Per l’amore, per i libri, e per te
E' una nota pubblicata altrove il 23 aprile 2016. La trascrivo qui perché mi tocca sempre il cuore, e spiega, meglio di altre cose che ho potuto immaginare o scrivere, come intendo la relazione con i libri.
Oggi, San Giorgio, festa dei libri e delle rose, per raccogliere in un unico abbraccio ideale tutte le donne che mi hanno aiutato a decifrare un pezzetto di cammino, ripenso in particolare a una di loro: la mia seconda mamma, quella “adottiva”, quella che ho incontrato che ero già grande. Come ogni mamma “adottiva” una mamma a tutti gli effetti, forse anche di più. “Come se ti avessi partorito io”, lei diceva.
Di frequente, sceglievo e incartavo per lei dei libri, nella libreria dove allora lavoravo. Tutti, anche a casa, si stupivano della quantità e della qualità delle letture in cui si impegnava, del suo metodo determinato ed acuto, del ritmo che riusciva a mantenere nel mare di faccende che la gravavano.
Ha letto di tutto: Grazia Deledda e Vasco Pratolini, Carlo Cassola e Verga. Ma anche Nuto Revelli e Peppino Fiori, McEwan e Rosetta Loy, Silone e Stendhal. Non lasciò mai un libro non finito. Non disse mai che uno non le era davvero piaciuto. Soltanto, in certi casi, per ragioni che non ho mai scoperto, alcuni libri li sentiva “più suoi”, e allora voleva scrivere il proprio nome sotto la copertina. E’ successo con Catherine Dunne, tanto per fare un esempio. Mi piacerebbe avere presto il tempo, nei marosi che sto attraversando, di studiare questi volumi con attenzione, per scoprire cose della sua vita che non ha voluto raccontare a parole.
Ho impiegato molto tempo ad abituarmi a fare a meno del suo abbraccio, che per me c’era sempre, dopo la curva della scala, ogni volta che salivo. Mi manca quella luce nei suoi occhi mentre riceveva l’incarto e si liberava del nastro, mentre prendeva le prime misure a quella nuova storia con i suoi occhiali troppo larghi, accomodata su una sedia grande con le gambe allungate su una un po’ più piccola, immersa nel suo silenzio e nel suo sorriso discreto. Mi mancano le sue spiegazioni, concise ma efficaci, di quello che aveva trovato esemplare, in una vicenda o in un personaggio. Del rilievo che alcune cose avevano per lei, in particolare. E queste, per chi si interessa di libri, sono sempre le recensioni più riuscite: quando un lettore trova, in un testo, il suo testo.
Mi manca. Glielo dico sempre. Ma capisco anche che, dopo che lei è andata via, tutti noi siamo diventati, finalmente, davvero adulti. Abbiamo finito di ammazzare qualche ultimo drago (anche nelle pieghe di consolidate abitudini, a volte, si nasconde un drago che vuole togliere respiro e vita alle ragazze). E intuisco che adesso lei legge libri per noi inconcepibili, scritti con inchiostro d’oro, libri che per adesso non possiamo neanche immaginare. E so che il suo sorriso è rotondo e completo, perché - come dice un rigo di Dostoevskij inciso sulla sua tomba - Il Signore oramai le ha spiegato perché le cose sono così.