo” in cui i bimbi diventano parte attiva creando un format musicale, registrando un dvd musicale e realizzando costumi e scenografie con pezzi di riciclo che trovano in casa. In questo modo i piccoli imparano le note, cantano, si vestono e quando arrivano in teatro sono un esercito allegro e preparatissimo». Di più: «Riscuote gran successo “Opera camp”, un campus estivo e natalizio in cui i più piccoli sono ospiti del teatro per tutto il giorno, prendono lezioni di danza, canto, mangiano e fanno uno spettacolo finale per i genitori». E ancora: «Quattro anni fa abbiamo lanciato con delle mamme “I pulcini del san Carlo”, in pratica i bimbi hanno dei mini abbonamenti che gli permettono di venire agli spettacoli e alla fine vanno a conoscere il direttore d’orchestra». Per ottenere i risultati è stato fondamentale oliare la struttura interna: «C’erano pochissime aperture di sipario, non più di 10 al mese, e molti mi guardavano con diffidenza quando chiedevo di più. Ho capito che bisognava muoversi restando con i piedi per terra e considerando che potevo disporre di 400 dipendenti, di cui solo una trentina destinati all’amministrazione, ho creato una piccola squadra da tenere sempre al mio fianco.
L’eccellenza dei direttori
Fondamentale l’ausilio dell’ufficio marketing che prima non c’era e che ha contribuito al successo». E naturalmente l’eccellenza dei direttori: «Ho inserito nomi di maestri come il direttore onorario Zubin Mehta e il direttore musicale Juraj Val?uha». Infine il San Carlo non stop. Sotto la gestione Purchia il teatro è sempre aperto: «Non chiudiamoneppure in agosto o durante le feste perché è questo il momento in cui il flusso dei turisti è maggiore». Non è mancata l’attenzione per il sociale: «Abbiamo teso la mano a chi ha meno disponibilità economiche e, anche se era una politica criticata dal pubblico più conservatore, ora c’è la soddisfazione di essere riusciti a togliere la polvere». Quindi una regola inderogabile: ogni occasione deve essere buona per incrementare i guadagni. «La serata inaugurale era normalmente a incasso zero e io ho preteso che diventasse un’occasione di found rasing con una grande serata che ci fa incassare anche 700 mila euro». Sono stati chiesti sacrifici agli artisti: «Hanno dovuto attendere anche un anno per gli arretrati ma nessuno ha mai creato un problema o fatto un decreto ingiuntivo perché hanno capito che c’era un progetto comune da perseguire».