Osimertinib e carcinoma polmonare non a piccole cellule

Osimertinib e carcinoma polmonare non a piccole cellule

Una delle più grandi sfide della medicina è il cancro. Lo sviluppo di terapie farmacologiche e strategie chirurgiche innovative ha reso possibile scenari impensabili fino a qualche decennio fa; per alcune forme di cancro oggi possiamo parlare di buone possibilità di guarigione, e in molti casi si è raggiunto un notevole aumento dell’aspettativa di vita.

Tuttavia il cancro resta una piaga: in Europa, nel 2018, si sono verificati 3,9 milioni di nuovi casi e 1,9 milioni di decessi. Il cancro polmonare rappresenta uno dei principali killer: nel 2018 in Europa ha causato la morte di quasi 500 mila persone.

Circa l'85% dei tumori polmonari sono rappresentati dal carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC). Questa forma viene generalmente diagnosticata quando ormai è in fase avanzata e ha già colpito altri tessuti sotto forma di metastasi. Per i pazienti con NSCLC avanzato, il gold standard della terapia per molto tempo sono stati i composti del platino nonostante non offrano un miglioramento della sopravvivenza globale particolarmente elevato. Oxaliplatino e carboplatino sono classici chemioterapici: la loro azione citotossica fa poca distinzione tra cellule sane con un elevato turnover (per esempio le cellule del sangue e le cellule dei tessuti epiteliali) e le cellule neoplastiche. La svolta è arrivata con la scoperta di pattern oncogeni, come le mutazioni del gene che codifica per il recettore del fattore di crescita epidermico (EGFR), permettendo lo sviluppo di farmaci che hanno segnato l'avvento dell'era della medicina di precisione per il NSCLC. La chemioterapia antitumorale classica presenta una tossicità tale che il nostro organismo può tollerare soltanto cicli circoscritti di somministrazione intervallati da lunghe pause. I farmaci a bersaglio molecolare costituiscono una terapia antitumorale che prende di mira proteine anomale presenti solo nel tumore, in buona misura risparmiando i tessuti sani. I pazienti possono assumere la terapia per bocca, tutti i giorni, a casa. Gli effetti collaterali possono essere ancora piuttosto pesanti, ma non paragonabili alla chemio classica, per la quale infatti non è possibile immaginare una terapia in cronico. Un’altra grande novità è la possibilità di personalizzare la terapia. Non esiste un tumore uguale a un altro. Per tornare al NSCLC, vi sono forme tumorali con mutazioni sul EGFR: sarà solo su di essi che interveniamo con molecole ad hoc. Erlotinib, gefitinib e afatinib sono i farmaci a bersaglio di prima e seconda generazione che, rispetto alla chemio con i composti del platino, hanno dimostrato un’efficacia superiore e minor tossicità per i NSCLC avanzato con EGFR mutato. Tuttavia, i tumori invariabilmente sviluppano una resistenza (un po’ come fanno i batteri con gli antibiotici) limitando così l'efficacia a lungo termine di questi agenti. Per questo è importante avere a disposizione un armamentario di molte molecole con meccanismi d’azione differenti.

Osimertinib fa parte della terza generazione di questa particolare classe di farmaci per il NSCLC. Proprio in questi giorni sono stati divulgati i dati dello studio randomizzato di Fase III ADAURA, presentati al meeting 2020 dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO). Quasi il 90% dei pazienti con NSCLC in stadio stadio precoce (IB, II e IIIA) che hanno ricevuto la terapia mirata osimertinib dopo l'intervento chirurgico erano vivi dopo 2 anni senza recidiva del cancro, rispetto al 44% di quei pazienti che hanno ricevuto placebo. Si tratta di risultati importanti, che potranno portare a modificare le attuali linee guida dell’approccio terapeutico degli stadi precoci della malattia.

La strada è ancora lunga, ma forse un giorno arriveremo a un mondo dove il cancro sarà una malattia come tante altre, curabile con una compressa e un bicchiere d’acqua.

E. Cappello

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