Rivoluzione Facebook?
Se accediamo alla homepage del social network da non loggati vediamo la scritta pubblicitaria utilizzata da Facebook per convincere gli utenti a iscriversi alla piattaforma.
Fino a qualche settimana le parole scelte erano “È gratis, e lo sarà per sempre“. Adesso, invece, l’iscrizione a Facebook “È veloce e semplice“.
Il cambio di slogan è presente sia nella home page statunitense che in quelle degli altri Paesi dove Facebook è attivo, Italia inclusa.
Quindi adesso il social di Mark Zuckerberg non è più gratis? Perché Facebook ha deciso dopo tanti anni di cambiare? Ci saranno rivoluzioni?
Cosa è cambiato?
In realtà non è cambiato nulla, come in realtà Facebook non è mai stato realmente gratis.
Il vecchio detto “Se non lo stai pagando, il prodotto sei tu” è sempre stato perfetto, come ormai sappiamo benissimo, fattura miliardi di euro vendendo a terzi spazi pubblicitari basati sulle informazioni raccolte sui nostri gusti, preferenze, amici. Facebook, quindi, non inizierà a chiederci dei soldi per mantenere online il nostro profilo perché, in fin dei conti, gli conviene molto di più che i suoi 2,4 miliardi di utenti non paghino nulla.
Se Facebook è gratis, ma guadagna dalla raccolta dei nostri dati, dovrebbe dirlo chiaramente in home page prima di farci iscrivere. E’ quello che pensano in molti ed è più o meno quello che chiede ufficialmente in Italia l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). La rimozione della frase “E’ gratis e lo sarà per sempre“, quindi, potrebbe anche essere una mossa per evitare ulteriori problemi.
Sarà quindi improbabile che Facebook modifichi le sue politiche commerciali o il suo modello di business e inizi a farci pagare per collegarci al nostro profilo.
Quello che potrebbe invece cambiare, in un futuro non molto lontano, sono Facebook Watch e la futura tab News. Per i video Facebook potrebbe scegliere di farci pagare un abbonamento, simile a quello richiesto dai vari Netflix & Co, mentre per le notizie è in corso una trattativa con gli editori che potrebbe portare Facebook a chiederci una sottoscrizione, per poi girarne una parte ai giornali che leggiamo tramite il social.