LETTERA AL PADRE-AMICO
"Caro papà,
ti scrivo perché ho sognato di essere tuo amico e non tuo figlio. Penso che tu sappia la differenza tra un rapporto genitoriale e un rapporto di amicizia. È buffo come alle volte le due cose coincidano, eh? Anche se ci sono certe amicizie che non dovrebbero neanche essere nominate tali. Ma cosa si prova ad essere amico di un proprio parente? Me lo sono chiesto più volte nel corso degli anni. E cosa è l’amicizia? Queste lucubrazioni non mi hanno portato a nulla di concreto, perché sono stati i sogni a darmi la risposta che cercavo… uno in particolare.
È successo la scorsa di notte, sognai di tornare indietro nel tempo negli anni 90, in quella Sicilia impestata dalla mafia e dalle bellissime passeggiate sulle spiagge affollate di Mondello. Vivevi in quella periferia di Palermo, tu eri da poco sposato con mamma, da poco tornato dal viaggio di nozze e da poco entrato nel vivo del matrimonio. Navigando tra quelle strade preistoriche per i miei occhi abituati al ventunesimo secolo, percepivo dentro di me una gioia crescente e malinconica, una beatitudine data dal trovarmi in un’epoca che mi è sempre stata raccontata, ma che non ho mai vissuto per ovvie ragioni. Ho trovato affascinante l’atmosfera che quella borgata manifestava: ho preso uno di quei vecchi bus di linea di colore arancione, ho comprato un giornale usando “le famose e vecchie lire”, ho osservato il vestiario della gente che mi passava attorno… è stato magico.
In questo sogno sapevo cosa volevo fare, sapevo cosa chiederti e speravo di ottenerlo, sapendo in partenza il modo con il quale avrei comunicato con te e con la mamma. Volevo avidamente distruggere il rapporto genitore-figlio per conoscerti in una veste differente, più informale, più “sbarazzina” perché sapevo che avresti comunicato in maniera diversa con me se io non fossi stato tuo figlio. Avrei superato l'ostacolo generazionale che ci separa e, grazie a questa trasognata e immaginifica possibilità del viaggio nel tempo, avrei potuto realizzare questo mio piccolo desiderio. Avrei suonato alla tua porta, in quella vecchia casa dove hai vissuto con mamma prima della mia nascita; mi sarei spacciato per un lontano parente, ma mi sarei presentato col mio vero nome e cognome. Non mi sarei nascosto sotto una falsa identità, non c’era motivo.
E così feci: mi accoglieste calorosamente in casa vostra, bombardandomi di domande alle quali trovai sempre una risposta. Vi dissi che volevo trasferirmi in città, trovare una casa e un lavoro. Vi parlai della mia passione per i libri, per i film e per il buon cibo grasso e unto tipico di quelle zone. Come omaggio vi portai una bottiglia di vino prodotta nelle zone in cui vivo attualmente nella realtà. In poco tempo diventammo inseparabili.
Avresti dovuto vedere che gioia, papà! Che gioia immensa ho provato a passeggiare sulle rive del mare insieme a te e alla mamma come tre persone adulte, formate e composte. Trovai subito lavoro in una libreria. Ricordo che presi in affitto una casa in centro città, ma non credo di aver sognato i suoi interni e purtroppo non riesco a descrivertela. Ma quello che rammento con più nostalgia (perché speravo che il sogno non finisse) era la beatitudine dei nostri dialoghi durante le mie visite. Tu e la mamma mi parlavate di fare un bambino (Federico, mio fratello maggiore), mi avevate presentato la vostra famiglia, la mia famiglia che, vista in questo modo, percepita come se fossi un estraneo, mi era apparsa di gran lunga più gradevole. Che strana gioia provai!
Consigliati da LinkedIn
Tutto questo fu un viaggio alla riscoperta delle mie origini più strette, usando la consapevolezza dei miei attuali 24 anni in un passato nel quale avrei tanto voluto conoscerti. Mi hai parlato del tuo lavoro al cinema che ti emozionava più del lavoro ordinario che facevi, ci scambiavamo battute sconce al ristorante e spesso mi obbligavi a seguirti in chiesa. Per quanto simili e diversi allo stesso tempo, diventammo amici per la pelle.
Poi, beh... il tempo sarebbe andato avanti come di suo consueto e ordinario corso regolare: mese dopo mese, anno dopo anno. Avrei vissuto nuovamente gli anni del tuo tempo fino ad avanzare gradualmente nel presente dal quale ero partito. E a quel punto sarei stato più maturo d’età, avrei avuto più esperienze nel mio bagaglio culturale e sarei stato più saggio. E ti avrei avuto al mio fianco come mai nessun figlio prima di me col proprio genitore.
Buffo tutto questo, vero? È proprio vero che i sogni sono desideri. E per quanto questo sia irrealizzabile, mi è servito per volerti sempre più bene. Anche se non saremo mai amici, saremo sempre legati nel tempo.
Ti voglio un mondo di bene.
Riccardo."