Ripartiamo
"Ripartiamo" è l’espressione più diffusa in questa Fase 2, che riassume la voglia di tornare il più velocemente possibile alla vita di prima e sostituisce il “Tutto andrà bene» della Fase 1. Se dircelo ci aiuta psicologicamente, non dimentichiamoci che i mesi che abbiamo davanti saranno molto impegnativi. Gli economisti dicono che la caratteristica di questa crisi è quella di essere simmetrica: colpendo contemporaneamente domanda e offerta e il lockdown ha causato una discesa del PIL senza precedenti. Il rimbalzo previsto nei prossimi mesi riassorbirà parte di questo crollo, ma anche se così fosse recuperare le perdite e ricostituire la fiducia necessaria sarà un percorso impegnativo.
Dal lato dell'offerta, il Covid sta riorganizzando le filiere produttive e solo chi sarà capace di innovare il proprio processo produttivo, renderlo interconnesso tra le varie sedi e addirittura controllabile dalle proprie case (cosa già teorizzata nella Industry 4.0 revolution), avrà una netta supremazia sulla concorrenza. Così come la proposta sul mercato dovrà avvenire in maniera sempre più “virtuale”, ci stiamo infatti abituando già nel quotidiano a minori incontri personali legati al nostro business (e semmai a riscoprirne l’importanza rispetto agli affetti familiari) e abbiamo capito che si può, comprare, vendere e negoziare da remoto e anzi che questo può avere anche dei vantaggi: perché ci permette di risparmiare tempo, di farlo con un intero team (prima non potevamo mica muoverci in dieci per visitare il nostro cliente) e di essere anche più efficienti, riducendo i tempi di spostamento e le soste inutili.
Dal lato della domanda, avendo rallentato per un po’, in un clima meno frenetico, ci siamo abituati (o forse abbiamo reimparato) a soppesare di più le nostre decisioni, a valutare se una cosa ci serve davvero oppure no, e soprattutto se ciò che vorremmo acquistare darà del valore aggiunto alla nostra attività, sia a livello di prodotto che a livello di servizio. Per cui la domanda si farà sempre più esigente e selettiva e solo chi comprenderà questo cambiamento, riuscirà a sopravvivere in un mercato sempre più competitivo.
Tutto ciò mentre la digitalizzazione e lo smart working cambieranno in profondità il nostro modo di lavorare. Sia per le competenze richieste, che per le forme contrattuali e le tutele collettive. Per realizzare questo aggiustamento e arrivare a una nuova situazione di stabilità ci vorrà tempo. E’ quindi inimmaginabile pensare di lasciare tale processo solo nelle mani del mercato, perché ciò provocherebbe un enorme costo umano, ma dovrà essere gestito e governato anche da chi ha compiti di responsabilità all’interno delle nostre aziende.
La crisi infine ci dice che, al di là della domanda e dell'offerta, c’è almeno un altro aspetto che sarebbe delittuoso non considerare ed è la fragilità dei sistemi su cui si basa la nostra società attuale. Se è vero che la complessità del mondo che abbiamo costruito ci permette di avere livelli di benessere mai visti; è altrettanto vero che essa ci espone a choc sistemici di varia natura ed entità. Negli ultimi vent'anni se ne sono registrati almeno tre: l'11 settembre, collegato alle tensioni culturali e religiose; la crisi finanziaria del 2008, che ha messo a nudo l'inadeguatezza dei sistemi finanziari globali; e ora il Covid 19 che si è diffuso in ogni angolo del pianeta nel giro di poche settimane. L’instabilità e la vulnerabilità dei sistemi sui quali si regge la nostra vita quotidiana è un dato di fatto che non si può più ignorare. Sappiamo che altri choc ci colpiranno negli anni futuri. Ciò significa che dobbiamo prepararci per tempo, con gli investimenti e le riorganizzazioni necessarie, sia nella vita sociale (dalla sanità al debito pubblico), che nelle nostre aziende: dove il tornare ad essere anche locali, oltre che globali; dove l’essere di nuovo filiera in un pool di aziende, invece che sempre e solo uno contro l’altro (specie nella nostra variopinta società italiana); dove far prevalere il successo della collettività rispetto al successo personale, saranno le chiavi di volta per farci trovare pronti alle nuove sfide che ci attendono.
In conclusione dalle grandi crisi storiche possono derivare esiti opposti: disastri ancora più grandi (come nel caso della Prima guerra mondiale) oppure accelerazioni positive (come fu dopo la fine della Seconda guerra mondiale), starà ora a noi ridisegnare lo scenario futuro che ci attenderà e ridare alle prossime generazioni speranze concrete e prospettive certe. Ora tocca a noi in prima persona, non avremo più alibi e non potremo più nasconderci dietro ad un evento maledetto e imprevisto, perché la storia e l’esperienza ci dicono che d’ora in poi dovremo farci trovare pronti!
Roberto Renzini