Inconscio vitale e voce

Inconscio vitale e voce

Dall'inconscio vitale al mutamento di paradigma - Prima puntata

Paradigma: nella filosofia della scienza consiste in un insieme coerente e articolato di teorie,metodi e procedimenti che contraddistinguono in modo predominante una fase dell'evoluzione di una determinata scienza.

Jacob Von Uexkull: Ambienti animali e ambienti umani -Una passeggiata in mondi sconosciuti e invisibili.

Torniamo per un attimo alla sintropia come polarità dell'entropia.

E qui introduco come personaggio protagonista:" la VOCE ". Ringrazio Mladen Dolar autore di: La voce del padrone-Una teoria della voce tra arte, politica e psicoanalisi.


Nel quarto capitolo: L'etica della voce.

Per concludere il nostro rapido studio sull'etica della voce: possiamo vedere come la voce giochi un ruolo cruciale e fondamentale che la colloca in una poszione ambigua. la voce sostiene la legge morale è stata chiamata divina dall'intera tradizione, da Socrate a Rousseau, e anche da Kant, e questa divina legge trascendente allo stesso tempo è stata individuata nel nucleo più profondo del soggetto.Con Heidegger questa voce è stata ridotta al suo minimo: un'apertura a un'alterità radicale, un'aertura all'Essere, una chiamata che elude l'autoappropriazione e l'autoriflessione, qualcosa che eeccede l'ente e che si situa nel dominio del perturbante. Ad accomunare tutta questa tradizione è il fatto di considerare la voce come qualcosa che proviene dall'Altro, anche se questo Altro indca qualcosa di interno. Quella etica non è la voce propria del soggetto, non sta al soggetto di padroneggiarla o controllarla, sebbene l'autonomia del soggetto dipenda per intero da essa. Ma la voce, pur provenendo dall'Altro, non riguarda semplicemente l'Altro: farebbe capo all'Altro se si riducesse a degli ordini positivi,se non fosse una mera apertura o una enunciazione. ( Semplificando in termini Kantiani, potremmo sostenere che la ragione appartiene all'Altro, ma non la sua voce.) La voce viene dall'Altro senza farne parte; piuttosto,essa indica ed evoca un vuoto nell'Altro,circoscrivendolo ma senza dargli una consistenza positiva.La voce non ha delle proprietà,tuttavia non può essere evitata.


Così ancora una volta incontriamo l'ambigua ontologia - o, piuttosto, topologia - dello statuto della voce come " tra-i-due" [between-the-two], posta precisamente in una curiosa intersezione. La voce può essere localizzata nella congiuntura del soggetto e dell'Altro, ma come se venisse prima, in un registro differente, all'incrocio del corpo e del linguaggio, in modo da circoscrivere una mancanza comune a entrambi.


La voce è l'elemento che tiene insieme il soggetto e l'Altro, senza appartenere loro, come a formare il legame tra il corpo e il linguaggio,senza essere parte di nessuno dei due. Possiamo dire che il soggetto e l'Altro coincidono nella loro comune mancanza incarnata dalla voce, e che la " pura enunciazione " può essere presa come il filo rosso che connette gli aspetti linguistici e gli aspetti etici della voce.


Alla prossima puntata 


mario barbella

prof. c/o Unitre Milano

8 anni

MATERIA ED ENERGIA OSCURE? La recentissima pubblicazione divulgativa “La materia oscura” della serie “Una passeggiata nel cosmo” ed. RBA, fa riflettere sul radicale capovolgimento, da tempo in corso, del modo di porsi di fronte all’approccio scientifico sia dei “non addetti ai lavori” ma… anche di altri. Questa trasformazione viene sinteticamente riassunta come la conseguenza del faticoso passaggio dalla meccanica (sarebbe meglio dire: della fisica) classica a quella detta quantistica. Passi pure, ma non troppo, quella inappropriata denominazione di “meccanica quantistica”, adottata all’inizio del rivolgimento quantistico della fisica, oggi sarebbe da sostituire il termine “meccanica” con i più generali di “fisica” o “scienza”; ciò è importante perché il termine “meccanica” è assolutamente fuorviante perché lascerebbe pensare che il fisico che dica: “meccanica quantistica” non abbia le idee esatte su ciò che significò e significa l’accettazione dell’idea di “quanto”. E’ inutile che dica come questa sia una diagnosi, forse un po’ esagerata della questione anche perché questa riconsiderazione del problema e stata appresa da scritti di pensatori di grido a cominciare da quelli di geni come Heisenberg, Pauli ed altri colossi del tempo. Questo indugiare sulle terminologie e sul linguaggio scientifico è fondamentale come si può capire se si osserva che il termine meccanica ha senso solo se si parla di moti spaziali e/o temporali e variazioni che riguardano comunque oggetti fisici e non oggetti concettuali e, quindi, non tangibili fisicamente. Quanto a questa “non tangibilità”, è opportuno precisare, che non è corretto addebitarla alla presunta estrema piccolezza dimensionale degli “oggetti quantistici”, detti. per questo, “particelle”, ma al notevole fatto che stiamo alludendo ad oggetti di natura, diciamo pure concettuale piuttosto che fisica, lo si fa davvero questo? Ovviamente la questione non riguarderebbe i “non addetti ai lavori”, ovvero, coloro che usano normalmente il linguaggio della quotidianità ordinaria, ma coloro che, invece, devono usare quello specialistico della fisica quantistica. Qui, quel condizionale ha un’importanza da non sottovalutare perché allude a deformazioni concettuali ed errori. La stortura più comune causata dall’uso acritico di parole come “particella” è esattamente quella di finire con l‘auto-convincersi della materialità, per esempio, dell’elettrone; va però detto che tale confusione fu attiva sin dai primissimi passi della fisica quantistica, non poteva avvenire diversamente in un mondo secolarmente e completamente impastato di oggettivismo, seppur ben intendendo il senso del contrapposto idealismo (Cartesio docet). Ci si potrebbe chiedere quali possibili conseguenze pratiche potrebbe avere un’eventuale inappropriato linguaggio scientifico sulle interpretazioni di fatti scientifici, per esempio, riguardo, nel caso particolare e di questa ai significati da dare a concetti recepiti come “energia” o “materia oscura”. In effetti la ragione c’è: il fatto è che, all’attesa linearità del linguaggio non sempre vi corrisponde, per esempio, una simmetria (o un’asimmetria) quale ci si attenterebbe sulla base della innata visione intimamente oggettivistica del mondo. Un esempio tipico che scombussolò il pensiero scientifico del primo ‘900 fu la conflittualità tra visione corpuscolare e la visione ondulatoria degli oggetti fisici, ma riguardò anche le conseguenze del famoso, direi sacro, principio di indeterminazione di Heisenberg. Si spera qui di riuscire ad evidenziare la natura dl quest’ultimo problema che inizialmente prese le mosse dall’affermazione dell’impossibilità, per l’Osservatore, di conoscere (o cogliere), allo stesso tempo, velocità e posizione spaziale di un punto noto “P” segnato su un’oggetto fisico in movimento rispetto ad un sistema di riferimenti stabilito dall’Osservatore. Se consideriamo la misurazione questo moto e di questa velocità nell’ambito dei canoni della fisica classica dove, appunto, era ben definito il concetto fisico di “velocità” di un corpo qualsiasi, come il noto rapporto “spazio/tempo”; allora l’Osservatore deve definire e/o disporre di: - Un tratto rettilineo di lunghezza “ s” che verrà interamente percorso dal nostro punto P definito o segnato sull’oggetto in movimento; - Contrassegnare un punto entro il tratto anzidetto - Un cronometro di precisione (scelto secondo le attese dell’Osservatore); - Di ovvi dispositivi ottici (ivi incluso, tra questi, l’occhio dell’Osservatore) Secondo i criteri della fisica classica e i concetti da questa sottesi, l’Osservatore procede alla misurazione del tempo che il detto punto P del corpo in moto impiegherà per attraversare tutto il tratto “s” che l’Osservatore ha avuto cura di fissare in modo che fosse il più breve possibile compatibilmente con i mezzi disponibili e della loro precisione operativa, il tutto secondo le attese ed il giudizio dell’Osservatore. (Non sfugga il peso dell’Osservatore su tutto il ciclo della nostra misurazione). Con i dati ottenuti l’Osservatore calcola la velocità media V del punto P nell’intervallo “s “ col solito rapporto (lunghezza “s“)/(tempo “t“ di attraversamento di s) il tutto secondo i notissimi canoni della fisica classica. E’ appena il caso di notare come il rapporto classico V=s/t sia tormentato dal peso delle inevitabili quanto ovvie incidenze della varie fonti di imprecisione connesse con: 1) Le inevitabili precisione delle lunghezze misurate come quella del tratto “s” nonché dell’inizio e la fine di questo; 2) Errori inevitabili nella misurazione del tempo “t” dovuti sia agli errori di lettura, sia gli errori insiti negli strumenti usati e, tra questi, gli eventuali addetti materiali alle rilevazioni ne letture; 3) Non ultima causa d’errori valgano i criteri di valutazione e giudizio finali dell’Osservatore e da questi necessariamente auto-giudicati, essendo questi il Centro assoluto dell’Universo. Alla fine dell’esperimento e dei calcoli l’Osservatore dispone: della lunghezza del tratto “s” misurato secondo una scala metrica scelta e di una velocità “V” del punto P all’interno del tratto stesso. Ma la velocità, calcolata col classico rapporto V/s, non è la velocita del di P in un punto preciso “C” del tratto “s” ma una media a valere genericamente in tutto tratto. Or dunque l’Osservatore sa, secondo i canoni della scienza classica: - Che nel tratto S il punto P ha necessariamente avuto una serie continua ma variabile di velocità, tra una minima ed una massima ma con una media nota, quella calcolata V, sicché, almeno in un punto del tratto, la velocità è stata necessariamente ed esattamente uguale a alla media V, sì, ma in quale o quali punti? Non si sa bene, quindi: Velocità V esatta, posizione inesatta; - Ma se prima dell’esperimento avessimo segnato a caso un punto C entro l’intervallo “s” , allora l’Osservatore potrebbe anche concludere dicendo di conoscere benissimo la posizione del nostro oggetto in movimento, appunto C, ma non precisamente la velocità del suo oggetto in moto in quel punto: Posizione esatta (“C”) ma velocità non altrettanto. Ecco, dunque, la questione sottesa dal notissimo principio di indeterminazione di Heisenberg! Come a qui descritta, la spiegazione sembra di una banalità scoraggiante, quasi una presa in giro; ma se così stanno le cose ciò suggerisce che la ragione di tutto risieda solo nel linguaggio non correttamente usato a motivo “dell’oggettivazione dell’inoggettivabile”; lo si intravvede dal confronto tra la banalità quasi ridicola della considerazione finale del secondo punto descritto appena sopra e l’insieme delle difficoltà pratiche evidenziate per la realizzazione “corretta” dell’esperimento con strumenti notoriamente ed inevitabilmente imperfetti. Per riportarci alla questione della materia o dell’energia oscure, di cui al titolo di questa riflessione, dobbiamo qui solo richiamarci ad una questione di linguaggio che ha il limite di confarsi alla atavica visione prevalentemente oggettiva della nostra percezione dell’universo (la percezione dell’Osservatore), col quale linguaggio dovremmo altrettanto bene parlare di Dio, di spiritualità e di meccanica Ma se questa “meccanica” fosse la quella così detta “quantistica”?..

anna borellini

Facilitatrice di Educazione Biocentrica presso Scuola di Formazione. Ricerca nei mutamenti di qualità.

8 anni

Ho pubblicato: "Inconscio vitale e voce" due volte, perchè mi sono accorta che si potevano ridimensionare le immagini. Non ho ancora capito in che modo si può uscire e rientrare per eventuali correzioni. Mi scuso ma non sono una nativa digitale.......

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