Le infezioni delle vie urinarie nelle donne dalla pre-adolescenza all’età adulta
Dimensioni del problema e impatto sulla vita
Le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono molto comuni (al secondo posto dopo le infezioni respiratorie) e probabilmente sottostimate in quanto la diagnosi dipende non solo dalla presenza dei sintomi, ma anche dall’urinocoltura, che non sempre viene eseguita.
Le donne hanno un maggiore rischio di IVU rispetto agli uomini per diverse ragioni, in particolare anatomiche (l’uretra corta facilita la risalita dei batteri) e ormonali (la carenza di estrogeni altera l’omeostasi dell’ecosistema vaginale e del microbiota intestinale).
Il 50-60% delle donne presenta un episodio di IVU nell’arco della vita e circa il 10% sviluppa almeno un’infezione/anno. L’incidenza di IVU nelle donne ha un picco nella fascia di età 18-24 anni: una donna su 3 ha un episodio di cistite entro i 24 anni. Nella fascia di età 18-39 anni, dopo un primo episodio di IVU, il rischio di recidiva a 6 mesi è del 24%.
La differenza di genere nell’incidenza delle IVU si modifica con l’età: durante la senescenza il divario uomo-donna diminuisce a causa delle patologie prostatiche (Fig. 1).
Le infezioni delle vie urinarie sono associate ad una riduzione considerevole della qualità di vita delle donne, sia in termini diretti che indiretti. A questo proposito, lo studio GESPRIT (Germania, Svizzera, Polonia, Russia, Italia), ha dimostrato come la riduzione della qualità di vita delle donne affette da cistiti ricorrenti sia associata ad un costo elevato sostenuto dalle stesse pazienti per visite e farmaci.
In relazione all’insorgenza e al decorso clinico le IVU si distinguono in acute e croniche; questa suddivisione si rende necessaria per la programmazione del follow-up e della pianificazione del trattamento in profilassi, dove indicato, al fine di ridurre l’utilizzo di terapia antibiotica e limitarla ai casi selezionati.
Classificazione
Esistono diversi sistemi di classificazione delle IVU: Centers of Disease Control and Prevention (CDC), In- fectious Diseases Society of America (IDSA), Europe- an Society of Clinical Microbiology and Infectious Di- seases (ESCMID), Food & Drug Administration (FDA), Società Italiana Urologia (SIU), European Association Urology (EAU) che si basano su differenti criteri e riportiamo i principali criteri classificativi comuni alle diverse Società Scientifiche.
Recentemente è stato aggiunto un ulteriore importante criterio di classificazione:
Dalle ultime Linee Guida EAU è emerso che le infezioni acute delle basse vie urinarie (cistiti) nelle donne in età post-menopausale non sono più considerate complicate. Questo dato ha risvolti importanti nell’approccio terapeutico che sarà discusso successivamente.
Eziologia
La maggior parte delle cistiti non complicate sono causate da batteri Gram positivi, Gram negativi e funghi; la maggior parte delle cistiti batteriche è sostenuta da E. Coli uropatogeno (UPEC) (Fig. 2).
Vi sono inoltre differenze di eziologia tra infezioni ospedaliere e infezioni comunitarie (Fig. 3):
Patogenesi
IVU non complicate
Gli uropatogeni intestinali contaminano l’area periuretrale e colonizzano l’uretra. Successivamente migrano nella vescica, colonizzano e invadono le cellule superficiali a ombrello. La risposta antinfiammatoria dell’ospite inizia dall’infiltrazione di neutrofili. Alcuni batteri evadono la risposta immunitaria dell’ospite, sia per invasione massiva che per resistenza ai neutrofili. Questi batteri quindi si moltiplicano e formano un biofilm. Producono tossine e proteasi che danneggiano le cellule ospite e rilasciano nutrienti che promuovono la sopravvivenza batterica e la risalita verso le alte vie urinarie. La colonizzazione delle alte vie urinarie esita nella produzione di tossine e danno tissutale.
IVU complicate
Gli uropatogeni seguono i medesimi step iniziali delle IVU non complicate, incluso la colonizzazione periuretrale, la progressione nell’uretra e la migrazione verso la vescica; tuttavia, siamo in presenza di una compromissione/anomalia delle vie urinarie, ad esempio per la presenza del catetere. A causa della intensa risposta indotta dalla cateterizzazione, il fibrinogeno si accumula nel catetere e i batteri si moltiplicano, creando un ambiente ideale per l’adesione dell’uropatogeno che esprime proteine leganti il fibrinogeno. L’infezione induce infiltrazione dei neutrofili, ma dopo l’iniziale adesione al fibrinogeno adeso al catetere, i batteri vanno incontro a moltiplicazione, formano biofilm e promuovono danno epiteliale. Se non trattate queste infezioni progrediscono in batteriemia attraversando la barriera dell’epitelio tubulare.
Caratteristiche cliniche e fattori di rischio
Nelle donne le IVU hanno caratteristiche eziopatogenetiche e di presentazione clinica differenti nell’arco della vita, riconducibili soprattutto ai cambiamenti del milieu ormonale, all’influenza degli ormoni sessuali sul sistema immunitario, sul microbiota vaginale e intestinale
Ruolo del microbiota vaginale e degli estrogeni
La vagina è sede anatomica dell’inizio del processo patogenetico delle IVU nelle donne, rappresentando un potenziale serbatoio di infezione da parte di batteri. Il microbiota vaginale è un fattore critico in questo processo, anche per le sue caratteristiche di dinamicità: la flora batterica cambia nell’arco della vita della donna: dopo la menopausa, in assenza degli estrogeni, i Lattobacilli non sono più presenti nell’ecosistema vaginale ed aumenta il rischio di IVU. Anche trattamenti antibiotici possono alterare la flora batterica vaginale e predisporre alle IVU.
Ruolo del microbiota intestinale
Il microbiota intestinale è contenuto nel muco e rappresenta la prima linea di difesa del tratto gastrointestinale. Alcune condizioni, come stress, alimentazione scorretta, stipsi, malattie infiammatore croniche intestinali, provocano un’alterazione del microbiota intestinale, (disbiosi), e proliferazione degli uropatogeni (UPEC) e alterazione della barriera intestinale (leaky gut syndrome). Gli UPEC passerebbero quindi nel circolo linfatico e da qui alle vie genitourinarie, determinando la comparsa di infezioni spesso a tendenza cronicorecidivante.
Infanzia e preadolescenza
Nel primo anno di vita, l’incidenza delle IVU è maggiore nei maschi rispetto alle femmine (2,7%vs. 0,7%), mentre in seguito l’incidenza diventa maggiore nelle ragazze. Dai 7 ai 13 anni, la causa delle cistiti nelle ragazze è riconducibile soprattutto ad una scorretta igiene intima e alla colonizzazione periuretrale da parte degli uropatogeni (UPEC nell’ 80-90% dei casi). La risalita dei batteri è facilitata dall’uretra più corta, dal pH vaginale, dall’aumento dell’adesività dei batteri alle cellule vaginali, dalla riduzione della risposta anticorpale a livello cervico-vaginale.
Fino a due anni di vita, i sintomi delle IVU sono aspecifici (febbre, irritabilità, anoressia, vomito, dolore addominale, urine maleodoranti, disturbo a urinare), mentre dopo i 2 anni di vita i sintomi diventano caratteristici: urgenza, frequenza, disuria, urine torbide, dolore sovrapubico, può comparire enuresi.
Gravidanza
Nelle donne in gravidanza le cistiti sono per definizione complicate, in quanto possono, se non trattate adeguatamente, influenzare l’esito della gravidanza ed avere effetti negativi sullo sviluppo del feto e sulla salute della mamma.
È possibile classificare le IVU in gravidanza in tre gruppi:
Età fertile
All’inizio dell’età fertile le cistiti sono causate soprattutto dai rapporti sessuali (cistite da “luna di miele”). Nelle donne giovani il sintomo più caratteristico è la disuria, mentre altri sintomi, come frequenza minzionale, urgenza, dolore sovrapubico, ematuria, sono presenti in modo variabile.
La presenza di perdite vaginali o sintomi di irritazione vaginale pongono un problema di diagnosi differenziale con vulvo-vaginiti non infettive, cistite interstiziale, sindrome della vescica dolorosa (BPS), o altri disturbi/patologie caratteristici della giovane età.
Ipotesi patogenetiche delle IVU in gravidanza
Le IVU in gravidanza sono correlate soprattutto ai profondi cambiamenti strutturali e funzionali dell’apparato urinario tipici della gravidanza; nell’80% delle donne si osserva una dilatazione del tratto urinario e una lieve idronefrosi, riconducibili in parte alla riduzione del tono della muscolatura liscia, un rallentamento della peristalsi ureterale e un rilassamento dello sfintere uretrale. Questi cambiamenti potrebbero essere influenzati dal milieu prevalentemente progestinico caratteristico della gravidanza e contestualmente alla compressione della vescica da parte dell’utero ingrossato. L’aumento della pressione intravescicale provoca reflusso vescico-ureterale e ritenzione di urina post- minzionale. Questa situazione anatomica predispone alla risalita di batteri e alle infezioni urinarie per via ascendente.
Guida allo screening per le IVU in gravidanza
Peri-post-menopausa
La carenza estrogenica e la relativa scomparsa dei Lattobacilli, determinano un pH basico che favorisce la colonizzazione delle Enterobatteriacee, inoltre, la carenza estrogenica determina un assottigliamento della muscolatura vaginale con lassità dei legamenti del pavimento pelvico e prolasso utero-vaginale, che costituisce un ulteriore fattore di rischio. Altri fattori di rischio sono sempre i rapporti sessuali, specie in presenza di dispareunia, incontinenza e residuo post- minzionale clinicamente significativo.
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Nelle donne dopo la menopausa, la cistite può avere una presentazione clinica meno definita. L’insorgenza acuta di disuria rimane il principale sintomo patognomonico, ma possono comparire più frequentemente la nuova insorgenza di frequenza, urgenza a urinare e/o incontinenza. Nelle donne con disturbi uroginecologici, la comparsa di sintomi atipici come un cambio di odore o colore delle urine, dovrebbe indurre al sospetto di IVU.
Le donne con deterioramento cognitivo possono avere difficoltà nel descrivere i sintomi; pertanto, i medici dovrebbero domandare sempre ai familiari/caregiver, se hanno osservato sintomi anche non direttamente associati a IVU, come ad esempio la comparsa o il peggioramento dell’incontinenza. La presenza di catetere e la comparsa di febbre deve sempre far sospettare una IVU.
Diagnosi e utilità dell’urinocoltura
Sebbene l’urinocoltura solitamente non sia necessaria, in quanto gli organismi patogeni e il loro profilo di suscettibilità agli anticorpi sono prevedibili, è, comunque, consigliato eseguire un dipstick sulle urine al fine di confermare la presenza di microematuria, piuria e presenza di nitriti. Tale esame è sufficiente per iniziare una terapia antibiotica.
L’urinocoltura è invece raccomandata nelle seguenti situazioni:
Nelle donne con perdite vaginali, segni clinici di uretrite o dispareunia, è indicato un esame della pelvi. Nel caso di sospetto di patologie a trasmissione sessuale o nel caso di presenza di sintomi atipici è necessaria l’esecuzione della ricerca di germi atipici come Chlamydia trachomatis, Neisseria gonorrhoeae e Micoplasmi.
Prevenzione e trattamento delle IVU non complicate
I criteri generali per l’utilizzo di un antibiotico nel trattamento delle infezioni del tratto genitourinario sono essenzialmente rappresentati da:
La batteriuria asintomatica va trattata solo in alcuni casi selezionati.
Prevenzione e trattamento delle IVU non complicate
Nelle IVU non complicate acute, le Linee Guida EAU suggeriscono di utilizzare i seguenti schemi terapeutici:
Fosfomicina presenta il vantaggio della mono- somministrazione e questo favorisce la compliance e contrasta l’insorgenza della resistenza batterica. È, pertanto, consigliata come prima linea anche in caso IVU multiresistenti.
Le aminopenicilline, anche in combinazione con inibitori delle beta-lattamasi (es. amoxicillina/acido clavulanico) non sono efficaci nel trattamento short-term, inoltre, le LG EAU 2021 raccomandano di non utilizzare questi antimicrobici in modo empirico, a causa della resistenza sviluppatasi a livello mondiale nei confronti dell’E. Coli.
Nel corso degli ultimi anni sono aumentati anche i tassi di resistenza alle cefalosporine di III generazione, agli aminoglicosidi ed ai fluorochinoloni e le resistenze combinate a tutte e tre queste classi di antibiotici. Pertanto, questi antibiotici sono sconsigliati. Inoltre, i fluorochinoloni sono sconsigliati anche per eventuali rari effetti collaterali (tendiniti, rot- tura dei tendini), soprattutto in gravidanza.
Profilassi delle cistiti ricorrenti non complicate
l’antibiotico-profilassi è efficace nel ridurre la ricomparsa di IVU sintomatiche.
Tuttavia l’uso prolungato di antibiotici induce la comparsa di effetti collaterali e recidive alla sospensione del farmaco e favorisce l’antibiotico-resistenza, che costituisce un problema molto diffuso e attuale, in continua crescita in tutto il mondo.
Per la gestione delle IVU ricorrenti l’EAU raccomanda il seguente ordine:
Raccomandazioni per evitare l’insorgenza delle resistenze batteriche (LG EAU)
1. conoscere i dati locali sulle resistenze batteriche.
2. 2 eseguire un’accurata valutazione dei fattori di rischio del paziente e in particolare sulla storia di pregresse infezioni o pregressi trattamenti antibiotici.
3. considerare come prima scelta gli antibiotici che hanno un’elevata escrezione urinaria e che raggiungono concentrazioni urinarie elevate e soprattutto al di sopra delle MIC dei comuni uropatogeni.
4. considerare in prima scelta antibiotici che hanno profili di farmacocinetica tali da ridurre al minimo il rischio di resistenze (Fig. 5).
Trattamento delle IVU in gravidanza
Le IVU nella donna in gravidanza sono per definizione complicate e necessitano particolare attenzione.
La prescrizione di antimicrobici in gravidanza deve garantire un adeguato trattamento, con dosaggio e durata ottimali, tenendo conto della eventuale tossicità sia materna che per il prodotto del concepimento.
Antibatterici sicuri in gravidanza:
Quali farmaci per le IVU devono essere evitati in gravidanza e perché
Aspetti di counselling
Nelle donne con cistiti recidivanti è opportuno valutare il rischio di nuova recidiva attraverso l’uso di nomogrammi come il LUTIRE.
Aspetti di counselling
Per una assistenza migliore possibile, è essenziale che vi sia una sinergia fra tutte le figure coinvolte, il medico di famiglia, il ginecologo, l’ostetrica ed eventuali specialisti quali l’urologo ed il gastro-enterologo.
Tutti insieme possono davvero migliorare il percorso diagnostico-assistenziale da proporre alla donna, orientarsi più agevolmente nel percorso diagnostico, nella gestione clinica e nel follow up per la prevenzione delle complicanze; incoraggiare la donna a seguire i consigli comportamentali e ad assumere i farmaci solo su prescrizione, rispettando tempi e modi di assunzione indicati dal medico. Molte persone tendono ad assumere le cure riducendo spontaneamente la dose o il tempo di somministrazione, oppure ripetono la stessa cura con auto- prescrizione al ripresentarsi dei sintomi, senza prima consultare il medico.
È importante spiegare che questo atteggiamento favorisce la selezione di ceppi resistenti e le recidive e deve essere assolutamente evitato.
Conclusioni
Le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono molto diffuse, seconde solo alle infezioni delle vie respiratorie.