IO DONNA-MEDICINA (estratto)

IO DONNA-MEDICINA (estratto)

𝐄𝐂𝐂𝐎 𝐔𝐍 𝐁𝐄𝐋𝐋𝐈𝐒𝐒𝐈𝐌𝐎 𝐄𝐒𝐓𝐑𝐀𝐓𝐓𝐎 𝐃𝐀 𝐐𝐔𝐄𝐒𝐓𝐎 𝐋𝐈𝐁𝐑𝐎𝐒𝐀𝐆𝐆𝐈𝐎 𝐄𝐌𝐎𝐙𝐈𝐎𝐍𝐀𝐋𝐄

Tre giorni fa il dottor De Donno ha lasciato il corpo chiudendo questo capitolo terreno della sua vita. Le notizie parlano di suicidio. È stato il promotore della terapia a base di plasma umano di soggetti immunizzatisi al Sars-Cov2 a seguito del Covid19.

Ho pianto tutto il giorno.

Era quello di cui avevo bisogno affinché nella mia mente cadesse anche l’ultimo velo che nascondeva lo splendore del mio essere medico in scienza e coscienza, al di là dei miei limiti umani.

Mi sono chiesta come avrei potuto trasformare il sentimento di sdegno che provavo. Come sublimare la rabbia che sentivo e che altro non era che il sacro fuoco che si riaccendeva in me al passaggio di questo evento?

Ero in cucina a preparare come sempre la cena e calde lacrime raggiungevano copiose le carote che stavo pelando.

Ho provato sdegno per tutte le volte che, attraverso di me, il mondo ha disprezzato e deriso il modo con il quale una donna sa essere un vero medico. Per tutte le volte che sono stata schiacciata nell’esprimere il desiderio che la medicina fosse altro dicendomi: “Stupidaggini! Pensa a lavorare!”.

Per come vieni “pagata” se fai servilmente quello che vuole da te. Per tutta l’elemosina ricevuta (e non il giusto ritorno) per l’opera compiuta. Per la disapprovazione e il non riconoscimento, dopo aver fatto la scelta di essere libera da tutto questo.

Mio marito, come se lo avessi chiamato, mi ha raggiunta unendosi a me nel preparare la cena. Nel condividere un gesto, ho sentito di farlo anche con i pensieri e le lacrime sono diventate parole. Il sacro fuoco che mi ardeva dentro mi ha spinta a dichiarare a gran voce una promessa. Fatta davanti a lui, il testimone che accanto a me ha vissuto la mia morte e rinascita, e che era un inno cantato davanti all’Universo intero.

Ho promesso di non svilire mai più il mio operato considerandolo di minor valore rispetto a come il mondo vorrebbe che operassi.

Ho promesso che non avrei più deprezzato la mia opera che, oggi lo so, ha un valore inestimabile per gli insegnamenti ricevuti dalla vita e dai miei maestri.

Non avrei più concesso a chicchessia né di offendere la mia idea di cura, la mia idea di salute, né di deridere il modo in cui dedico il mio tempo, a chi mi chiede aiuto, per comprendere il senso della malattia, allo scopo di poter guarire.

Non avrei più tolto valore neanche economico al mio operato, perché il mio guadagno è ciò che mi permetterà, da oggi in poi, sia di spendere, dando valore e riconoscimento all’opera di altre persone che hanno fatto scelte coraggiose ed etiche, sia di poter comprare una cappa di lana biologica tessuta a mano da un’artigiana coraggiosa che non si piega al sistema.

Artigiana in grado di dedicare il proprio tempo a tessere lentamente la trama e l’ordito e nel contempo a cullare la propria anima ed il canto che ne sgorga, affinché giunga a chi ne acquista il manufatto. Artigiana cui donare il denaro ricevuto per aver davvero curato qualcuno, un gesto sacro che potesse restituire alla moneta il valore di energia di scambio.

Non più a testa bassa. Non più.

Lo devo a mia figlia, che mi chiede di imparare la Vita da una donna forte e coraggiosa, nonché al mio sposo che, da sempre, attende il mio risveglio.

E da qui…si riparte.

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