MINDSET CHANGE : nuovi tool scientifici per le HR

MINDSET CHANGE : nuovi tool scientifici per le HR

Il cambiamento organizzativo è diventato, anche a causa dei recenti sviluppi emergenziali, un imperativo per molti, se non per tutti. Gli strumenti e le risorse digitali e le crescenti disponibilità tecnologiche ed infrastrutturali, ispirano, accelerano e supportano un processo di trasformazione che non può che essere, innanzitutto, culturale. Spessissimo le persone però, sia individualmente che collettivamente, offrono resistenza e soffrono di inadeguatezza, rallentando o sabotando il processo, involontariamente. In questi casi la formazione è strategicamente determinante nell'aggiornamento delle diverse competenze, ma risulta essere inefficace senza l'adeguato Atteggiamento, cioè la tendenza psicologica che viene espressa valutando una particolare entità con un determinato grado di favore o sfavore. E' quindi diventata cruciale, partendo dalla delega direzionale e nella diffusione delle leadership, la valutazione degli atteggiamenti, che non può più essere affidata solo alla soggettività di test ed interpretazioni personali e che quindi necessita di metodologie e tecniche scientifiche di supporto quali la IAT (Implicit Association Test, Greeenwald et al. , 1998).

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Il Cambiamento che deve cambiare

È ormai assodato che in molti settori, e quindi aziende, l'imperativo del cambiamento ha reso e rende necessaria la trasformazione, se non la radicale conversione, di alcuni se non di tutti i processi caratteristici. La tecnologia è un importante fattore abilitante del cambiamento, che essenzialmente è però culturale e deve quindi riguardare tutte le persone coinvolte nei diversi processi, siano questi ultimi definiti strategici, gestionali oppure operativi.

La perdita di competitività che consegue l'approccio conservativo del "tanto poi tutto tornerà come prima" è ormai diventata letale anche perché, ammesso che non renda obsoleti gli strumenti gestionali ed operativi nel breve termine, compromette definitivamente la capacità di attrarre competenze evolute e favorire lo sviluppo organizzativo. Se le competenze non si evolvono, l'azienda perde repentinamente competitività ed attrattività, e la redditività ne risente erodendo il capitale.

In termini pragmatici, il Cambiamento fino a qualche mese fa poteva essere interpretato e praticato anche solo individuando modelli e strumenti di riconosciuta efficacia e adattandoli alla specifica realtà aziendale. Poteva essere sufficiente adottare le Best Practice, magari anche solo negli ambiti operativi del produrre e del vendere, per mantenere il vantaggio competitivo necessario alla sopravvivenza. L'Agente del cambiamento principale era quindi l'Imprenditore o il CEO, che periodicamente allocava delle risorse e delegava la Direzione Generale alla selezione del nuovo gestionale di turno o del nuovo direttore di funzione esperto del settore.

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La sfida della Cultura Organizzativa 

La storia più recente dimostra invece che suddette pratiche, per quanto possano essere ancora utili e necessarie, non si traducono in Cambiamento e soprattutto non sono più sufficienti al mantenimento della competitività.

Il percorso di cambiamento non può quindi essere praticato se innanzitutto non si comunicano e condividono tra tutte le persone coinvolte, a tutti i livelli, alcune categorie e definizioni:

- la Cultura Organizzativa, intesa come “l'insieme coerente di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla sua integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e quindi degni di essere insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali problemi. (Schein, 1985)”;

- l'Atteggiamento, come una tendenza psicologica che viene espressa valutando una particolare entità con un determinato grado di favore o sfavore;

- l'Attitudine, come disposizione innata o acquisita (fisica, psicofisica, o psichica) che indica un'inclinazione o predisposizione o capacità potenziale di svolgere una determinata attività e che si realizza come tale solo se trova condizioni esterne e interne che ne permettano l'estrinsecarsi.


Come dimostrano numerose recenti ricerche, l’ambito organizzativo rilevante è quello della Cultura, che deve, pur mantenendo le sue caratteristiche distintive, adattarsi organicamente ed evolversi alle mutate condizioni socio-economiche, tecnologiche e di Mercato. Per molti Imprenditori e CEO, che prima della pandemia non hanno potuto o voluto accettare la sfida del Cambiamento, il percorso evolutivo è però incerto e minato. 

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🧠Gli Atteggiamenti come leva prioritaria

Il Cambiamento è perciò effettivo se la cultura si evolve, e ciò avviene solo se le attitudini individuali si coordinano e sviluppano sulla base di Atteggiamenti favorevoli e coerenti con la dinamica evolutiva della cultura organizzativa: è un circolo virtuoso. In questo continuo divenire, gli Atteggiamenti sono però i fattori più critici in quanto, a differenza delle attitudini, dimostrano una minore flessibilità ed adattività. 

Le attitudini, infatti, si posso "facilmente" - e qui si tange un tema ... - valutare perché si traducono in prestazione e quindi in risultati; gli atteggiamenti invece sono più difficilmente identificabili, valutabili, e soprattutto influenzabili. Essi, infatti spesso si esprimono in mere dichiarazioni di consenso o assenso, alimentate da una sorta di conformismo gregario. Della serie "celebriamo quotidianamente la mission anche se è la stessa dal 1989".

La valutazione degli atteggiamenti è quindi diventata cruciale, soprattutto nella delega direzionale e nella gestione delle Leadership, intesa quest’ultima come comportamento organizzativo diffuso. 

Il riconoscimento e quindi, oso scrivere, l'introiezione dei diversi valori aziendali, come ad esempio innovazione, sostenibilità, affidabilità, e anche del senso di appartenenza, importante precondizione del reale coinvolgimento, possono essere oggettivamente rilevati e misurati applicando alcune tecniche neuroscientifiche e test di psicologia. Tra di essi, anche per l'immediatezza e la semplicità applicative, assume rilievo lo IAT (Implicit Association Test, Greeenwald et al., 1998).

Di seguito un breve demo (1 min ), sulla percezione di rischio e sicurezza.


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🧠Implicit Association Test

Lo IAT nasce nell’ambito della psicologia sociale per studiare stereotipi e pregiudizi ed è strutturato in modo da misurare anche la parte degli atteggiamenti di cui le persone non si rendono conto. La sua versatilità d’uso lo rende adatto a numerosi ambiti ( Zogmaister e Castelli, 2006), come il Marketing (Maison, Greenwald , & Bruin , 2001), e il Business ( Banaji , Bazerman , & Chugh , 2003).

Nella pratica, attraverso specifici compiti svolti al PC e quindi anche da remoto e in anonimato, vengono misurati gli atteggiamenti, le preferenze e le associazioni implicite, senza porre domande dirette e quindi senza mettere la persona nelle condizioni di rispondere, seppur con sincerità, sulla base di stereotipi o pregiudizi. 

Insieme ad altre tecniche neuro scientifiche e anche ad altri strumenti più tradizionali, quali test e questionari strutturati ad esempio, lo IAT può quindi essere applicato ai diversi livelli di cultura aziendale, che vanno dal più visibile e materiale al più nascosto e non dichiarato.

Il primo è quello degli Artefatti, di osservazione più immediata, concernente ciò che si vede e si ascolta non appena si entra in azienda. L’architettura, l’arredamento, il clima, le interazioni fra le persone consentono di individuare le diversità culturali nell’impresa.

Il secondo è il livello dei Valori dichiarati. Conoscendo solo gli artefatti, non si è in grado di capire le motivazioni di un determinato comportamento. Bisogna perciò indagare sul modo secondo cui le persone interpretano quanto accade, o quanto dovrebbe accadere, all’interno e all’esterno dell’impresa.

Il terzo è il livello degli Assunti taciti e condivisi. Per comprenderli, si devono indagare i valori diffusi dal fondatore all’inizio della storia dell’impresa e che ne hanno decretato il successo. La cultura di un’azienda è permeata dalle ipotesi fondamentali di coloro che vi lavorano o vi hanno lavorato, in particolare con riguardo ai loro rapporti con la natura, alla condizione umana in genere, alle relazioni tra persone, ai concetti di realtà, verità, tempo e spazio.

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Attraverso le specifiche declinazioni pratiche dello IAT è quindi possibile indagare quanto una persona si riconosca in determinati valori, funzionali al suo ruolo nell’azienda, o quanto l’azienda stessa trasmetta verso i propri dipendenti un’immagine coerente con quella che vuole comunicare all’interno. Rilevando eventuali discrepanze si può agire su aree carenti, attraverso la formazione o una comunicazione interna mirata. 

In un momento storico in cui evolversi è indispensabile, anche in applicazione di metodologie agili, basate su team multidisciplinari e destrutturati, può essere poi necessario che alcune persone assumano mansioni o ruoli differenti. 

Comprendere l’atteggiamento verso il cambiamento delle persone è diventato fondamentale, ed il fine è quello di individuare le persone più adatte ad uno specifico ruolo e meno resistenti al Cambiamento ed allo sviluppo delle competenze, siano esse tecniche, manageriali o relazionali.


Credits: Paolo Gubitta, Enciclopedia Treccani, Giulia Songa.

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