Nexus
Si è fatto un gran parlare dell'ultimo libro di Yuval Noah Harari - Nexus. Breve storia delle reti di informazione dall’età della pietra all’IA - e probabilmente è una cosa molto buona.
Stiamo vivendo uno dei periodi di frattura dell'evoluzione umana, uno di quelli che potrebbe spingere l'uomo in avanti come mai prima o farlo regredire, fino forse anche all’estinzione. Tuttavia pare che ancora non ce ne siamo resi davvero conto.
L’intelligenza artificiale è un tema che dovrebbe interessare tutti, ma non è così.
A differenza di qualsiasi invenzione precedente, l’AI ha il potere di prendere decisioni e creare nuove idee in autonomia. Un coltello o una bomba sono strumenti che richiedono una volontà umana per agire, invece un algoritmo può decidere da solo. Non è più una questione di "cosa" possiamo fare con la tecnologia, ma di "chi" prende davvero le decisioni.
Pensiamoci un attimo.
Harari ci ricorda che i grammofoni suonavano la nostra musica, ma non potevano comporre nuove sinfonie. I microscopi rivelavano i segreti delle cellule, ma non sintetizzavano farmaci. L’intelligenza artificiale, invece, già oggi è in grado di produrre arte e fare scoperte scientifiche. E siamo solo all’inizio.
Già ora un algoritmo decide se possiamo ottenere un mutuo, essere assunti per un lavoro o (pare in alcuni casi) persino finire in prigione. E nel futuro? L'AI potrebbe scrivere nuovi codici genetici o creare nuove forme di vita.
La domanda è: siamo pronti a fidarci di queste decisioni? Siamo in grado di gestire un mondo dominato da algoritmi che potrebbe considerarci irrilevanti?
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Nel bene e nel male Yuval ci mette davanti a interrogativi necessari indicandoci strade tortuose da affrontare, senza dimentare gli incredibili vantaggi offerti dalla tecnologia e le infinite opportunità che abbiamo rispetto al passato.
“La realtà è che quasi ogni aspetto della vita migliora progressivamente grazie al miglioramento esponenziale della tecnologia”
Ray Kurzweil - The Singularity Is Nearer
Ogni smartphone che possediamo contiene più dati di quanti ne custodisse la leggendaria biblioteca di Alessandria, permettendoci di connetterci istantaneamente con miliardi di persone in tutto il mondo.
Eppure, nonostante l’accesso a un flusso ininterrotto di informazioni, l’umanità è più vicina che mai all'autodistruzione.
Paradossalmente, mentre il nostro bagaglio di dati cresce, continuiamo a danneggiare il pianeta: emettiamo gas serra, inquiniamo fiumi e oceani, tagliamo foreste e distruggiamo habitat, mettendo a rischio l'ecosistema che sostiene la nostra stessa esistenza. Non solo: stiamo producendo armi di distruzione di massa sempre più potenti, dai missili nucleari ai virus letali.
Non è la mancanza di informazioni che ci sta portando al disastro, ma l’incapacità dell’uomo di agire con saggezza.
La vera sfida non è solo accumulare dati, ma trasformarli in azioni concrete e collaborative per garantire un futuro sostenibile. L'umanità ha già dimostrato di poter raggiungere traguardi straordinari quando si unisce. Ora, più che mai, è il momento di fare lo stesso per la nostra sopravvivenza.
Un bel libro che ci dice tanto, ma non tutto, perché le risposte ancora non ci sono.
Ceo Sporthink - International Sport Marketing Advisor -Con consulenze e docenze aiuto lo sport a comunicare.
5 mesinon del tutto, credo ci sia un picco oltre il quale la tecnologia non migliora la vita, anzi. La tecnologia deve essere uno strumento che potenzia le capacità dell'uomo senza metterlo da parte, faccio un esempio: l'apribottiglie ci aiuta a mettere meno sforzo nel fare un gesto; ma usare google maps rischia di togliere la capacità naturale di orientamento alle persone. C'è un limite a cui siamo molto vicini, che dobbiamo stare attenti a oltrepassare. A migliorare davvero la vita è la diffusione capillare della tecnologia all'umanità, vedi la ruota.