Non vi dovete permettere: la vittimizzazione secondaria | Lex&Love

Non vi dovete permettere: la vittimizzazione secondaria | Lex&Love

È con un misto di soddisfazione ed amarezza che mi accingo a commentare brevemente il contenuto della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 27 maggio 2021, resa nell’affaire J.L. vs Italie, con cui il nostro Paese ha ricevuto una sonora reprimenda a proposito di vittimizzazione secondaria.

O meglio, non tutto il ns Paese, e per esso la Magistratura in generale, ma quella sua parte molto ristretta (i tre componenti della Corte d’Appello di Firenze) che nel giugno 2015, ribaltando gli esiti del processo di primo grado, hanno assolto i sei componenti del branco accusati, qualche anno prima, di aver violentato in gruppo una donna. Meglio ancora, non per averli assolti, ma per il ragionamento fortemente censurabile che, secondo i giudici europei, è ricavabile dalla lettura della decisione, peraltro oggi passata ampiamente in giudicato stante che nessuno l’aveva più gravata.

Senza dover ripercorrere la vicenda (nota come la violenza della Fortezza da Basso, o anche come il caso del toro meccanico), né spendere argomenti degni di una rivista giuridica, quel che mi preme veicolare è il messaggio che ci perviene da Strasburgo: basta con gli stereotipi, basta col victim blaming, basta scandagliare abitudini di vita o inclinazioni sessuali delle vittime.

Quel che deve essere approfondito nelle aule di giustizia è il fatto – inteso proprio come sinonimo di “accaduto” – e le responsabilità dei soggetti che vi hanno preso parte, tutti, indagati e parte lesa, ma con dignità e rispetto identici per gli uni e per l’altra.

L’Italia non è nuova a rendersi tristemente famosa per sentenze in cui si leggono passaggi fortemente stigmatizzanti per la vittima: come dimenticare che razza di annus horribilis sia stato il 2019/2020, quando abbiamo letto che Tizio andava assolto perché era noto che trovasse “brutta” la donna che sosteneva di essere stata violentata da lui, piuttosto che Caio meritava mitigazioni di pena in quanto colto da una “tempesta emotiva” una volta che lei, la sua compagna, aveva annunciato di volerlo lasciare, e lui annoverava già molte delusioni d’amore?

È vero, bisognerebbe leggere le sentenze, e non commentarle in base agli articoli di cronaca. Ebbene, io le ho lette (e le ho anche commentate per varie riviste giuridiche), e posso garantire che sì, il pregiudizio vi impera.

Concludo con una riflessione trasversale: in questi giorni si parla molto di un giudice a cui un caso è stato tolto perché troppo garantista. Cominciamo a creare una coscienza diffusa e popolare che faccia capire anche alla Magistratura che non va esente da critiche, non solo etiche, ma anche disciplinari.

Perché uno Stato civile fa anche questo, e se non se ne occupano i politici, possiamo incaricarcene noi, che siano la potentissima, temibile opinione pubblica.  

(Di Alessia Sorgato)


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