La Città ideale
(Case nell'arte, arte nelle case)
La Città ideale, 1480-1490 circa, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche
Immagine simbolica del Rinascimento italiano e della corte di Federico da Montefeltro ad Urbino, che ospitava artisti quali Piero della Francesca, Francesco di Giorgio Martini o l’amico di Leonardo da Vinci, Frà Luca Pacioli, è anche vicina alle ricerche che Leon Battista Alberti, Giuliano da Sangallo e perfino Botticelli svolgevano nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, sulla base della riscoperta e dello studio di Vitruvio. Nella vasta e ariosa piazza prospettica, individuata dalle quinte di eleganti palazzi con specchiature in marmi candidi e policromi, spicca il grande tempio a pianta centrale, caratterizzato dalla croce sulla cupola e dagli elementi classici in marmo bicolore, rappresentazione del concetto filosofico di utopia: più un luogo ideale che un “non luogo”, caratterizzato da materiali e finiture di solidità e pregio, volti a conferire un aspetto imperituro agli edifici. La solidità dell’impianto prospettico accentua quella delle costruzioni, tuttavia mitigata e alleggerita da una luce chiara e trasparente, che digrada nel cielo azzurrino verso un ideale di pace, bellezza ed armonia. La natura è presente solo sullo sfondo, contrapponendosi all’immagine culturale della città in cui la presenza umana, evocata e non manifesta, è suggerita dai vasi sui davanzali nel silenzio della grande piazza: si immagina risuonare il tichettìo dei tacchi di odierni elegantissimi passanti. BF
La Città ideale, 1470-1480 circa, Baltimora, Walters Arts Museum
Forse più antico pendant della precedente tavola di Urbino, anche qui la veduta di una piazza ideale rinascimentale si sviluppa in senso orizzontale, insistendo, piuttosto che sulla conformazione urbanistica, sui dettagli dei singoli edifici evocati in una sintesi ideale: l’anfiteatro del Colosseo, l’arco di trionfo che evoca quello di Costantino, e la rielaborazione del Battistero albertiano di Firenze. La simmetria dei due palazzi - lievemente differenti nelle decorazioni - che chiudono la piazza è ribadita dalla geometria del pavimento che ricorda la logica e il rigore di una scacchiera, su cui si ergono le quattro colonne che reggono statue di virtù del buon governo, tra cui la Giustizia con la spada che la difende e la Liberalità con la cornucopia dell’abbondanza. Il cielo finissimo e trasparente di rosa lilla e violetto è appena mosso da qualche nuvoletta, che rende anche meno statica la composizione unificata nel punto focale da una fontana: l’unico suono che si immagina è quello cristallino dell’acqua che ne sgorga. Essa è anche l’unico indizio di una presenza umana che la regola, e regge la città dietro le quinte. I passanti, forse aggiunti successivamente alla composizione, sembrano capitati per caso, più ammiratori che abitanti, che ci figuriamo simili agli Dei. BF