Prevedere il futuro
“L’esperienza è una lanterna che portiamo appesa alla schiena, e che illumina solo la strada che abbiamo già percorso”

Prevedere il futuro

L’Uomo non è capace di predire gli eventi futuri.

Sin dalla sua età d’oro, la fantascienza ha tentato in tutti i modi possibili di esplorare le recondite profondità del domani. Spesso si lasciava trascinare dall’impeto narrativo di un’idea fantasiosa, talvolta in modo più ponderato, magari prendendo spunto da elementi attuali e dimostrati. Nel racconto “La bestia che gridava amore al cuore del mondo”, che gli valse un premio Hugo, Harlan Ellison ci illustra il crocevia dei quando: si tratta di una creazione intellettuale di pregio, che rappresenta l’equivalente tetradimensionale di un quadrivio, ma nel quale le direzioni sono rappresentate da flussi temporali, ed i bivi illustrano le scelte della vita. Dalla relatività sappiamo che la freccia del tempo non è per noi invertibile (a meno di pseudo-singolarità quantistiche attualmente allo studio dei fisici e dei matematici) ed esiste una sorta di legge di conservazione della realtà che impedisce il verificarsi dei paradossi temporali come una sorta di censore cosmico. Secondo uno studio russo, gli unici modi di viaggiare nel tempo consistono nell’incontrare un buco nero in rapidissima rotazione ed elettricamente carico ed avvicinarsi in senso contrario alla rotazione, o nel riuscire a trovare un wormhole stabile; nel primo caso il viaggio spingerebbe gli avventurosi temponauti in una zona di tempo assolutamente sconosciuta, e sarebbe quindi praticamente inutile, mentre nel secondo, per mantenere stabile un wormhole occorrerebbe più energia di quella necessaria ad effettuare il viaggio per il quale il wormhole è stato aperto.Uno spreco in entrambi i casi.


Prospettive del passato anteriore

Dopo aver provocatoriamente liberato il terreno da ogni possibile critica sui metodi di conoscere fisicamente e soggettivamente il futuro, possiamo proseguire con la disamina preventiva. Esistono affermazioni aprioristiche di “profezia”, attribuite di volta in volta a misteri di fede, a Nostradamus, ai Maya, ad Enoch, alla cabala e così via. In tutti questi casi si può affermare senza quasi tema di smentita che si tratta di “esperimenti sbagliati” dal punto di vista del metodo scientifico: il Metodo, infatti, prevede di creare una ipotesi, valutarla con calcoli su diversi modelli, effettuare prove sperimentali e confermare o confutare l’ipotesi in base ai risultati ottenuti; nel caso delle profezie, invece, si cerca di assoggettare i risultati all’ipotesi, compiendo il cammino induttivo inverso. Ma chiunque conosca un minimo di logica matematica può dichiarare che lo strumento dell’induzione non funziona al rovescio o, peggio ancora, se usata al rovescio offre la negazione della risposta: “se A è vero allora B è vero” (induzione) implica che “se B è vero, nulla si può dire di A” a meno di avere una ipotesi del tipo “A=B=A”, cioè “A è vero se A è vero”, il che risulta piuttosto banale.

Da quanto appena affermato si può desumere che non possiamo conoscere il futuro in prima persona, né possiamo credere che altri lo abbiano conosciuto, dal momento che i dati e le informazioni pervenuteci non sono asettici, bensì contaminati dalla nostra conoscenza attuale.

Non è parimenti possibile cambiare il futuro, come testimoniano i bigliettini con i propositi per l’anno nuovo che ritroviamo puntualmente non confermati nella tasca della giacca durante i festeggiamenti per il successivo anno nuovo…


Prospettive del presente composto

Sperare di conoscere il futuro è dunque fatica sprecata. Purtuttavia, è ciò che ciascuno di noi tenta di fare quotidianamente nella scelta dell’abito (se indosso qualcosa di leggero pioverà sicuramente), nella programmazione dei propri appuntamenti (se inserisco un numero di appuntamenti minore di quelli che posso gestire, arriverò comunque in ritardo almeno all’ultimo) o nella valutazione biochimica del proprio organismo (un altro bicchiere di birra non mi farà nulla).

Possiamo anche dire che la nostra incapacità di prevedere il futuro è direttamente proporzionale alla (ovvero cresce con il crescere della) velocità di cambiamento dell’oggetto della nostra previsione, tanto da chiedersi se non sia talvolta lecito adottare il principio di indeterminazione di Heisenberg in casi come questi. L’informatica rappresenta forse il più evidente elemento dimostrativo di quanto affermato: nessuno infatti tra gli informatici ha saputo prevedere l’avvento ed il potere di Internet, come nessuno ha previsto la fine del secolo/millennio (se lo avessero fatto, non sarebbe esistito il problema del Millennium bug…).

Ma a loro discolpa possiamo affermare che tutto sommato ci siamo sbagliati un po’ su tutte le previsioni azzardate: sullo sviluppo delle auto, dei treni, degli aerei, della radio, del telefono e così via; una sagace lettura, non profetica per le ragioni addotte in precedenza, è costituita dal saggio di Christopher Cerf e Victor Navasky intitolato “The experts speak”. Alcuni esempi di quanto illustrato in tale amena lettura: il 17 ottobre 1929 Irwing Fisher, professore di economia all’Università di Yale, affermò che “le quotazioni raggiunte dai titoli sarebbero durate nel tempo”; nel 1962 un dirigente della casa discografica Decca disse dei Beatles: “Non ci piace il loro sound. Le bande di chitarre usciranno presto dal mercato”; nel 1995 il Wall Street Journal scriveva “Bill Clinton perderà con qualunque repubblicano sappia spiccicare appena qualche parola sul palco”.

Se tuttavia un’affermazione come “La radio non ha futuro”, attribuita a Lord Kelvin nel 1897, ci spinge ad un commento ironico, leggere la dichiarazione “Non c’è motivo per cui un individuo debba avere un computer in casa sua”, pronunciata nel 1977 da Ken Olsen, allora direttore della Digital Electronics Corporation ci colpisce nell’orgoglio, in quanto tratta espressamente di un argomento che sentiamo più “nostro”. Né assume minore rilevanza l’affermazione di Bill Gates, il quale per dimostrare che Olsen aveva torto dichiarò che nessun computer avrebbe avuto bisogno di più di 640 K di memoria. Sfido chiunque a far partire Excel con venti volte quei kilobyte.


Preveggenza cieca

Ma c’è dell’altro. Tutti avevano previsto l’esplosione della bolla della New Economy, ma nessuno si era preparato all’evento, convinto com’era di essere in una posizione di privilegio rispetto agli altri. Allo stesso modo tutti ritengono ineluttabile che il coniugare la localizzazione e la navigazione satellitare con lo spazio informativo condiviso provocheranno una nuova esplosiva crescita delle applicazioni di Internet, ma nessuno è a tutt’oggi in grado di definire in che modo ciò avverrà.

In realtà il futuro rappresenta l’attualizzazione del desiderio fantastico: la prima serie di Star Trek ci mostra oggetti oramai a noi familiari, come il comunicatore (oggi chiamato impropriamente telefonino cellulare o, propriamente, radiomobile da conversazione), il tricorder (scanner per tomografia a positroni), le schede di memorizzazione (floppy disk), il computer che parla e risponde alle domande ed il teletrasporto (esperimento di trasferimento di particelle basandosi sugli effetti della particella virtuale prevista da Feynman).

Appare quantomeno curioso che mentre scienziati ed esperti analisti del campo sbaglino clamorosamente le proprie previsioni a breve raggio, gli “oggetti del desiderio” creati dalla fantascienza appaiano puntualmente sulla scena scientifica poche decine d’anni dopo la loro presentazione sugli schermi cinematografici. Ci sarebbe forse da interrogarsi sulle ragioni di tale fenomeno: siamo diventati così pigri e sommersi di dati da dare maggior risalto ai nostri desideri nascosti piuttosto che tentare di realizzare un cammino irto di variabili indeterminate?

Difficile rispondere ad un simile quesito. Forse è meglio restare alla finestra per osservare la tanto temuta esplosione di Internet per sovraccarico di indirizzi (quasi quanto il vaticinato esaurimento delle riserve petrolifere del pianeta), adeguandoci alle novità presentate di volta in volta, senza renderci conto che, in quanto utenti del presente, stiamo già modificando il nostro futuro.

Poscritto

Ho pubblicato quest'articolo sulla rivista di informatica "Login" il 15 Maggio 2005; tranne pochi concetti, il materiale rimane attuale dopo tredici anni (che in IT rappresentano un'era geologica).

Persino la matematica e la fisica del motore a curvatura, basato sugli studi matematici di Michael Alcubierre e Harold White, sono state confermate e descritte pochi anni dopo.

Il "sovraccarico di indirizzi Internet", così come la penuria di petrolio annunciata nel 1974, si sono dimostrati meno pervasivi del previsto, e lo standard IP v.6 è ancora ai blocchi di partenza. Nuove buzzwords (blockchain, machine learning, IoT) si affiancano alle vecchie (intelligenza artificiale, calcolo distribuito, mainframe) mantenendo il panorama IT fluido e responsivo, incapace di reagire correttamente ad una qualsiasi previsione.

"Il Domani striscia a piccoli passi, da un giorno all’altro, sino all’ultima sillaba del tempo concesso, e tutti i nostri ieri hanno illuminato a degli stolti la via che conduce alla morte polverosa.

Spegniti,spegniti,breve candela!"

William Shakespeare, Macbeth

Dott.Ing Michelangelo C.

firmware,MCU,DSP,SoCs real time systems/algo expert, Signumerics,Owner

6 anni

".. sommersi di dati da dare maggior risalto ai nostri desideri nascosti piuttosto che tentare di realizzare un cammino irto di variabili indeterminate?" sommersi di rumore... Rimasticare metodi statistici creando la "nuova" disciplina del big-data, per cercare di avere intuizioni su andamenti che necessitano invece di preparazione ed acume basato sullo studio storico per poter scremare quali siano i moventi macro, dettati da economia e risorse naturali e demografia.

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