Ma che anno è stato?
Sarebbe molto più social friendly dire che è stato meraviglioso e pazzesco, ma non è (sempre) stato così. E’ stato un anno di alti e bassi, di grande carica e di umore sotto le scarpe, di discussioni e di spugne gettate a terra. Ma poi riprese.
Perchè e quando è nata belive. Pensati startupper.
belive è nata in realtà molto più di un anno fa. Nasce da ScuolaZoo, o, meglio, dalle persone del team di ScuolaZoo . Avevamo visto, infatti, che c’era spazio per fare qualcosa di nuovo: da una parte la pandemia ci aveva convinti che ScuolaZoo fosse sempre più il brand di riferimento per gli studenti italiani, dall’altra l’impossibilità di fare i nostri viaggi pieni di Speranza (è fine, arriva dopo) ci aveva fatto esplorare nuove opportunità. Il mondo stava cambiando, i ragazzi là fuori stavano cambiando, e anche il concetto di divertimento e di svago stava prendendo nuove forme.
E così abbiamo pensato di poter crearci in casa un nuovo brand, che parlasse a ragazzi un pò più grandi di quelli cui ScuolaZoo si stava rivolgendo sempre di più, e che presentasse loro un nuovo modo di divertirsi e di fare esperienze totalizzanti. Ma tra il pensiero e la creazione ci sono stati tre board, almeno 25 meeting interni e la necessità di avere tutti a bordo. Questa cosa si fa se e solo se siamo tutti convinti, altrimenti ci concentriamo su altro. E così è stato. Facile? Per un cazzo, perché convincere alcuni della bontà del progetto è stato lungo e difficile, ma roba che ogni tanto abbiamo pensato che forse era meglio finire ancora prima di iniziare. Ma almeno non abbiamo mai detto di essere nati su un tovagliolo durante una cena come fa qualcuno. Dai.
A volte lo pensiamo ancora, ma adesso abbiamo capito che le challenge, come dicono quelli bravi, che ci hanno fatto allora e fanno oggi ci hanno permesso di essere qua dopo un anno a raccontarci.
E’ stata una gestazione lenta, e dal dicembre del 2021 in cui per la prima volta abbiamo presentato l’idea, siamo arrivati a dicembre 2023 (per capire: abbiamo pensato a belive quando Trump era presidente, una nave bloccava Suez, la Juventus si inventava la Superlega facendo l’ennesima figura, e nel frattempo è scoppiata una guerra qua di fianco, abbiamo rieletto Mattarella, ed è perfino morta la regina Elisabetta - senza mai aver visto belive, peraltro). Nel mezzo la necessità di sopravvivere a una pandemia che aveva bloccato il business, un team che non sapeva da dove iniziare a creare qualcosa di nuovo e un po' di resistenze interne che hanno richiesto più fatica di quanta era necessaria.
Una volta portati tutti a bordo però siamo andati avanti, col rischio di deragliare spesso, forse, ma sempre avanti siamo andati.
Il nome e il logo: creatività cercasi.
belive non nasce come belive. Nei vari brainstorming e sondaggi che abbiamo fatto coinvolgendo colleghi e la community di ScuolaZoo siamo stati Rebel, Hyper, Soul, Zeta, Sparkle, Pulse, Leave, Holy, Edit e tantissimi (ma davvero tante) altri nomi. Tutti osceni, col senno di poi ce lo possiamo dire e possiamo essere grati di non aver preso nessuna di quelle strade - e pensare che non esisteva ancora ChatGPT. A rileggerne alcuni davvero chissà cosa bevevamo in quei mesi. Ma oh, Amazon era nata come Cadabra, pure Bezos ha fatto peggio di noi.
Poi l’illuminazione. Siamo nati come OFF: esatto, proprio come l’interruttore che spegne tutto. L’idea alla base era quella di rivolgersi a chi, ragazzo, aveva bisogno di un periodo off (appunto - che grande fantasia signori), di un periodo “dove spegni chi ti dice cosa devi essere fare diventare, e accendi te stesso e la libertà che fatichi a trovare nella quotidianità”. Praticamente una filosofia. Ma noi dovevamo costruire altro, che di Guru ce ne sono già fin troppi.
Ma OFF, che però aveva una grafica assurdamente bella, grunge e urban al punto giusto, non aveva scaldato gli animi di chi doveva sostenerci. Ha un’accezione negativa ed è troppo fighetto, ci dicono. Passi l’accezione, ma fighetti no dai.
E quindi butta via tutto e rimetti testa sul nome. Ci chiediamo: chi vogliamo essere? Cosa vogliamo comunicare? Come possiamo sembrare meno fighetti?
Ma alla fine è arrivata l’idea. belive nasce dalla crasi (mai avremmo pensato di usare questa parola dopo la terza media, e invece) tra “be”, essere, e “live”, inteso come vivere, ma ricorda anche il “credere”, inteso come crederci, come l’essere vivi nel senso più pieno della parola.
Mancava però il logo e la visual. Se OFF era troppo fighetto, belive doveva essere cool (super cit.) senza quella patina da figlio di papà che ci avevano inizialmente (e ingiustamente, facciamo un po’ di polemica dai) dato.
Menzione d’onore per Francesca Rizzo che ha sopportato feedback, reference senza senso, meeting, ore passate a spostare grafiche di mezzo millimetro, discussioni su nuance e colori che neanche per la Cappella Sistina e i consigli di mezza company. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Abbiamo un nome, un logo, una moodboard e 2493 presentazioni. Siamo nel pieno dell’estate 2022 e siamo pronti a partire.
Il piano, incerto quanto la job title di Gioele.
C’è un problema. Abbiamo un nome (figo), una visual (fighissima), tante idee (dai): tutta forma, ma la sostanza? Presi bene da loghi colori payoff e tutte quelle markettate che fanno tanto post ricondiviso su LinkedIn ci siamo persi una cosa: che cosa vogliamo fare? Se avessimo speso il tempo investito per spiegare a tutti che belive si scrive belive per disegnare una strategia più solida oggi staremmo festeggiando la quotazione al NYSE.
In realtà ci stavamo lavorando un po’ sotto traccia, ma alla fine il sottotraccia è diventato un circolino ristretto in cui ce le diciamo e ce le cantiamo mentre fuori il mondo magari va da un’altra parte. Ci siamo dati quindi un paio di sberle e abbiamo scritto un piano da fare invidia alle migliori scale up europee.
Vision, mission, budget, marketing, prodotto, community, tov, tattica e strategia, persone, evoluzione a 1/3/5 anni: c’è dentro tutto. Tutto. Presentato agli stakeholder interni, come tutti i piani ha avuto i suoi apprezzamenti e le sue critiche, ma ci ha confermato che non eravamo solo forma: c’era tanta sostanza sotto. Bisognava solo metterla a terra.
Il lancio social e la costruzione del sito.
Arrivavamo da un anno in cui tutto era andato benissimo, umore alle stelle, piano dettagliato, idee chiare e, ora, una data: il primo dicembre si parte. Social, LinkedIn, sito, offerta, strategia di marketing: vamos.
Come lanciamo belive? Avevamo pensato anche a un’attivazione. Poi perché prenderci dei rischi non è mai stato il nostro forte (ideale per chi sta provando a fare qualcosa di nuovo, già) abbiamo virato “solo” su un video. Sessanta secondi che però nascondono settimane di lavoro che manco Avatar. Davvero se ci pensiamo ora a quanto tempo abbiamo speso dietro a quel video… meh. Però il video è davvero figo e lo trovate qua.
Abbiamo fatto anche una OOH (grazie Giulia Banfi , per questa e per quello che verrà dopo), ma il sito? Il sito stava nascendo. E come tutte le cose dove c’è di mezzo un dev, con più discussioni di una manovra finanziaria. Ma una quadra l’abbiamo trovata tra esigenze nuove, esperienza che volevamo offrire, novità di prodotto ed esigenze digital, e in un sabato in ufficio abbiamo scritto tutti i copy per tutte le pagine e le schede prodotto (poi prese in carico da Viola Iacobelli , Dio sia lodato). Menzione d’onore in questo caso a Matteo Bondatti , Chiara Bucciarelli e al fondamentale supporto di Zio Andrea Orselli : se un sito è nato, ma soprattutto se un gran bel sito è nato, è grazie a loro. Un mondo in cui business e dev si parlano e vanno d’accordo è davvero possibile. Si chiama metaverso.
Cosi, il primo dicembre arriva: nasciamo ufficialmente. belive è nata.
Nameless e i festival.
Poche settimane dopo il lancio e i primi contenuti social, la sorpresa. Nameless, uno dei più grandi festival italiani, ci chiama: volete essere il nostro tour operator?
Mai la parola “cazzo” è stata detta con tanta gioia e stupore. Mai in pubblico, per lo meno. Eravamo nati da poco, ancora non ci conosceva nessuno se non i nostri amici e qualche ex partecipante di ScuolaZoo e il Nameless voleva collaborare con noi. Incredibile.
Ci siamo presi la loro parte di tour operator, abbiamo trovato 18 strutture, abbiamo messo in piedi e gestito un camping, disegnato l’esperienza belive per i partecipanti, trovato navette e bus. Ma non solo.
Siamo stati media partner, abbiamo raccontato il festival in ogni modo, abbiamo disegnato e costruito un’installazione artistica di specchi, dato centinaia di powerbank personalizzate e gadget esclusivi, intervistato dj e performer, organizzato e gestito un afterparty esclusivo. Insomma siamo stati parte del Nameless, non semplicemente ospiti.
E da lì sono arrivati altri festival che ci hanno chiamato, accolto e chiesto di essere partner. Più di 10 quelli con cui abbiamo lavorato alla fine dell’anno, e altrettanti con cui non siamo riusciti per mille motivi diversi. Grandi, piccoli, anche internazionali.
Consigliati da LinkedIn
Non è solo marketing o business: per noi i festival sono stati e saranno una parte fondamentale dell’identità di belive. Ci hanno permesso di capire che stavamo (e stiamo) lavorando su un angolo giusto, che possiamo diventare autorevoli su quel fronte e che la musica, un certo tipo di musica, fa parte di noi.
E, soprattutto, che prima o poi avremo un festival nostro. Lo abbiamo capito, ce lo siamo promesso, e lo faremo nei prossimi due o tre anni.
La Road to Summer.
Però nasciamo come tour operator. E quindi? E quindi la sfida all’anno zero era convincere almeno 3k ragazzi a partire con noi. Un brand nuovo, molto di nicchia, con una comunicazione tanto chiara quanto spesso polarizzante e 5 mesi di tempo.
Partiamo da due prodotti: i viaggi con grandi gruppi, in destinazioni che conosciamo meglio di casa nostra (Corfù e Pag), e viaggi in posti iconici per il divertimento e le esperienze possibili, in gruppi più piccoli (Ibiza e Mykonos). E se in ogni destinazione c’è stato qualcosa di nuovo, qualcosa di davvero veloce, è grazie ad Armando Ciano e al suo team.
Nel frattempo il mondo è cambiato. Inflazione alle stelle, una guerra che non finisce mai, mutui che costano come tre case, caro affitti. Cambiano anche i ragazzi cui ci rivolgiamo. Ma forse non ce ne accorgiamo subito: anzi, convinti di portare in viaggio chi aveva già vissuto ScuolaZoo gli anni prima, scopriamo che questi sono solo una percentuale piccola.
Continuiamo a comunicare e spingere su campagne e qualche attivazione, anche grazie a Erica Landonio che nel frattempo si è unita al team come nuova Head of Marketing. Facciamo un mega evento durante la Design week, che a Milano è sentita quanto il Natale per un bambino, qualche serata, invadiamo i Navigli con flyer e siamo su Spotify con le prime (e ultime…) playlist.
I numeri iniziano ad arrivare, inizialmente a fatica ma arrivano. E alla fine saranno più di 2,5k i partecipanti. I primi belivers. Con un gradimento superiore al 9 su 10, con i primi tatuaggi col nostro nome, con i primi direct di ringraziamento.
L’epifania: errore o no?
I partecipanti arrivano ma sono diversi da quelli che ci aspettavamo. C’è l’universitario, il giovane lavoratore, ma anche il trentenne che vuole ancora divertirsi e non trova nulla nel mercato per sé, il maturando che vuole fare qualcosa di diverso dai suoi compagni, chi vuole fare chill e chi vuole fare after tutti i giorni, amanti della techno e dell’EDM e fan di DJ che andiamo ad ascoltare nei nostri viaggi, gente che ha la media del 35 e fuoricorso cronici.
Insomma non è l’età a fare i beliver: è il need, direbbero i marketing guru. È la voglia di divertirsi, di vivere un’esperienza che nessun’altro dà, è la destinazione vissuta in un modo diverso.
Avevamo sbagliato proprio sulla ragione per il quale eravamo nati: eravamo nati come l’ennesimo brand e l’ennesimo tour operator che parlava a un target specifico (18-25). Ma eravamo (e siamo) il brand che offre l’esperienza che non troverai da nessun’altra parte. Non è l’età che ci definisce, è l’esperienza che offriamo.
Un po’ di panico ci è preso: ma che cazzo, ci lavoriamo da più di un anno e abbiamo sbagliato tutto. Ma è solo quando cresci che puoi cambiare così, ed è solo quando capisci e fai tuo il cambiamento che puoi diventare grande. E noi grandi lo diventeremo.
La nostra Crew.
Non è che belive è fatta solo dalle 4 facce disgraziate che avete visto qua in qualche post. belive è anche una community, la Crew, nata e cresciuta insieme a noi. Evitiamo di raccontare la genesi del nome perchè forse è più lunga della gestazione che ci ha portato a chiamarci belive, ma siamo stati l’occasione per portarci vicino ragazzi che altrimenti non avremmo mai attratto. Coordinatori di WeRoad, Dj che ci hanno mandato tracce inedite, ragazzi che conoscevamo già, Staff di ScuolaZoo: un mix che non trovi neanche in Isola il venerdì sera, ma che ha funzionato alla grande. 5 Group Leader, uno più diverso dall’altro e una 50ina di ragazzi sono stati la prima community di belive.
Ma non esiste community senza una divisa. Quella di ScuolaZoo è sacra (per capirci: la puoi indossare se e solo se hai fatto i bootcamp di selezione e un viaggio e lo stesso CEO non l’ha mai messa - per rispetto, non perché non sarebbe un party striker formidabile). E poteva una divisa nascere in pochi giorni? Poteva, ma non da noi.
Settimane passate a discutere con Samuele Bonti , che nella vita fa tutt’altro (è uno dei Producer di ScuolaZoo e di belive) ma che non abbiamo mai capito perché si era preso la briga di produrre le divise. Con tecnologie avanzatissime: i pizzini.
Ma quanto cazzo sono belle le nostre divise. Se volete vederle venite in viaggio con noi.
L’evoluzione davanti.
belive non è più quindi “solo” l’ennesimo tour operator. belive è, per noi e per i belivers là fuori, tanto altro. E’ la cosa su cui sbattiamo la testa ogni giorno, innanzitutto. Ma sarà anche:
Siamo nati come un tour operator ma vogliamo diventare grandi e tanto altro. E lo diventeremo.
I numeri.
Quindi il primo anno di belive è stato tanto, davvero tanto. Qualche numero:
Le persone.
Sono tante quelle che ci hanno permesso di arrivare dopo un anno a raccontarci. C’è chi lo ha fatto facendoci alzare l’asticella ogni giorno, c’è chi ci ha fatto vedere le cose sempre con occhi diversi, chi ci ha spinto a ragionare non sull’anno due ma sull’anno 5. C’è chi ci ha snobbato, chi ci ha criticato, chi ci ha amato fin da subito.
Ci sono soprattutto tre persone, nel nostro primo anno.
Gioele Pollino , il nostro Business Innovation Manager. Nessuno ha ancora ben capito cosa faccia, ma se c’è qualcosa che riguarda belive lui c’è. E’ chi si è preso più sberle, chi ha dovuto riscrivere piani ed excel, chi ha tenuto alta l’attenzione quando stava calando e chi ha risolto più di un problema.
Fabiana Russo , la nostra content fullstack (cit.). Se non avete mai sentito “Ciao beliverssss” non sapete di cosa stiamo parlando. Era entrata in stage in ScuolaZoo per fare tutt’altro: dopo un anno è il nostro volto, ha creato format, ci ha aiutato a evolvere la nostra visual, è stata strategia e produzione. E’ anche la persona che piange più di quanto voi possiate immaginare.
Francesca Zappa , marketer nel senso più eclettico del termine. Entrata per “dare una mano”, si è messa a fare parte del ped, collab, attivazioni. Ci ha portato dal creare un paio di playlist su Spotify a fare una due giorni di dj set in un’edicola in Darsena con centinaia di persone davanti a un led col nostro nome.
Ecco, se belive oggi si racconta, se belive oggi sa che può diventare grande, è grazie a loro. E grazie anche a Paolo e Mattia per avercelo permesso.
Buon compleanno belive, buon compleanno a noi.
Un anno, il primo di tanti.
#wearebelive