Pedofili, come difendere i bambini

Pedofili, come difendere i bambini

Pedofili, come difendere i bambini?

La pedofilia è argomento francamente repellente, anche per chi la vive e che infatti rifiuta di riconoscersi tale.

È anche un argomento di cui si sa poco.

Non si sa, per esempio, quante persone presentino questa parafilia. Le parafilie sono perversioni sessuali.

Dato che il tratto dominante è il rifiuto del riconoscimento di tale condizione, difficilmente un pedofilo stipula un contratto di psicoterapia o ammette di aver bisogno di aiuto; solo nei casi in cui la persona viene scoperta può essere accompagnata in un percorso di recupero, a volte costretta da condizioni giudiziarie.

Naturalmente tutto ciò rende difficile la conoscenza sia del fenomeno che dei soggetti che agiscono da pedofili.

Sappiamo tuttavia che talvolta durante l'adolescenza un giovane possa vivere un periodo di confusione riguardante il proprio orientamento sessuale.

In ambito psichiatrico si tende a valutare perciò per quanto tempo la persona presenta questa tendenza parafiliaca: a 16 anni e dopo sei mesi in cui la tendenza è stabile si inizia a valutare l'ipotesi che la parafilia possa diventare conclamata.

Lo psichiatra deve valutare anche l'angoscia che impedisce al ragazzo di avere normali attività, la depressione, e l'intensificarsi di entrambe qualora il ragazzo ceda i propri impulsi.

È necessario anche valutare verso chi il ragazzo prova attrazione: normalmente se la differenza d'età rientra nei 5 anni non si parla di pedofilia.

La pedofilia è contraddistinta da forti emozioni e pulsioni sessuali nei confronti di bambini e bambine, che diventano per i soggetti veri oggetti del desiderio, sui quali vengono costruiti scenari fantastici ed immaginazioni erotiche.

Non è chiaro se bambini e bambine siano equivalenti come oggetti del desiderio, ma si sa che le bambine sono più spesso oggetto di abusi e violenze.

Poiché si tratta di una tendenza che, se agita, provoca traumi e danni, rientra nelle patologie.

Non tutti i pedofili sono anche predatori, ma quelli che lo sono presentano spesso un disturbo antisociale e ricorrono alla coercizione, al ricatto ed alla forza fisica per obbligare la preda al coinvolgimento sessuale e per ottenere il suo silenzio.

Spesso i pedofili predatori sono stati oggetto di violenza sessuale da piccoli. Nonostante si possa pensare che avendo vissuto quella violenza dovrebbero essere più sensibili verso i bambini, in realtà il meccanismo che scatta è assai profondo e se da una parte c'è la vittima con il suo carico di dolore ed angoscia, dall'altra lo stupratore che è potente e forte. Identificarsi con l'aguzzino ed adottare i suoi comportamenti produce una diminuzione o addirittura l'azzeramento dell'angoscia.

Non tutti i pedofili diventano attivi. Sono riportate le testimonianze di pedofili che tentano in tutti i modi di avere una vita normale, sposandosi e creando una famiglia, ma con enormi difficoltà visto che i legami che creano risentono della mancanza di autenticità.

In mancanza di dati e statistiche, si ipotizza che il numero di pedofili possa aggirarsi attorno all'1% della popolazione.

Come si cura la pedofilia

La pedofilia viene trattata con psicoterapia a lungo termine e con terapia farmacologica intesa ad abbassare il testosterone e ridurre drasticamente il desiderio sessuale.

Intorno al 2001 si è svolto un interessante progetto europeo in diversi istituti penitenziari per verificare i modi migliori per evitare la reiterazione del reato.

Al progetto parteciparono detenuti pedofili su base volontaria che accettarono i trattamenti proposti.

I migliori risultati vennero raggiunti in Olanda. I detenuti aderenti accettarono la terapia farmacologica e la psicoterapia a lungo termine, ed in aggiunta venne inserito il controllo familiare e sociale. In altri termini, le famiglie ed il contesto sociale non emarginavano i soggetti, ma accettandoli ne controllavano i movimenti e l'operato.

Come difendere i bambini dai pedofili

Molti pedofili tendono a scegliere professioni o attività che si svolgono a contatto con i bambini.

È possibile quindi che i nostri bambini possano entrare in contatto con pedofili nell'ambito delle normali attività infantili.

Ovviamente il pedofilo non dichiara la sua propensione, è assolutamente normale ed è impossibile distinguerlo nei comportamenti da chi non lo è. Potrebbe tuttavia riservare attenzioni ed affettuosità nei confronti di una bambino o una bambina.

Il comportamento dei familiari non può essere né quello di impedire una normale socialità al bimbo, né quello di una generale diffidenza o sospetto verso chiunque, perché tale chiusura si rifletterebbe negativamente sul bambino e la sua capacità di socializzazione.

I comportamenti da adottare in realtà sono due.

  1. Non lasciare mai un bimbo da solo con nessuno, né conoscente, né amico e neppure parente: è necessario selezionare attentamente le occasioni di incontro del bambino con altri e creare incontri collettivi con più coetanei. Una grande risorsa possono essere le reti di mamme che a turno ospitano i compagni dei figli (le donne sono statisticamente sempre inferiori agli uomini per quanto riguarda ogni tipo di crimine: si può stare tranquilli). Attenzione anche ai nuovi compagni delle mamme single: la regola di non lasciare mai un figlio da solo vale anche in questo caso, soprattutto se il bimbo è una bimba. È uno dei casi più frequenti di aggressione sessuale.
  2. È necessario istruire il bimbo, tenendo presente che fino a 7 anni non è dotato di coscienza come noi adulti la concepiamo. A quell'età comincia a svilupparsi il nesso causa/effetto. La comunicazione deve quindi tenere presente il livello di comprensione del bimbo. Bisogna parlare con il bimbo senza spaventarlo e senza creargli paura, portando l'attenzione su gesti che un adulto potrebbe compiere: la carezza sul viso o sulla testa va bene, quella sul petto no, quella sul basso ventre deve far scattare subito l'allarme. Indicando i gesti giusti e quelli sbagliati bisogna spiegare al bimbo che se dovesse trovarsi in quella situazione sarebbe giusto allontanarsi e soprattutto raccontarlo ai genitori. Normalmente infatti un bimbo piccolo non sa distinguere tra comportamenti giusti e sbagliati degli adulti, tende ad accettare acriticamente i loro comportamenti, né li riferisce ai genitori. Parlando frequentemente con il bimbo, aiutandolo a dare un nome alle sue emozioni, a decifrare vari comportamenti e le emozioni che da questi derivano, oltre a dotarlo di una skill importante come l'intelligenza emotiva lo aiutiamo a inquadrare il comportamento degli adulti e ad accettarlo o rifiutarlo in conseguenza. Naturalmente questo tipo di dialogo dovrà essere un esercizio costante per insegnare al bimbo principi preziosi per tutta la vita.

Tutto ciò non è solo teoria, è anche esperienza. All'età di 7 anni sono stata oggetto delle attenzioni di un pedofilo che dichiarava di avere 17 anni, quindi conosco molto bene le reazioni infantile perché sono state le mie. A 10 anni sono stata oggetto di molestie da parte di un anziano, incomprensibili per me. A 13 anni sono scampata ad una aggressione che avrebbe portato allo stupro, se non avessi reagito mettendo in fuga il predatore, e comunque il trauma riportato è stato profondo. Diventando madre ho sentito profondamente il bisogno di proteggere i miei figli e metterli al sicuro da quel tipo di aggressioni e molestie. I comportamenti che ho descritto sono quelli che ho sperimentato e che sono stati efficaci.

Tutto ciò è stato analizzato e sviluppato nel mio libro "Manuale di sopravvivenza per genitori. Crescere figli protetti da bulli e pedofili", in vendita su Amazon.

Federica Oldani

IN FASE DI SPERIMENTAZIONE!!!

2 anni

Grazie Rossella Catalano per questo articolo. È un argomento doloroso, difficile da digerire, ma, ai fini della divulgazione è prezioso.

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