La cattiva abitudine
In questo periodo ho deciso di approfondire alcuni temi relativi alle cosiddette incertezze del gender, in lingua italiana: identità di genere. Il motivo è banale: avendo in programma un corso elementare su questi argomenti, ho pensato di leggere un po’ di romanzi, oltre alla necessaria saggistica.
Il racconto di cui parlo è una forma biografica romanzata che tratta la vita della protagonista, anagraficamente maschio, ma emotivamente e sensualmente donna. Della ragazza transgeder non è pronunciato il nome, ma solo l’iniziale Aaa che, bambina, tenta di pronunciare in un momento di grande ansia, senza riuscire a completarlo. Ne deduciamo che stia parlando di se stessa: Alana S. Portero scrittrice, drammaturga e regista, laureata in storia medievale, e attivista per i diritti LGBTIQ+.
Colpisce la notizia dell’attività professionale che la Portero è riuscita a esercitare – invece della tipica prostituzione – perché è la stessa praticata dall’autore di Sarà solo la fine del mondo. Le coincidenze spingono a fare congetture: la vicenda umana di ciascuno necessita di una sufficiente libertà espressiva per non lasciar affondare i desideri nella rimozione. Inoltre, la vicenda umana chiede una adeguata rappresentabilità nelle prospettive offerte dal mondo del teatro o da quello artistico in genere: insomma l’essere umano reclama di esistere come individuo in carne ed ossa e come rappresentante di se stesso. Se l’individuo non può rappresentarsi nei cliché sociali, almeno cerca di farlo nell’universo artistico. L’affermazione può sembrare freudiana ma non si sovrappone al concetto di sublimazione dell’energia sessuale mediante l'impegno artistico o culturale; piuttosto sottolinea l’elemento liberatorio offerto dall’arte al desiderio sessuale così come si presenta, proprio come nei sogni.
L’arte consente anche di trasfigurare il reale fisiologico in un reale simbolico. La deprivazione artistica – cioè l'assenza di poesia – concretizza il reale fisiologico spesso nel sesso agito per dovere, impegno o espressione maniacale, oltre che piacere: ad esempio la più brutale prostituzione soddisfa il desiderio di piacere, la fantasia di potere e le necessità economiche.
In sostanza, la prospettiva artistica offre gli strumenti necessari per ampliare gli orizzonti: partire dalle costrizioni dell’esperienza individuale dell’identità di genere per raggiungere uno slancio sociale e politico. Ogni processo liberatorio è attivo sin dall’origine dei tempi – è di nuovo lo stesso meccanismo del sogno – con buona pace di chi si scandalizza di ciò che appare trasgressivo: la difesa di una tradizione repressiva si raggiunge solo attraverso i modelli dell'ignoranza. Esempi delle incertezze di genere infatti si propagnano dalla notte dei tempi e si ritrovano nella mitologia e nella poesia più conclamata e studiata: ad esempio le famosissime metamorfosi di Ovidio.
Il romanzo biografico di Alana inizia nel primo post franchismo con il racconto di un’infanzia femminilizzata in un corpo di maschio: non è facile abitare il corpo sbagliato e dover dissimulare il disagio. Nata e cresciuta nel quartiere operaio di San Blas alla periferia di Madrid, in quegli anni devastato da eroina, miseria e violenza, la protagonista comprende già da piccola che l’universo maschile non le appartiene: o meglio le appartiene come meraviglioso oggetto sessuale. L’attrazione irrimediabile del mondo delle donne e delle loro comunità invece, o come conseguenza, assume il valore di identificazione del genere e offerta sessuale: chiusa nel bagno a provare trucchi e vestiti, schiacciata dalla paura, impara a sperimentare gli straordinari strumenti di seduzione e di potere del corpo immaginato al femminile.
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Lei, ragazza trans piena di cattiva coscienza, decide di sdoppiarsi dato che il suo ambiente sociale non è capace di accettare modi diversi di esprimere l’identità: è maschio di giorno e femmina potentissima, dotata di pene, le notti. Il rifugio identitario le viene offerto da una serie di personaggi sghembi ed emarginati, non soltanto trans: soli come lei, disperatamente veri come María la Parrucca, dai capelli sintetici e il trucco irregolare, temibile come una strega, che le insegna a non balbettare; o Margarita, la prima donna trans che conosce, vestaglia rosa, pantofole e il volto devastato dal silicone; oppure Eugenia la Moretta, groviglio di tenerezza e cicatrici, che lavora come prostituta indossando stivali rattoppati.
Sullo sfondo c’è Madrid, le strade da percorrere al buio della notte e i bar di Chueca, dove incontrare chi non ha paura della propria diversità. Quelle donne fuori dal comune l’affiancano nel viaggio, alla ricerca della propria identità e l'aiutano a combattere la paura e la violenza minacciata a ogni passo - dalla disapprovazione fino ai pestaggi - per imparare a esistere seguendo i propri desideri e a testa alta.
Vanno sottolineati, in questa vicenda come nell’altra Sarà solo la fine delmondo, ancora due aspetti: l’importanza della famiglia d’origine, sentita o immaginata dispensatrice d’affetto; e il valore della cultura, che si rivela materiale essenziale per la costruzione e il consolidamento dell’identità.
L’impegno politico dell’autrice segnala, se ce ne fosse bisogno, come le differenze economiche siano spesso risolutive nella soluzione dei drammi identitari e come la società attuale non sia preparata ad accettare la sessualità e l’amore come scelta personale piuttosto che come obbligo sociale. Ne fa fede, prima delle successive teorizzazioni politiche e culturali, la tenera vicenda sentimentale che la vede protagonista - quattordicenne, insieme ad un ragazzetto quindicenne - nello sperimentare le normali emozioini di ragazza e le pratiche dei piaceri sessualmente possibili: rapporti orali e sodomia, prncipalmente. Questo sviluppo naturale viene interrotto e vietato dalla famiglia di lui, economicamente più evoluta, che lo riporta sulla retta via eterosessuale, indirizzandolo verso una fidanzatina femmina del tutto.
In questo romanzo, come nell’altro citato, rimane forte il dubbio che il tema profondo, impigliato nelle radici dell’incoscio, sia proprio il desiderio omosessuale, blasfemo e rimoso in quanto contraddice il dogma dell’eterosessualità e il suo corredo di fantasie opportune. Neppure è possibile ignorare il fortissimo bisogno di sessualità agita, con orgasmi e i piacevoli indolenzimenti di quelle parti del corpo ripetutamente condivise.
Per chi volesse approfondire quest’ultimo tema suggerisco di cercare lo scritto di Sandro Gindro Ma il mio nome è Marilyn.