Io speriamo che me la cavo
Oggi, dopo venticinque giorni, è terminato il nostro isolamento.
Venticinque giorni a tratti interminabili, con un carico emotivo notevole seppure sia stato fortunato a non essere in pericolo di vita, dove oltre a non sapere cosa stia accadendo nel tuo corpo sei costretto ad affrontare una serie infinita di variabili.
Dal cambiare stanza, al non potersi più abbracciare, al mangiare separati, ad igienizzare tutto, le attese infinite per i tamponi e per gli esiti, le positività che ti fanno crollare un macigno addosso, segnalare contatti per i quali inevitabilmente ti senti responsabile, gestire le immotivate psicosi altrui, non riuscire a organizzare la propria vita autonomamente, la spesa on line e le sorprese di genitori e amici, le mille chiamate e messaggi, vedere le giornate accorciarsi senza potersele godere appieno, rendersi conto che prendere la linea con gli operatori del call center dell'Asl sia più difficile di vincere alla lotteria di capodanno, guardare ossessivamente il telefono nella speranza di una chiamata o di una mail che certifichi la fine di questo incubo, il sonno interrotto nel cuore della notte per la paura di non sapere se e come uscirai, le letture, i film, le partite alla Play Station, i fine settimana interminabili, le settimane dove provi a lavorare il più possibile per dare un senso alla giornata, i balzi di gioia per le negatività, l'attesa di poter uscire e andare finalmente a fare una passeggiata in centro.
Sono stati giorni duri, che hanno messo a nudo tutte le falle di un sistema che non è pronto a reggere questa emergenza sanitaria e dove molto spesso ti senti abbandonato a te stesso. Dove chi si trova in prima linea lavora con impegno e professionalità, ma senza avere mezzi adeguati in un sistema stritolato da meccanismi non oliati.
Per tutto questo ci sono delle responsabilità politiche e amministrative ben precise, con assessori regionali alla sanità in viaggio di nozze nel bel mezzo di una emergenza, dopo non aver gestito con lungimiranza la fase dove il virus stava regredendo. Personalmente, lo trovo vergognoso.
Lo trovo vergognoso per le persone e le famiglie che in questo momento sono intrappolate in un sistema inadeguato e che magari rischiano di perdere il lavoro e visite mediche importanti in attesa di risposte, esami ed esiti tardivi.
Una vergogna che dovrebbe iniziare a toccare anche chi nega, minimizza e deride questa emergenza sanitaria, chi si riversa nelle strade a protestare, chi non ha cura del benessere proprio e altrui.
Ci aspettano mesi duri, davvero duri.
Speriamo di farcela.
Dottore Commercialista - Referente Gruppi di Lavoro "Valutazione d'azienda" e "Finanza Alternativa" ODCEC Torino
4 anniSpero tutto bene Marco
Osservatore calcio - Scouting - Intermediazione calcistica internazionale per club
4 anniAuguri Marco!