La saggezza della conciliazione preventiva
dal profilo di Carlo Alberto Calcagno
Mi sono sempre chiesto perché il Vangelo di San Luca consiglia al litigante di accordarsi "per evitare che ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esattore dei debiti e costui ti getti in prigione. Io ti dico non uscirai di là finché non avrai pagato l’ultimo spicciolo."
L'ho scoperto in un celeberrimo passo di un libro di Claude Nicolet (Il mestiere del cittadino nell'antica Roma, Editori riuniti, 1999), uno dei massimi studiosi di storia antica, purtroppo mancato nel 2010. La giustizia romana non era democratica, il processo si divideva in due fasi: nella prima il praetor concedeva l'azione (ossia stabiliva l'oggetto del processo e se si trattasse di un processo "privato": i Romani chiamavano "privato" quello che noi intendiamo oggi per processo civile); nella seconda il praetor demandava la controversia ad un giudice unico che era un arbitro (o un conciliatore aggiungo io) e decideva sui fatti (non avendo il più delle volte nozione di diritto).
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Teoricamente era un "uomo buono" e di "buona fede" che apparteneva alla classe senatoriale e successivamente anche a quella dei cavalieri. Fatto sta che a queste due classi non importava un fico secco difendere i poveri dai potenti e quindi un processo avrebbe comportarto proprio quello che S. Luca scrisse.
Quando il Vangelo fu scritto (circa verso il 70 d.C.) tenete presente che la conciliazione era fuori legge perché così l'aveva dichiarata Caligola (in sostanza perché non ci poteva riscuotere sopra tasse), ma S. Luca la consiglia lo stesso. E anche questa è una cosa strana proprio perché avrebbe dovuto vigere il principio generale: "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" presente in tutti i Vangeli.
Poi ho capito perché il principio generale subiva un'eccezione: non è una questione di etica. Lo spiega bene Macrobio in un passo (Saturnales, III, 16, 13) dove si descrive come operavano gli arbitri. Non riporto questo passo perché mi fa rabbrividire. Ma vi invito a cercarlo: avrete delle sorprese.