Quando il Leader Abbandona le Proprie Regole: Le Lezioni di Napoleone per i Brand.

Quando il Leader Abbandona le Proprie Regole: Le Lezioni di Napoleone per i Brand.

Titolo un pò clickbaiting senza senso, ne sono consapevole… ma ti assicuro che il senso c’è eccome, leggi fino in fondo.


Domanda: Chi ha sconfitto e distrutto Napoleone?


No, non è stato Wellington. E’ stato Napoleone.


In tutte le simulazioni di guerra, sia quelle fatte nei war-game da tavolo dagli appassionati di battaglie storiche, sia quelle elaborate nei grandi server delle accademie di strategia militare, dati i reali presupposti storici, meteorologici e tattico-balistici… la Francia di Napoleone vince SEMPRE.


Non perde mai una volta.


Per quanto il grande esercito francese delle vittorie della campagna d’Italia, Austerlitz, Jena, etc, fosse stato ormai fottuto e disperso dalla sciagurata spedizione in Russia e ancora più demoralizzato e privato dei marescialli migliori morti sconfitti a Lipsia e Borodino, la nuova Grande Armèè messa insieme alla bell’e meglio da Napoleone per difendere la Francia dalle potenze alleate sarebbe stata facilmente in grado di affrontare e vincere senza problemi l’esercito molto più numeroso e meglio armato della coalizione Anglo-Prussiana… se  solo avesse ripetuto le stesse strategie vincenti delle grandi vittorie invece di allontanarsene.


Probabilmente avrebbe poi dovuto affrontare l’esercito Russo che stava tornando in rinforzo a Wellington, ma davvero ne l’Inghilterra né nessuna altra coalizione nemica della Francia aveva messo a punto una quantità di strategie militari tale da minacciare l’esistenza del più grande impero dai tempi dei Cesari dell’antica Roma, più grande persino di quella di CarloMagno…


Soltanto lui, Napoleone poteva farlo. E infatti…


Ogni singola volta che Napoleone perse una battaglia fu perché si allontanò dalle ingegnose manovre che sistematicamente in ogni battaglia precedente gli avevano permesso di sfondare e distruggere le forze nemiche: Il battaglione quadrato, la strategia della posizione centrale, l’ordine misto, la manovra da dietro e il sistema dei corpi d’armata, per dirne alcune che ancora vengono insegnate nelle accademie militari.


Nella battaglia di Waterloo, in particolare, avrebbe potuto attaccare l’esercito britannico di prima mattina, trovandolo debole e impreparato, in attesa dei rinforzi prussiani di ritorno dopo la sconfitta del giorno precedente.


Napoleone era veloce, era la caratteristica principale dei suoi assalti.

Potrò essere accusato di ogni  cosa dalla storia, ma certo non di indolenza

è una delle sue massime più famose…  eppure sui campi di Waterloo Napoleone temporeggiò in consigli di guerra, chiacchiere coi marescialli e lettere alla moglie a casa  dando via all’assalto solo nel primo pomeriggio venendo travolto di sorpresa dalla carica della cavalleria prussiana, che non si aspettava, ormai arrivata in rinforzo degli Inglesi.


Fanteria, cavalleria e artiglieria non sono nulla una senza l’altra

sosteneva, eppure l’attacco della fanteria del famoso corpo d’armata francese non ricevette nessuna protezione ne dalla cavalleria, ne dalla artiglieria, benché i suoi marescialli lo avessero pregato quasi in ginocchio di farlo in fretta.


Ma non voglio rubare il posto a Barbero, che ha scritto un libro bellissimo sulla battaglia di Waterloo, ma solo sottolineare come  storia di Napoleone e il destino di un brand leader condividono una lezione fondamentale: la vera minaccia risiede spesso all'interno.


Un brand leader può solo autodistruggersi.


NON ACCADE MAI che un brand leader forte che non smette di rispettare le regole che l'hanno portato al successo e resta fedele al suo posizionamento venga sostituito da un brand ancora più forte.


L’esempio più eclatante, citato in numerosi casi di studio  da tutti i guru del branding è quello di Coca Cola che con tutta la sua potenza di fuoco ha dovuto far alzare bandiera bianca quando ha tentato di scalzare la giovane Red Bull dalla leadership del settore Energy Drink.


Il momento in cui l'autodistruzione di un brand leader inizia è quando diventa infedele al posizionamento che lo ha reso leader, e la nuova agenzia pubblicitaria si annoia di seguirlo, o il management si sente abbastanza sicuro da iniziare a sperimentare nuove idee, target o messaggi invece di replicare le azioni che hanno funzionato in passato.


Se il mercato cambia o cambia la società quel brand può sparire. Se domani smettiamo di camminare e iniziamo a spostarci volando sugli zaini-jet probabilmente Nike muore. Così come muore Coca-Cola se un governo iper salutista mette al bando tutte le bevande gassate.


E anche qui il paragone storico con Churchill scalzato dalla guida del paese non appena è mancata la necessità di una figura forte che incitasse e tenesse unita la nazione in un momento di guerra e disperazione è lampante.


Ma non esiste nella storia dei brand un solo esempio di brand leader forte, correttamente posizionato in un mercato florido, fedele al suo messaggio e alle sue azioni strategiche passate di successo che sia stato travolto, sostituito e superato da un brand più forte.


Le campane a morto sono sempre suonate dopo ripetuti errori del tipo sopra elencato messi in atto dal brand stesso… che in quanto brand leader ha un bonus maggiore di possibili errori rispetto a un brand nato da poco (come diceva Ogilvy “Se a un grande chirurgo muore un paziente non ci fa caso nessuno, se muore a un chirurgo alle prime operazioni la sua carriera è finita”) ma alla fine se non torna sulla giusta rotta cade.

Ho una notizia buona e una cattiva. Quale vuoi sentire per prima?

La Cattiva Notizia quindi è che nessun brand è Too Big To Fail.

La Buona Notizia… in realtà sono due:

  1. Se sei brand leader e seguiti a seguire il posizionamento e le azioni di marketing che ti hanno dato il successo non devi aver paura di nessuno. E questo vale se sei leader mondiale di un settore o solo leader del mercato delle macellerie del tuo paese.
  2. Se non sei Brand Leader del tuo mercato e desideri diventarlo (invece di accontentarti di un onorevole secondo posto su un target/posizionamento/etc diverso) puoi sempre tenere le antenne dritte e approfittare dei ripetuti errori del leader per attaccarlo e scalzarlo, perchè appunto nessuno è troppo grande per fallire (potrei raccontare una decina di esperienze personali su come siamo riusciti a farlo con alcuni miei clienti… ma questo è un altro  lunghissimo noiosissimo post).

Al Ries sostiene che per diventare ottimi pubblicitari vada studiata la storia più che il marketing. Ha ragione. Ma La Storia con la S maiuscola, quella vera. Non solo la storia dei brand.

Ruggero Torboli

Copywriter | Marketer | Creativo. + 25 anni di esperienza —> Scrivo parole che ti fanno vendere, creo eventi che si fanno notare, curo la tua comunicazione per renderti unico...

1 anno

Articolo interessante. Secondo il Sommo Barbero la storia non è solo quella delle Grandi Battaglie: Lepanto, Canne, Teutoburgo, Idistaviso, Adrianopoli, Waterlo, Isonzo o Iwo Jima, ma la somma delle azioni di tutti gli uomini e non solo di quelli che vengono raccontati con titoli, date e imprese (perchè di solito avevano qualcuno che agiograficametne ne scriveva le gesta). Secondo Marc Bloch era importantissimo introdurre il concetto di analisi antropologica della storia, da contrapporre alla sterile memoria di fatti d'arme e avvenimenti politici, il famoso "problema delle conserve di marmellata" e dello zucchero a buon mercato, senza il quale la marmellata non si fa... Per non uscire dal seminato (poi se parlo di storia non finisco più), se la storia delle Grandi Battaglie sta ai grandi Brand e Leader di Mercato, la Storia con la S maiuscola sta a...? P.S. Aspetto l'articolo "noiosissimo" sulle tue esperienze personali che raccontano di errori clamorosi e fallimenti...

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